Gaza: la nuova ordinanza della Corte dell’Aia che intima lo stop ai bombardamenti nel campo profughi di Rafah

Pubblichiamo la sintesi dell’ordinanza della Corte dell’Aia sulla situazione a Gaza. La corte ha intimato lo stop ai bombardamenti nel campo profughi di Rafa.

Ecco cosa scrivono

 Applicazione della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio nella Striscia di Gaza (Sudafrica c. Israele)

Richiesta di modifica dell’ordinanza del 28 marzo 2024

Si ricorda che, il 29 dicembre 2023, il Sudafrica ha depositato nella cancelleria della Corte un ricorso instaurante un procedimento contro Israele riguardante presunte violazioni nella Striscia di Gaza degli obblighi derivanti dalla Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (di seguito la “Convenzione sul genocidio” o la “Convenzione”). Il ricorso conteneva una richiesta di indicazione di provvedimenti provvisori presentata con riferimento all’articolo 41 dello Statuto e agli articoli 73, 74 e 75 del Regolamento. Con Ordinanza del 26 gennaio 2024, la Corte ha indicato misure provvisorie (vedi comunicato stampa n. 2024/6). Con una lettera datata 12 febbraio 2024, il Sudafrica, riferendosi allo “sviluppo delle circostanze a Rafah”, ha invitato urgentemente la Corte a esercitare il suo potere ai sensi dell’articolo 75, paragrafo 1, del Regolamento della Corte. Con lettere del 16 febbraio 2024, il Cancelliere ha informato le parti della decisione assunta dalla Corte in risposta alla comunicazione del Sudafrica (vedi comunicato stampa n. 2024/16). In data 6 marzo 2024 il Sudafrica ha chiesto alla Corte “di indicare ulteriori misure provvisorie e/o di modificare le proprie misure provvisorie indicate il 26 gennaio 2024”, con riferimento all’articolo 41 dello Statuto della Corte, nonché agli articoli 75, commi 1 e 3, e 76 del Regolamento della Corte (vedi comunicato stampa n. 2024/21). Con Ordinanza del 28 marzo 2024, la Corte ha ribadito le misure provvisorie indicate nell’Ordinanza del 26 gennaio 2024 e ha indicato ulteriori misure provvisorie (v. comunicato stampa n. 2024/26).
Il 10 maggio 2024 il Sud Africa ha presentato alla Corte una “Richiesta urgente di modifica e indicazione di misure provvisorie” ai sensi dell’articolo 41 dello Statuto e degli articoli 75 e 76 del Regolamento della Corte. Al termine delle sue osservazioni orali su tale richiesta, il Sudafrica ha chiesto alla Corte di indicare le seguenti misure provvisorie:
“Il Sudafrica richiede rispettosamente alla Corte di ordinare allo Stato di Israele, in quanto Stato parte della Convenzione sul genocidio e come parte in questo procedimento, di:
(1) immediatamente, e in seguito ai suoi obblighi ai sensi delle precedenti ordinanze della Corte del 26 gennaio 2024 e del 28 marzo 2024, cessare le sue operazioni militari nella Striscia di Gaza, compreso nel Governatorato di Rafah, e ritirarsi dal valico di Rafah e immediatamente, totalmente e ritirare incondizionatamente l’esercito israeliano dall’intera Striscia di Gaza;
(2) immediatamente, e in seguito agli obblighi derivanti dalla misura provvisoria 4 dell’ordinanza della Corte del 26 gennaio 2024 e dalle misure provvisorie 2 (a) e 2 (b) dell’ordinanza della Corte del 28 marzo 2024, adottare tutte le misure efficaci per garantire e facilitare il accesso senza ostacoli a Gaza da parte delle Nazioni Unite e di altri funzionari impegnati nella fornitura di aiuti umanitari e assistenza alla popolazione di Gaza, nonché missioni conoscitive, organismi e/o funzionari con mandato internazionale, investigatori e giornalisti, al fine di valutare e registrare le condizioni sul campo a Gaza e consentire l’efficace conservazione e conservazione delle prove; e garantire che le sue forze armate non agiscano per impedire tale accesso, fornitura, conservazione o mantenimento;
(3) presentare alla Corte una relazione aperta: a) su tutte le misure adottate per dare effetto a tali misure provvisorie entro una settimana dalla data della presente ordinanza; e (b) su tutti i provvedimenti adottati per dare esecuzione a tutti i precedenti provvedimenti provvisori indicati dalla Corte entro un mese dalla data della presente Ordinanza.”

