De Donno: “suicidio che ha lasciato perplessi in molti, non solo la Procura della Repubblica, ma la famiglia, gli amici, la comunità medica”, avv. Angelo Di Lorenzo. “La terapia del plasma iperimmune si è trovata nel posto sbagliato, al momento sbagliato (non ci dovevano essere cure per far accettare i vaccini) e purtroppo nelle mani della persona giusta”

Giuseppe De Donno: “da tre anni siamo senza una risposta esaustiva in merito a un suicidio che ha lasciato perplessi molti, non solo la Procura della Repubblica ma anche la famiglia, gli amici, i familiari, un’intera comunità medica e scientifica che non era ancora pronta alla perdita di quello che io credo sia un vero e proprio genio nel proprio campo, più di un visionario”, denuncia l’avv. Angelo di Lorenzo alla conferenza stampa di presentazione del Premio De Donno.

“La sua terapia, la cura con il plasma iperimmune, non era solo teorizzata ma era stata realizzata in una forma che lui stesso ha definito democratica, accessibile a tutti per i costi contenuti. Una cura che l’OMS, sia in termini assoluti sia anche in termini relativi, se paragonata a trattamenti analoghi, come quelli monoclonali, riteneva democratica per sua stessa natura. Come lo stesso professor De Donno ha definito più volte e in ogni occasione possibile, è una cura che viene dal popolo, dal sangue del popolo e quindi al popolo.

La risposta a tutto questo sarebbe stata accettare l’idea di un suicidio per la vergogna provata nell’aver in qualche modo ostacolato i trattamenti concorrenti delle multinazionali o forse anche nell’aver interferito con l’operato di un’autorità sanitaria nazionale in un’era pandemica che, in quel momento storico, era totalmente rivolta e operava a senso unico, cioè nell’unico senso della presenza di farmaci sperimentali e mRNA, quale unica e possibile cura contro il Covid-19.

L’assenza di cure alternative era il presupposto per l’immissione in commercio di farmaci sperimentali. La terapia del plasma iperimmune si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato e purtroppo nelle mani della persona giusta.

Come tante altre cure, se pensiamo alle terapie domiciliari, all’idrossiclorochina, all’ivermectina, alle cure vitaminiche, tutte o per lo più la maggior parte di queste furono avocate dal Ministero della Salute in una maniera irriguardosa e mal governata, nell’attesa che si rivelassero inutili o inefficaci, per far posto così all’ingresso di diverse strade terapeutiche.

Oggi è troppo tardi, sappiamo benissimo che le cure c’erano, ci sono e funzionano, ma è troppo tardi perché nessuno potrà restituirci un grande uomo.

Tuttavia, le istituzioni possono porre un rimedio e riconoscere il merito postumo al lavoro di Giuseppe De Donno, riconoscere la validità di una cura anche se contraria a una politica o a un’ideologia di politica sanitaria, e allinearsi a ciò che il popolo italiano, i medici italiani, gli scienziati e la comunità scientifica hanno già riconosciuto e tributato al professor De Donno”.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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