“Uno Stato che cerca di eliminare tutti i rischi personali dai suoi cittadini diventa un rischio per lo stesso Stato di diritto”, l”ex presidente della corte costituzionale tedesca

L’ex presidente della corte costituzionale tedesca, Hans-Jürgen Papier, ha preso una posizione forte in un dibattito pubblico contro la soppressione dei diritti fondamentali di ogni persona attuata dallo Stato durante la pandemia. Riportiamo qui la nostra traduzione del suo ricorso. L’evento è stato organizzato dal think tank R21.

“Signore e signori, la pandemia ha senza dubbio rappresentato una sfida straordinaria e seria per lo Stato di diritto, la legislazione e l’amministrazione, ma in misura limitata anche per la magistratura. Inoltre, e vorrei dire in particolare, quelli della Corte costituzionale federale non sempre hanno sufficientemente osservato e, soprattutto, non fatto rispettare le esigenze dello Stato di diritto in relazione alla lotta contro la pandemia. Alla luce delle restrizioni estese e a lungo termine alle libertà civili, a mio avviso ci si poteva aspettare che il giudice costituzionale sviluppasse norme costituzionali tempestive ed equilibrate che tengano adeguatamente conto dei diversi gradi di gravità delle varie restrizioni o restrizioni alle libertà civili, dei diritti fondamentali.

Onorevoli colleghi, per quanto riguarda le libertà civili, fa una grande differenza se stabilisco l’obbligo della maschera in determinati orari e in determinate stanze o se impongo coprifuoco, divieti di visita, chiusura delle scuole, ecc.
Pertanto le difficili restrizioni, in particolare quelle relative ai diritti fondamentali, sono altamente differenziate. A mio parere la Corte costituzionale federale non ha adottato tempestivamente questo approccio differenziato.

Nell’ambito delle considerazioni sulla proporzionalità, ritengo che le autorità statali responsabili avrebbero dovuto avere il compito in una fase iniziale di consentire una valutazione tempestiva e significativa attraverso un chiarimento più approfondito dei fatti e una raccolta di dati? Tutte queste questioni devono assolutamente essere esaminate dal punto di vista giuridico, affinché in simili futuri periodi di crisi lo Stato di diritto sia meglio preparato anche dal punto di vista giuridico.

In ogni caso, dare allo Stato uno spazio costituzionale indifferenziato, generale e in definitiva illimitato per le restrizioni della libertà e la sospensione dei diritti fondamentali di qualsiasi tipo ed entità nella lotta alla pandemia, come è avvenuto nella pratica, non corrisponde al nostro ordine costituzionale e libero.

Quindi la tendenza ad agire secondo il motto che la necessità non conosce comandamenti ma solo lo scopo, il buon proposito o lo scopo presunto buono, giustifica ogni mezzo, appare o talvolta sembra determinare sottilmente la politica in questo paese. Questo è ciò che ha detto il cancelliere federale Olaf Scholz durante la pandemia. Non esistono linee rosse quando si tratta di combattere la pandemia.

Onorevoli colleghi, in uno Stato costituzionale libero, tali considerazioni dovrebbero essere chiaramente respinte, anche in tempi di emergenza, anche in tempi di crisi. Non vi è alcun dubbio che i diritti fondamentali della Legge fondamentale valgono e devono valere anche in tempi di crisi o di emergenza.

Il nostro ordinamento costituzionale non contiene una costituzione di emergenza che consenta una sospensione totale o anche parziale dei diritti fondamentali. Anche la cosiddetta Costituzione d’urgenza, che per il caso della difesa è espressamente ancorata nella Legge fondamentale, non contiene alcuna autorizzazione a superare temporaneamente le restrizioni costituzionali ai diritti fondamentali e non è di per sé inammissibile. Sono generalmente consentiti, ma sono soggetti a requisiti severi. Possono essere determinati solo dalla legge o sulla base di una legge e nel rispetto del rigoroso requisito della proporzionalità, che ormai non è un termine politico, ma giudiziario. Per la valutazione costituzionale della proporzionalità delle misure di protezione statali o per la valutazione, onorevoli colleghi, non è sufficiente determinare in astratto lo scopo della tutela della salute e della vita della popolazione e, dato l’indubbiamente astratto valore elevato di questa bene protetto, la vita e la salute, per legittimare ogni restrizione della libertà. Dobbiamo esaminare più precisamente, onorevoli colleghi, se e in che misura esiste un pericolo per il sistema sanitario, ad esempio a causa di un sovraccarico o addirittura di un collasso delle terapie intensive. La restrizione dei diritti fondamentali in questione dovrebbe essere esaminata per verificare se, secondo una valutazione ragionevole, costituisca, direi, un mezzo idoneo a raggiungere il legittimo obiettivo di tutela. Se l’alternativa significa che sono disponibili restrizioni minori per le libertà civili e, in definitiva, non deve esserci sproporzione tra il beneficio dell’intervento e il danno causato dall’intervento.