I. OSSERVAZIONI GENERALI (CART. 20-30)

Secondo la Corte, la presente richiesta del Sud Africa è una richiesta di modifica dell’ordinanza del 28 marzo 2024. Per questo motivo, la Corte deve verificare se sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 76, paragrafo 1, del Regolamento della Corte sono stati adempiuti. Tale paragrafo recita quanto segue:
“Su richiesta di una parte o proprio motu, la Corte può, in qualsiasi momento prima della sentenza definitiva della causa, revocare o modificare qualsiasi decisione relativa a provvedimenti provvisori se, a suo avviso, qualche cambiamento della situazione giustifica tale revoca o modifica .”
La Corte deve innanzitutto verificare se, tenendo conto delle informazioni fornite dalle parti rispetto alla situazione attuale, vi sia motivo di concludere che la situazione che ha giustificato la decisione contenuta nell’ordinanza del 28 marzo 2024 sia cambiata da allora . Se la Corte constata che vi è stato un cambiamento nella situazione dopo la pronuncia della sua precedente ordinanza, dovrà poi esaminare se tale cambiamento giustifichi una modifica della sua precedente decisione relativa a misure provvisorie. Una siffatta modifica sarebbe opportuna solo se anche nel caso di specie fossero soddisfatte le condizioni generali previste dall’articolo 41 dello Statuto della Corte.
La Corte inizia quindi con l’accertare se si è verificato un cambiamento nella situazione che ha giustificato la decisione contenuta nell’ordinanza del 28 marzo 2024.
La Corte ricorda che, nella sua ordinanza del 26 gennaio 2024, ha constatato che l’operazione militare condotta da Israele in seguito all’attacco del 7 ottobre 2023 aveva provocato “un gran numero di morti e feriti, nonché la massiccia distruzione di case, lo sfollamento forzato della stragrande maggioranza della popolazione e danni estesi alle infrastrutture civili”. Nella decisione comunicata alle parti con lettere del 16 febbraio 2024, la Corte ha osservato, citando il Segretario generale delle Nazioni Unite, che gli sviluppi nella Striscia di Gaza, e a Rafah in particolare, “aumenterebbero esponenzialmente ciò che [era] già un incubo umanitario con conseguenze regionali indicibili”. La Corte ricorda inoltre che, nella sua ordinanza del 28 marzo 2024, ha osservato con rammarico che le catastrofiche condizioni di vita dei palestinesi nella Striscia di Gaza erano ulteriormente peggiorate a partire dal gennaio 2024, soprattutto in considerazione della prolungata e diffusa privazione di cibo e altri beni. beni di prima necessità a cui erano stati sottoposti i palestinesi della Striscia di Gaza.
La Corte rileva che la catastrofica situazione umanitaria nella Striscia di Gaza che, come affermato nella sua ordinanza del 26 gennaio 2024, rischiava seriamente di deteriorarsi, si è deteriorata, e lo ha fatto ancora di più da quando la Corte ha adottato la sua ordinanza del 28 marzo 2024 A questo proposito, la Corte osserva che le preoccupazioni espresse nella sua decisione comunicata alle parti il ​​16 febbraio 2024 riguardo agli sviluppi a Rafah si sono concretizzate e che la situazione umanitaria deve ora essere definita disastrosa. Dopo settimane di intensificazione dei bombardamenti militari a Rafah, dove più di un milione di palestinesi erano fuggiti a seguito degli ordini di evacuazione israeliani che coprivano più di tre quarti dell’intero territorio di Gaza, il 6 maggio 2024, quasi 100.000 palestinesi hanno ricevuto da Israele l’ordine di evacuare la parte orientale di Rafah e di trasferirsi a le aree di Al-Mawasi e Khan Younis prima di un’offensiva militare pianificata. L’offensiva militare di terra a Rafah, iniziata da Israele il 7 maggio 2024, è ancora in corso e ha portato a nuovi ordini di evacuazione. Di conseguenza, secondo i rapporti delle Nazioni Unite, al 18 maggio 2024 circa 800.000 persone erano state sfollate da Rafah.
La Corte ritiene che gli sviluppi sopra menzionati, che sono eccezionalmente gravi, in particolare l’offensiva militare a Rafah e il conseguente ripetuto spostamento su larga scala della popolazione palestinese già estremamente vulnerabile nella Striscia di Gaza, costituiscono un cambiamento della situazione all’interno del paese. ai sensi dell’articolo 76 del Regolamento della Corte.
La Corte è inoltre del parere che le misure provvisorie indicate nella sua ordinanza del 28 marzo 2024, così come quelle ivi riaffermate, non affrontano pienamente le conseguenze derivanti dal cambiamento della situazione sopra spiegato, giustificando così la modifica di tali misure . Tuttavia, per modificare la sua precedente decisione relativa ai provvedimenti provvisori, la Corte deve ancora accertarsi che le condizioni generali previste dall’articolo 41 dello Statuto della Corte siano soddisfatte nella situazione attuale.

