La Corte di Giustizia europea conferma la possibilità di obbligo di test diagnostici e quarantena per i viaggi in pandemia, purché le misure siano proporzionate all’obiettivo

In una situazione di pandemia, uno Stato membro può vietare i viaggi non essenziali verso altri Stati membri classificati come zone ad alto rischio sulla base della situazione sanitaria ivi presente. Può anche imporre alle persone che entrano nel suo territorio l’obbligo di sottoporsi a test diagnostici e di osservare una quarantena. Tali regole, tuttavia, devono essere motivate, chiare, precise, non discriminatorie e proporzionate. Esse devono inoltre poter essere oggetto di ricorso. Lo ha stabilito la Corte di giustizia europea nella causa C-128/22.

Nel marzo 2020, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha qualificato l’epidemia di coronavirus COVID-19 come pandemia. Il Belgio ha quindi vietato i viaggi non essenziali in partenza da o a destinazione di paesi classificati come «zone rosse» a causa della situazione sanitaria ivi presente. Inoltre, qualsiasi viaggiatore proveniente da tali paesi doveva sottoporsi a un test diagnostico e osservare una quarantena. Nel luglio 2020 la Svezia è stata per un breve periodo classificata come «zona rossa» dalle autorità belghe.

A seguito di tale classificazione, la NORDIC INFO, un’agenzia di viaggi specializzata nei viaggi in Scandinavia, ha annullato tutti i viaggi previsti fra il Belgio e la Svezia. Essa ha successivamente chiesto il risarcimento del danno così subito. Un tribunale belga ha chiesto alla Corte di giustizia se il diritto dell’Unione ostasse alla normativa belga. La Corte precisa che uno Stato membro può, per lottare contro una pandemia quale il Covid-19, vietare i viaggi non essenziali verso o in partenza da altri Stati membri classificati come «zona rossa». Tale Stato può altresì imporre alle persone che entrano nel suo territorio l’obbligo di sottoporsi a test diagnostici e di osservare una quarantena.

Tali misure, che sono restrittive della libera circolazione all’interno dell’Unione europea, possono essere adottate con una disciplina di portata generale. Una disciplina del genere deve tuttavia essere motivata e contenere norme chiare e precise, la cui applicazione deve essere prevedibile per i cittadini. Essa deve inoltre essere non discriminatoria e poter essere impugnata nell’ambito di un ricorso giurisdizionale o amministrativo.

Inoltre, tali restrizioni della libera circolazione devono rispettare il principio di proporzionalità. Esse devono quindi essere idonee a realizzare l’obiettivo di sanità pubblica perseguito, essere limitate allo stretto necessario e non essere sproporzionate rispetto a tale obiettivo, il che implica, in particolare, una ponderazione dell’importanza di quest’ultimo rispetto alla gravità dell’ingerenza nei diritti e libertà delle persone interessate.

IMPORTANTE: Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga Direzione della Comunicazione sottoposto un problema simile.

Qui il link al comunicato stampa: https://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2023-12/cp230185it.pdf

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1- Obbligo vaccinale per i sanitari non irragionevole né sproporzionato per la Corte Costituzionale

2- Per la Corte Costituzionale il tampone non può sostituire la vaccinazione per il personale sanitario

3- Pubblicata la sentenza sull’obbligo vaccinale: perché è inammissibile se si lavora da remoto

4 – La sentenza della Corte, contraria alle precedenti, che dichiara illegittimo l’obbligo vaccinale per i militari: La sentenza della Corte Costituzionale che toglie l’obbligo vaccinale alle forze dell’ordine

5- Sentenza della Corte Costituzionale 20 luglio 2023: La corte costituzionale insiste sull’obbligo vaccinale. Irricevibile il ricorso di uno psicologo che lavorava a distanza

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