Come ho detto, questi non sono solo parametri di test politici, ma piuttosto termini giuridici giudicabili. La valutazione giuridica è certamente difficile finché non vi è sufficiente certezza sul contenuto e sulla portata dei pericoli nonché sull’idoneità e necessità delle rispettive misure di protezione per quanto riguarda il contenimento del processo di infezione e sulla proporzionalità tra il beneficio dell’intervento e del danno causato dall’intervento Mancano approfondimenti.

Va però notato che il profilo dei requisiti per giustificare l’intervento cresce o deve crescere con il crescere della durata delle gravi restrizioni alla libertà. In questo contesto si può sicuramente lamentare dal punto di vista giuridico che in Germania non è stata effettuata una valutazione basata sull’evidenza delle misure di protezione adottate, della loro idoneità e adeguatezza e che quindi è mancata una valutazione affidabile e precisa fino in fondo alla fine su quali misure fossero quanto efficaci e quindi quali restrizioni fossero realmente necessarie e appropriate. Quando si tratta di gravi violazioni dei diritti fondamentali, come nel caso della pandemia o della lotta contro le pandemie, allora le ambiguità nella valutazione dei fatti non devono, in linea di principio, essere permanenti e permanenti a scapito dei titolari dei diritti fondamentali. diritti. È quindi particolarmente fatale per la tutela dei diritti fondamentali vedere o presumere che le evidenti carenze nell’acquisizione di conoscenze siano continuate in larga misura fino alla fine della pandemia perché le autorità statali competenti non hanno raccolto i dati necessari per la tutela dei diritti fondamentali.

È evidente che tutta la giurisprudenza – e lo dico espressamente, soprattutto quella della Corte costituzionale federale – non ha insistito fin dall’inizio almeno su una valutazione tempestiva dell’idoneità e della proporzionalità delle gravi restrizioni ai diritti fondamentali e quindi sulla creazione di una banca dati relativamente sicura. Il motivo, onorevoli colleghi, è che la situazione delle conoscenze, come ho già detto, in molti settori non era molto migliore rispetto all’inizio della situazione epidemica, anche all’inizio fine del periodo pandemico. Anche le richieste fondamentalmente giustificate di efficaci misure statali di protezione dalle infezioni o prendiamo l’altro argomento o di una politica climatica migliore e più efficace non giustificano una struttura governativa autocratica, cioè la sospensione o la sospensione esistente, la sospensione temporanea delle libertà civili a favore di uno basato sull’autorità, sulla regolamentazione, sulla sorveglianza e su uno stato sociale che, in definitiva, tratta i liberi cittadini di questo paese come sudditi.

Sono rimasto sorpreso dalle tentazioni autoritarie che non solo sono apparse in politica, ma si sono riscontrate anche, ad esempio, nel campo intellettuale. Mi vengono in mente le dichiarazioni di Jürgen Habermas, il quale ha affermato che quando si tratta di proteggere anche una sola vita, in fondo tutte le libertà civili devono essere revocate, o le dichiarazioni di uno scrittore abbastanza noto in un grande quotidiano che ha pubblicato un saggio dal titolo osa essere più dittatoriale. Era inteso sul serio, non solo come un commento.

Signore e signori, che, anche se per nobili ragioni, travolge i cittadini con una marea di comandamenti e divieti. Del resto non si tratta solo di una questione di diritto costituzionale, di un requisito costituzionale, ma anche di una questione di utilità pratica. Più restrizioni e divieti ci sono, più la burocrazia statale si gonfia, ma non riesce ancora a far fronte alla marea di norme. Ciò a sua volta indebolisce la fiducia delle persone nella capacità di agire dello Stato costituzionale democratico, nonché nella funzionalità e legittimità del suo sistema legale. Si può quindi solo mettere in guardia contro cataloghi frenetici e insufficientemente ponderati di restrizioni e divieti di circolazione per vari motivi. Non è una soluzione, crea solo nuovi problemi.

Uno Stato che cerca di eliminare tutti i rischi personali dai suoi cittadini diventa un rischio per lo stesso Stato di diritto. Nella Legge fondamentale non è compito dello Stato, del potere legislativo, dell’esecutivo e nemmeno del potere giudiziario dire ai cittadini in dettaglio come dovrebbero vivere e cosa devono pensare”.

Qui trovate l’intervento completo: (https://www.youtube.com/watch?v=uQr3nkpXObo)

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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