II. CONDIZIONI PER L’INDICAZIONE DI MISURE PROVVISORIE (CART. 31-47)

La Corte ricorda che, nella sua ordinanza del 26 gennaio 2024 che indica misure provvisorie nel caso di specie, ha concluso che “prima facie, essa ha giurisdizione ai sensi dell’articolo IX della Convenzione sul genocidio per esaminare il caso”. Nella sua ordinanza del 28 marzo 2024, la Corte ha dichiarato di non vedere motivo di rivedere tale conclusione. La Corte non vede parimenti alcuna ragione per farlo ai fini della decisione sulla presente richiesta.
Nell’ordinanza del 26 gennaio 2024, la Corte ha inoltre ritenuto che almeno alcuni dei diritti rivendicati dal Sudafrica ai sensi della Convenzione sul genocidio e per i quali chiedeva protezione fossero plausibili, vale a dire il diritto dei palestinesi di Gaza ad essere protetti da atti del genocidio e dei relativi atti proibiti menzionati nell’Articolo III, e il diritto del Sud Africa di chiedere il rispetto da parte di Israele degli obblighi di quest’ultimo ai sensi di tale Convenzione. La Corte non vede alcuna ragione per rivedere tale conclusione nella sua ordinanza del 28 marzo 2024. La Corte non vede nemmeno motivo di farlo ai fini della decisione sulla presente richiesta. Ritiene inoltre che, per la loro stessa natura, almeno alcune delle misure provvisorie richieste ai sensi della presente richiesta siano volte a preservare i diritti rivendicati dal ricorrente che la Corte ha ritenuto plausibili.
La Corte valuta poi se la situazione attuale comporti un rischio di pregiudizio irreparabile ai plausibili diritti rivendicati dal Sudafrica e se sussista urgenza.
La Corte ricorda a questo proposito di aver precedentemente concluso che, alla luce dei valori fondamentali che si intende tutelare mediante la Convenzione sul genocidio, i diritti plausibili in questione in questo procedimento sono di natura tale che il loro pregiudizio è atto a causare un danno irreparabile.
La Corte ricorda che, il 7 maggio 2024, Israele ha iniziato un’offensiva militare a Rafah, dopo settimane di bombardamenti intensificati, e che, di conseguenza, circa 800.000 palestinesi erano sfollati da Rafah al 18 maggio 2024. i funzionari hanno costantemente sottolineato gli immensi rischi associati ad un’offensiva militare a Rafah. Rileva inoltre che fonti delle Nazioni Unite indicano che i rischi sopra menzionati hanno iniziato a materializzarsi e si intensificheranno ulteriormente se l’operazione continuerà. Sulla base delle informazioni a sua disposizione, la Corte non è convinta che gli sforzi di evacuazione e le relative misure che Israele afferma di aver intrapreso per rafforzare la sicurezza dei civili nella Striscia di Gaza, e in particolare quelli recentemente sfollati dal Governatorato di Rafah, sono sufficienti ad alleviare l’immenso rischio a cui è esposta la popolazione palestinese a seguito dell’offensiva militare a Rafah.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, e tenendo conto delle misure provvisorie indicate nelle ordinanze del 26 gennaio 2024 e del 28 marzo 2024, la Corte ritiene che l’attuale situazione derivante dall’offensiva militare israeliana a Rafah comporta un ulteriore rischio di pregiudizio irreparabile ai plausibili diritti rivendicati dal Sudafrica e che vi è urgenza, nel senso che esiste un rischio reale e imminente che tale pregiudizio venga causato prima che la Corte si pronunci in via definitiva.

