“Diventa sempre più complicato fermare la guerra, ma è ancora possibile, se le mire di Putin si limitassero al Donbass. – spiega Paolo Magris, vice presidente dell’Ispi – Putin ha fatto qui quello che ha fatto negli anni passati in Moldavia e in alto territori: riconosce dei pezzi dei paesi su cui ha delle mire, manda dei soldati a presidiare e lascia questi conflitti congelati per impedire che questi paesi possano entrate nella Nato.
Se un paese che vuole entrare nella Nato ha al suo interno una contesa territoriale, un conflitto congelato, non può entrate nella Nato.
Se si ferma lì la situazione resterà tesa, ma le sanzioni non saranno forti. Se, invece, ha altre mire, o se si crea un conflitto interno al paese il quadro diventa molto più catastrofico.
I nervi sono tesi anche tra i nazionalisti ucraini, che sono duri e puri su questo tema. E’ qui che può scattare lo scontro tra i vari gruppi di difesa.
La Nato ha già chiarito da tempo che non interverrà, ma le sue promesse di non intervento dipendono da quello che succederà all’interno del paese.
Non c’è stata annessione, c’è stato riconoscimento. Putin non ha alcun interesse ad annettere il Donbass, perché se lo annette diventa parte della Russia e non è più quel pungolo, che impedisce all’Ucraina di entrare nella Nato. Finché c’è un conflitto anche congelato questo non è possibile”.
Il Donbass si trova nel bacino del Donec, dal nome dell’omonimo fiume che lo attraversa. E’ una zona dell’Ucraina orientale al confine con la Russia, che si estende in tre oblast’ (regioni), tra cui quello di Doketsk, la città principale. Con la ‘madre Russia’ c’è un legame antico, rafforzato da una chiesa ortodossa locale che si è staccata da quella ucraina per legarsi a Mosca. Le condizioni di vita della popolazione sono peggiorate dopo che è uscito dalla Russia, ed è per questo che gran parte della popolazione è filo-russa.
