Il prof. Fulvio Di Blasi lancia una accusa precisa e circostanziata: le tesi difensive dei medici a Norimberga sono le stesse usate in pandemia: il singolo deve cedere all’interesse generale, i farmaci sperimentali sono pratica comune.
Ne parla ricollegandosi “al processo famoso che è uno dei 13 che ci furono a Norimberga, quello contro i medici nazisti che avevano operato nei campi di concentramento.
Ci sono degli atti molto voluminosi di questo processo, migliaia di pagine di tutti i veri processi e se non ricordo male questo ha un volume veramente enorme di almeno 2.000-2.500 pagine.
La medicina che vogliamo deve tornare un po’ a quello che è il trauma etico che ha portato poi ai principi di etica medica che si sono sviluppati nel corso poi della seconda metà e che hanno avuto anche come inizio poi la grossa spinta propulsiva alla dichiarazione universale dei diritti.
L’uomo di cui ormai non si parla quasi più, ma è stata un passo da gigante nell’evoluzione della protezione dei diritti della persona, che ha un’evoluzione storica molto lunga, fuori proprio da quello che è stato il nazismo.
A quei tempi, per quanto riguarda appunto il caso medico, come probabilmente vi ricorderete, si trattava soprattutto di sperimentazione senza consenso sui esseri umani per sperimentare soprattutto vaccini, per cui il tema è molto adatto a quello che è successo in fase di pandemia.
Ci troviamo in questo momento è una situazione paradossale.
I collegamenti con Norimberga ovviamente ci sono stati, molti sono chiesti se siamo di fronte a un caso simile a quello del medical case.
Io direi che siamo di fronte a un caso quasi identico, con l’eccezione che in questo caso il nazismo convolge tutti gli stati del mondo, diciamo tutta la politica del mondo, e che sembra che si sono rivoltate completamente le parti.
Una cosa interessantissima di quel processo è leggere le testimonianze. Voi dovete pensare che questi giudici, si è creato questo tribunale straordinario, ora non vi faccio l’iter storico, ma questi giudici a un certo punto dovevano decidere e dovevano giudicare dei medici, per cose legate alla pratica medica. Allora cosa hanno fatto? Mancavano dei principi da utilizzare nel contesto di quel tribunale, però volendo fare una operazione secondo una certa giustizia universale, per vari motivi anche un apogeo del diritto naturale, chiamarono a testimonianze medici importanti da tutto il mondo, esperti di questioni di etica, per interrogarli su quali erano i principi da utilizzare con i pazienti e quei principi dovevano diventare parte del processo decisionale dei giudici per poter decidere se condannare o assolvere gli imputati.
In questo processo quindi si susseguono sia i testimoni dell’accusa e della difesa, i avvocati della difesa sono tutti tedeschi, e sia vengono interrogati i medici, sia quelli chiamati come periti, tra virgolette, per ricostruire principi di etica ad applicare, sia i medici stessi che sono imputati.
Leggendo queste testimonianze veramente sembra di ripercorrere il dibattito giornalistico e politico di questi anni di pandemia, con l’eccezione che i tentativi di difesa di medici nazisti coincidono con le giustificazioni pubbliche date nel periodo della pandemia.
Vanno lette queste testimonianze, perché sono molto ben argomentate, sono testimonianze che spesso fanno gli avvocati in un processo.
Per esempio alcuni avvocati dicono ma ormai è pratica universale la medicina, fornire farmaci sperimentali ai pazienti senza informarli su quelli che sono veramente rischi, che magari non riuscirebbero neanche a capire quindi che importa farlo.
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.
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