III. CONCLUSIONE E MISURE DA ADOTTARE (CART. 48-55)

La Corte conclude, sulla base delle considerazioni che precedono, che le circostanze del caso di specie le impongono di modificare la decisione contenuta nell’ordinanza del 28 marzo 2024.
La Corte ritiene che, in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio, Israele deve immediatamente fermare la sua offensiva militare e qualsiasi altra azione nel Governatorato di Rafah, che possa infliggere al gruppo palestinese di Gaza condizioni di vita che potrebbero provocarne la distruzione fisica. distruzione totale o parziale.
La Corte ricorda che, nella sua ordinanza del 26 gennaio 2024, ha ordinato a Israele, tra l’altro, di “adottare misure efficaci per prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di atti rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo II e dell’articolo III del [la Convenzione sul genocidio]”. Nelle presenti circostanze, la Corte è anche del parere che, al fine di preservare le prove relative alle accuse di atti che rientrano nel campo di applicazione degli articoli II e III della Convenzione sul genocidio, Israele deve adottare misure efficaci per garantire il libero accesso ai nella Striscia di Gaza da qualsiasi commissione d’inchiesta, missione d’inchiesta o altro organismo investigativo incaricato dagli organi competenti delle Nazioni Unite di indagare sulle accuse di genocidio.
La Corte ritiene inoltre che la situazione catastrofica a Gaza confermi la necessità di un’attuazione immediata ed efficace delle misure indicate nelle sue ordinanze del 26 gennaio 2024 e del 28 marzo 2024, applicabili in tutta la Striscia di Gaza, compresa Rafah. In tali circostanze, la Corte ritiene necessario riaffermare le misure indicate in tali ordinanze. In tal modo, la Corte desidera sottolineare che la misura indicata nel paragrafo 51 (2) (a) della sua ordinanza del 28 marzo 2024, che richiede la “fornitura senza ostacoli e su larga scala da parte di tutti gli interessati di servizi di base e di assistenza umanitaria urgentemente necessari”, richiede che il convenuto mantenga punti di attraversamento terrestri aperti, e in particolare il valico di Rafah.
Alla luce delle specifiche misure provvisorie che ha deciso di indicare, la Corte ritiene che Israele debba presentare alla Corte un rapporto su tutte le misure adottate per dare effetto a quest’Ordine, entro un mese dalla data di questo Ordine. La relazione così fornita verrà poi comunicata al Sudafrica, al quale sarà data la possibilità di presentare alla Corte le proprie osservazioni al riguardo.
La Corte sottolinea che la presente ordinanza non pregiudica eventuali accertamenti relativi all’esecuzione da parte del convenuto delle ordinanze del 26 gennaio 2024 e del 28 marzo 2024.
Nelle sue ordinanze del 26 gennaio 2024 e del 28 marzo 2024, la Corte ha espresso grave preoccupazione per la sorte degli ostaggi rapiti durante l’attacco in Israele il 7 ottobre 2023 e da allora detenuti da Hamas e altri gruppi armati, e ha chiesto la loro immediata liberazione. e liberazione incondizionata. La Corte ritiene profondamente preoccupante che molti di questi ostaggi rimangano prigionieri e ribadisce la sua richiesta per il loro rilascio immediato e incondizionato.

IV. CLAUSOLA OPERATIVA (COMMA 57)
Per questi motivi, LA CORTE,
(1) Con tredici voti contro due,
Ribadisce le misure provvisorie indicate nelle sue ordinanze del 26 gennaio 2024 e del 28 marzo 2024, che dovrebbero essere immediatamente ed efficacemente attuate;
A FAVORE: Presidente Salam; Giudici Abraham, Yusuf, Xue, Bhandari, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant, Gómez Robledo, Clevel e, Aurescu, Tladi;
CONTRO: Vicepresidente Sebutinde; giudice ad hoc Barak;
(2) Indica le seguenti misure provvisorie:
Lo Stato di Israele, in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, e in considerazione del peggioramento delle condizioni di vita affrontate dai civili nel Governatorato di Rafah:
(a) Con tredici voti contro due,
Sospendere immediatamente la sua offensiva militare e qualsiasi altra azione nel Governatorato di Rafah, che possa infliggere al gruppo palestinese di Gaza condizioni di vita che potrebbero portare alla sua distruzione fisica totale o parziale;
A FAVORE: Presidente Salam; Giudici Abraham, Yusuf, Xue, Bhandari, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant, Gómez Robledo, Cleveland, Aurescu, Tladi;
CONTRO: Vicepresidente Sebutinde; giudice ad hoc Barak;
(b) Con tredici voti contro due,
Mantenere aperto il valico di Rafah per la fornitura senza ostacoli su vasta scala dei servizi di base e dell’assistenza umanitaria urgentemente necessari;
A FAVORE: Presidente Salam; Giudici Abraham, Yusuf, Xue, Bhandari, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant, Gómez Robledo, Cleveland, Aurescu, Tladi;
CONTRO: Vicepresidente Sebutinde; giudice ad hoc Barak;
(c) Con tredici voti contro due,
Adottare misure efficaci per garantire l’accesso senza ostacoli alla Striscia di Gaza a qualsiasi commissione d’inchiesta, missione d’inchiesta o altro organo investigativo incaricato dagli organi competenti delle Nazioni Unite di indagare sulle accuse di genocidio;
A FAVORE: Presidente Salam; Giudici Abraham, Yusuf, Xue, Bhandari, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant, Gómez Robledo, Cleveland, Aurescu, Tladi;
CONTRO: Vicepresidente Sebutinde; giudice ad hoc Barak; (3) Con tredici voti contro due,
Decide che lo Stato di Israele presenterà un rapporto alla Corte su tutte le misure adottate per dare attuazione alla presente Ordinanza, entro un mese dalla data della presente Ordinanza.
A FAVORE: Presidente Salam; Giudici Abraham, Yusuf, Xue, Bhandari, Iwasawa, Nolte, Charlesworth, Brant, Gómez Robledo, Cleveland, Aurescu, Tladi;
CONTRO: Vicepresidente Sebutinde; Giudice ad hoc Barak.

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Il Vicepresidente SEBUTINDE allega un parere dissenziente all’ordinanza della Corte; I giudici NOLTE, AURESCU e TLADI allegano dichiarazioni all’ordinanza della Corte; Il giudice ad hoc BARAK allega un’opinione dissenziente all’ordinanza della Corte.

Opinione dissenziente del vicepresidente Sebutinde
La Vicepresidente Sebutinde ha votato contro l’ordinanza della Corte perché è fermamente convinta che le misure provvisorie precedentemente indicate e riaffermate dalla Corte affrontino adeguatamente l’attuale situazione nella Striscia di Gaza, compresa Rafah. Ritiene che la situazione a Rafah non costituisca un “fatto nuovo” che renderebbe necessaria la modifica delle misure esistenti ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, del Regolamento della Corte e si rammarica che il Sudafrica abbia nuovamente invitato la Corte a microgestire la condotta delle ostilità. tra Israele e Hamas. Crede fermamente che Israele abbia il diritto di difendersi dai suoi nemici, incluso Hamas, e di continuare gli sforzi per salvare gli ostaggi scomparsi. A suo avviso, questi diritti non sono incompatibili con gli obblighi di Israele ai sensi della Convenzione sul genocidio. Il vicepresidente Sebutinde ritiene che la Corte avrebbe dovuto prendere in considerazione il contesto più ampio delle minacce esistenziali affrontate da Israele da molteplici attori e molteplici fronti. È inoltre del parere che la responsabilità della sofferenza dei palestinesi di Gaza non ricada solo su Israele e non è nemmeno corretto affermare che Israele non sia riuscito ad agire per alleviare tale sofferenza, alla luce delle misure adottate da Israele per migliorare la situazione umanitaria. Ritiene che le misure indicate dalla Corte non siano necessarie, già previste da precedenti ordinanze della Corte, e siano incoerenti con la situazione di fatto e con la prassi pregressa della Corte. Avrebbe quindi respinto in toto la richiesta del Sudafrica. Infine, esprime le sue serie preoccupazioni riguardo al modo in cui sono state gestite la richiesta e le udienze orali, che riguardano l’uguaglianza procedurale tra le parti e la buona amministrazione della giustizia da parte della Corte.

Dichiarazione del giudice Nolte
Il giudice Nolte rileva di aver votato a favore dell’ordinanza del 24 maggio 2024 solo dopo notevoli esitazioni. Egli osserva che la Corte può svolgere solo un ruolo limitato nel risolvere la situazione catastrofica nella Striscia di Gaza. Egli osserva che la Corte deve stare attenta a non oltrepassare i limiti del mandato conferitole dalla Carta delle Nazioni Unite, dal suo Statuto e dalla Convenzione sul genocidio.
Esprime dubbi sul fatto che l’attuale offensiva militare a Rafah costituisca “qualche cambiamento nella situazione” che non era stata precedentemente considerata, dato che la Corte ha già fatto riferimento al deterioramento della situazione a Rafah nella sua lettera alle Parti del 16 febbraio 2024 e nella sua ordinanza del 28 marzo 2024 e che le misure precedenti non erano sufficienti per affrontare le conseguenze sono derivanti da un’operazione militare delle forze armate israeliane a Rafah. Egli ribadisce che la Corte non dovrebbe segnalare alle parti in questo e in altri casi che la Corte ritiene che la soglia per modificare, aggiungere o specificare una misura provvisoria sia bassa. Inoltre, sottolinea che la sua giurisdizione incidentale ai sensi dell’articolo 41 dello Statuto non trasforma la Corte in un organismo di controllo e nemmeno in un organo di esecuzione.
Tuttavia, secondo il giudice Nolte, la Corte è competente ai sensi di questa disposizione ad interpretare, e quindi a specificare (o chiarire), le misure da essa precedentemente indicate. Pertanto, il potere della Corte di precisare i termini dei provvedimenti precedenti suggerisce che “qualche cambiamento della situazione” può consistere anche in sviluppi successivi che la Corte aveva generalmente previsto come possibilità, ma rispetto ai quali sorgono significative incertezze su come i precedenti provvedimenti l’ordine si applica a loro.
Il giudice Nolte è del parere che la situazione umanitaria straordinariamente drammatica a Rafah e dintorni giustifichi una precisazione delle misure esistenti del 26 gennaio e del 28 marzo 2024. Egli ribadisce che, per arrivare a questa conclusione, non è necessario ritenere che sia È plausibile che l’attuale offensiva militare a Rafah, o l’operazione militare nella Striscia di Gaza più in generale, sia perseguita con intenti genocidi. Inoltre, non è convinto che le prove presentate alla Corte in questa fase forniscano indicazioni plausibili che l’operazione militare intrapresa da Israele in quanto tale sia perseguita con intenti genocidi. A suo avviso, la ragione della misura indicata è che Israele non ha sufficientemente dimostrato di poter “consentire la fornitura di servizi di base e di assistenza umanitaria urgentemente necessari per affrontare le condizioni di vita avverse affrontate dai palestinesi” senza limitare la sua attuale offensiva militare in Israele. Rafa. Sulla base delle informazioni a disposizione della Corte, giunge alla conclusione che le dichiarazioni rilasciate da alti funzionari israeliani hanno interrotto e ritardato le consegne di aiuti e assistenza umanitari, e che la situazione altamente precaria ad Al-Mawasi e in altre aree umanitarie designate contribuiscono plausibilmente a un rischio per l’accesso agli aiuti umanitari urgentemente necessari per la sopravvivenza del popolo palestinese a Gaza, e plausibilmente danno luogo al dovere di Israele di prevenire atti proibiti dalla Convenzione sul genocidio.
Il giudice Nolte afferma inoltre che l’ordinanza della Corte non affronta le operazioni militari fuori Rafah e che la misura che obbliga Israele a fermare l’offensiva militare in corso a Rafah è condizionata dalla necessità di prevenire “condizioni di vita che potrebbero provocare [la] distruzione fisica in tutto o in parte” del gruppo palestinese a Gaza.

Dichiarazione del giudice Aurescu
Il giudice Aurescu ribadisce il suo sostegno alla decisione di indicare misure provvisorie e offre il suo punto di vista su alcune questioni relative all’Ordine. In primo luogo, interpreta la seconda misura provvisoria come un’indicazione anche della fine dell’offensiva militare israeliana nella misura in cui essa “potrebbe infliggere al gruppo palestinese di Gaza condizioni di vita che potrebbero portare alla sua distruzione fisica totale o parziale”. non solo “qualsiasi altra azione” che possa causare tali condizioni dovrebbe essere fermata. Il giudice Aurescu ritiene inoltre che sarebbe stato coerente e più chiaro, dal punto di vista del collegamento di questa seconda misura provvisoria con la Convenzione sul genocidio, che il suo testo utilizzasse la terminologia “I palestinesi di Gaza come gruppo protetto ai sensi della Convenzione sul genocidio”. come nell’ordinanza della Corte del 28 marzo 2024. In secondo luogo, a suo avviso, la Corte avrebbe potuto considerare di spiegare che le misure provvisorie già in vigore coprono e si applicano all’attuale situazione nella Striscia di Gaza, il cui grado di aggravamento era previsto quando la precedente furono adottati due Ordini. In terzo luogo, il giudice Aurescu ritiene che la Corte avrebbe potuto affermare che le misure indicate, compresa la sospensione dell’offensiva militare, non pregiudicano il diritto di Israele a condurre operazioni, che dovrebbero essere intraprese in conformità con il diritto internazionale, anche in modo da rispondere ai criteri di proporzionalità e necessità, per proteggere i suoi cittadini civili e per liberare gli ostaggi ancora detenuti nella zona di Rafah dai gruppi armati. In quarto luogo, offre osservazioni sugli sviluppi dell’esigenza di un “cambiamento della situazione” per revocare o modificare una misura provvisoria. Da poco tempo, può essere interpretato anche come comprensivo dell’aggravamento di una situazione già esistente. Infine, il giudice Aurescu ritiene che la Corte avrebbe potuto sfruttare l’occasione per includere nel dispositivo una misura con la quale avrebbe potuto chiedere a Israele di intraprendere iniziative per attuare con effetto immediato la risoluzione 2728 (2024) del Consiglio di Sicurezza, compresa la sua disposizione su un “accordo duraturo” cessate il fuoco sostenibile”. A suo avviso, tale misura, innovativa nella giurisprudenza della Corte, avrebbe avuto il vantaggio di sottolineare la ripartizione e condivisione del ruolo di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale tra il Consiglio di Sicurezza e la Corte, e di estendere alle pertinenti disposizioni della citata risoluzione del Consiglio di Sicurezza la forza giuridica delle misure provvisorie indicate dalla stessa Corte, inaugurando così nuove strade di cooperazione tra i due principali organi delle Nazioni Unite.

Dichiarazione del giudice Tladi
Nella sua dichiarazione, il giudice Tladi elabora due punti principali, vale a dire l’approccio della Corte nel modificare le decisioni precedenti e l’argomentazione di sicurezza e autodifesa di Israele.
Per quanto riguarda il primo punto, il giudice Tladi ritiene che l’attenzione non dovrebbe essere posta sul fatto che ci sia “qualche cambiamento nella situazione”, ma piuttosto se le circostanze presentate giustifichino l’indicazione di nuove misure o la modifica di un ordine esistente. Secondo il giudice Tladi, ciò è dovuto al fatto che l’articolo 41 dello Statuto, che consente alla Corte di emanare provvedimenti provvisori qualora ritenga che le circostanze siano necessarie, dovrebbe costituire il principio guida.
Per quanto riguarda il secondo punto, il giudice Tladi rileva la sproporzione tra i danni lamentati da Israele e le statistiche di perdite e devastazioni sul lato palestinese derivanti dalle operazioni militari israeliane. Il giudice Tladi sottolinea che azioni difensive legittime, entro i rigidi confini del diritto internazionale, per respingere attacchi specifici, sarebbero coerenti con l’ordine della Corte, ma che l’ordine non consente la continuazione dell’operazione militare a Rafah e altrove nel La Striscia di Gaza, le cui conseguenze per i diritti del popolo palestinese, protetti dalla Convenzione sulla prevenzione e la repressione del genocidio, sono state devastanti.

Opinione dissenziente del giudice ad hoc Barak
1. A suo avviso, il giudice ad hoc Barak spiega che la Corte ha respinto ancora una volta la principale argomentazione del Sudafrica e si è astenuta dall’ordinare a Israele di “cessare le sue operazioni militari nella Striscia di Gaza. . . E . . . ritirare l’esercito israeliano dall’intera Striscia di Gaza”. A suo avviso, la prima misura aggiuntiva indicata dalla Corte richiede che Israele interrompa la sua offensiva militare nel Governatorato di Rafah solo nella misura necessaria per rispettare gli obblighi di Israele ai sensi della Convenzione sul genocidio. In questo senso, si limita a riaffermare gli obblighi esistenti di Israele ai sensi della Convenzione. Il giudice ad hoc Barak spiega che, poiché la misura indicata dalla Corte contiene un collegamento esplicito agli obblighi esistenti di Israele ai sensi della Convenzione sul genocidio, a Israele non viene impedito di portare avanti la sua operazione militare a Rafah fintantoché adempie ai suoi obblighi derivanti dal trattato. Di conseguenza, si tratta di una misura qualificata, che preserva il diritto di Israele di prevenire e respingere le minacce e gli attacchi di Hamas, di difendere se stesso e i suoi cittadini e di liberare gli ostaggi.

2. Egli rileva che, nonostante la natura limitata delle misure indicate dalla Corte, non ha potuto votare a favore della clausola operativa perché l’offensiva militare a Rafah non solleva plausibilmente questioni ai sensi della Convenzione sul genocidio. In particolare, non vi è alcuna prova dell’intento. Il giudice ad hoc Barak sottolinea inoltre che la decisione della Corte tiene conto del contesto immediato in cui Israele ha deciso di intraprendere l’operazione militare: gli attacchi del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas, che continua a rappresentare una minaccia esistenziale per Israele, e il rapimento di centinaia di cittadini israeliani e altri cittadini stranieri a Gaza. In questo contesto, la Corte ha capito che non può ordinare ad una delle parti di fermarsi, mentre l’altra è libera di continuare.

La situazione a Rafah e Al-Mawasi
3. A suo avviso, il giudice ad hoc Barak rileva che l’operazione militare israeliana nella Striscia di Gaza non può essere compresa – anzi, non esisterebbe – senza la minaccia esistenziale posta da Hamas e la continua prigionia di più di cento ostaggi. A suo avviso, Rafah è stata per anni, ed è tuttora, la roccaforte di Hamas. Afferma inoltre che le minacce e gli attacchi indiscriminati di Hamas contro Israele non sono cessati un solo giorno.

4. Secondo il giudice ad hoc Barak, per prevenire e respingere la minaccia posta da Hamas e liberare gli ostaggi, Israele deve effettuare operazioni militari a Rafah e nell’intera Striscia di Gaza. Il giudice ad hoc Barak ricorda che le massime autorità israeliane hanno ribadito che il loro obiettivo è uno solo: sconfiggere Hamas e riportare gli ostaggi in Israele.

5. Per quanto riguarda Al-Mawasi, il giudice ad hoc Barak spiega che Israele ha adottato misure per creare zone umanitarie dove la popolazione civile possa evacuare in sicurezza. Non c’è spazio per l’indicazione di nuove misure

6. Il giudice ad hoc Barak è del parere che l’operazione militare a Rafah non sia una nuova campagna militare. Fa parte dell’operazione militare in corso da parte di Israele in tutta la Striscia di Gaza, iniziata nell’ottobre 2023. È parte integrante del suo sforzo complessivo per prevenire e respingere le minacce in corso e attacchi di Hamas e liberare gli ostaggi prigionieri. Inoltre, rileva che la Corte ha fatto esplicito riferimento al deterioramento della situazione a Rafah nelle sue precedenti ordinanze.

7. In ogni caso, secondo il giudice ad hoc Barak, qualsiasi conseguenza che potrebbe derivare dalle azioni di Israele a Rafah è già coperta dalle due precedenti ordinanze della Corte. In questo senso, le precedenti ordinanze della Corte limitano già l’operazione militare di Israele a Rafah in modo tale da proteggere qualsiasi diritto plausibile riconosciuto dalla Corte ai sensi della Convenzione sul genocidio.

8. Il giudice ad hoc Barak spiega poi perché ritiene che non sussistano le condizioni per l’indicazione delle misure provvisorie. In particolare, è del parere che manchi l’intento richiesto dalla Convenzione sul genocidio. A suo avviso, la condotta di uno Stato può creare un rischio di pregiudizio irreparabile ai diritti sanciti dalla Convenzione sul genocidio solo se tale condotta rientra nell’ambito di applicazione della Convenzione. Perché ciò avvenga, deve essere presente l’intento specifico di commettere un genocidio (dolus specialis). Se il dolus specialis del genocidio è assente, la condotta non rientra nell’ambito di applicazione della Convenzione e, di conseguenza, i diritti sanciti dalla Convenzione sul genocidio non sono implicati. Secondo il giudice ad hoc Barak, il Sudafrica non ha prodotto alcuna prova che consenta alla Corte di trarre questa conclusione; nemmeno sulla base di uno standard di plausibilità.

9. In particolare, il giudice ad hoc Barak ricorda che lo scopo dichiarato dell’operazione militare a Rafah è prevenire e respingere la minaccia posta da Hamas, difendere Israele e i suoi cittadini e liberare gli ostaggi. Menziona anche che l’IDF ha invitato i residenti della parte orientale di Rafah ad evacuare e ha adottato misure per mitigare il danno subito dai palestinesi sfollati da Rafah nell’area umanitaria stabilita ad Al-Mawasi.

10. Il giudice ad hoc Barak trova difficile comprendere perché la Corte non abbia riconosciuto, nemmeno in una sentenza, che c’è stato un aumento degli aiuti umanitari e dell’assistenza entrati nella Striscia di Gaza. Sottolinea che secondo il coordinatore umanitario senior delle Nazioni Unite Sigrid Kaag e i rapporti di Israele presentati alla Corte, c’è stato un aumento significativo nella quantità di aiuti umanitari consegnati a Gaza.

La limitatezza delle misure indicate dalla Corte
11. Per quanto riguarda la prima misura aggiuntiva indicata dalla Corte, il giudice ad hoc Barak ritiene che essa si limiti a ribadire un obbligo già esistente per Israele ai sensi della Convenzione sul genocidio. La misura della Corte non impone a Israele di astenersi del tutto dall’operazione militare a Rafah. A suo avviso, non si tratta di un obbligo incondizionato di fermare l’operazione militare, ma piuttosto di specificare che Israele deve, in conformità con i suoi obblighi ai sensi della Convenzione sul genocidio, condurre la sua offensiva militare in modo da non privare la popolazione civile palestinese dei suoi mezzi essenziali di esistenza.

12. Per quanto riguarda la seconda misura aggiuntiva indicata dalla Corte, il giudice ad hoc Barak rileva che essa specifica la misura indicata al paragrafo 86, comma 4, dell’Ordinanza del 26 gennaio 2024, e al paragrafo 51, comma 2, lettera a), dell’ Ordine del 28 marzo 2024. Spiega di aver votato a favore di queste misure in passato, ma non può sostenere questa nuova specificazione perché riguarda il valico di Rafah. Secondo il giudice ad hoc Barak, la Corte non ne aveva una sola prova relativa alla situazione del valico di Rafah. Ancora più importante, il valico di Rafah potrà funzionare solo se sia l’Egitto che Israele saranno d’accordo.

13. Il giudice ad hoc Barak afferma che la terza misura aggiuntiva indicata dalla Corte riafferma gli obblighi esistenti di Israele ai sensi delle prime due ordinanze, che prevedono che Israele debba conservare le prove. Spiega di aver votato contro questa misura perché il Sudafrica non ha dimostrato che siano necessarie misure aggiuntive per la conservazione delle prove.

14. Per quanto riguarda la quarta misura aggiuntiva, il giudice ad hoc Barak rileva di aver votato contro perché gli obblighi di rendicontazione non sono serviti a uno scopo significativo.

Osservazioni conclusive
15. Il giudice ad hoc Barak conclude il suo parere ribadendo la sincera speranza che questa guerra finisca il più presto possibile e che gli ostaggi ritornino immediatamente in Israele. Sottolinea che, come ogni Stato, Israele ha il diritto fondamentale di proteggere i suoi cittadini e se stesso. Questo diritto assume una dimensione speciale nel caso degli ostaggi, nel senso che impone allo Stato il dovere di fare tutto ciò che è in suo potere per riportarli in Israele. L’adempimento di questo dovere non è in conflitto con gli obblighi di Israele ai sensi della Convenzione sul genocidio perché deriva dall’intento di Israele di proteggere i suoi cittadini e non dall’intento di commettere atti vietati dalla Convenzione sul genocidio.

16. Il giudice ad hoc Barak rileva inoltre che la Corte si trova in una posizione difficile e si trova ad affrontare una grande prova. Anche così, a suo avviso, la Corte non può essere infastidita da problemi politici, militari o di ordine pubblico. Può occuparsi solo di problemi legali, poiché è un tribunale di diritto e non di opinione pubblica.

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