“Le norme che hanno imposto la vaccinazione anti-covid per l’accesso al lavoro sono discriminatorie”, avv. Antonietta Veneziano

Le norme che hanno imposto la vaccinazione anti-covid per l’accesso al lavoro sono discriminatorie. La denuncia arriva dall’avvocato Antonietta Veneziano di Avvocati Liberi.

“È quanto stabilito dal Tribunale Civile di Firenze, che con ordinanza emessa il 20 novembre 2023 nell’ambito di un giudizio ex art. 702 bis c.p.c., ha accolto la domanda della ricorrente di accertamento della natura discriminatoria della sospensione comminata in forza del D.L. n. 44/2021 impositivo dell’obbligo di vaccinazione per i sanitari, condannando l’azienda sanitaria convenuta non solo al pagamento delle retribuzioni dovute durante il periodo di sospensione, ma anche al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla discriminazione subita.

Il Giudice del Tribunale di Firenze ritiene applicabile al caso oggetto di giudizio la normativa antidiscriminatoria sull’accesso al lavoro prevista dalla Direttiva 2000/78 CE, recepita in Italia con il D. Lgs. n. 216/2003, che mira ad assicurare la parità di trattamento in relazione all’accesso e alle condizioni di lavoro, intendendo quali condotte discriminatorie dirette ed indirette quelle basate sulla religione, le convinzioni personali, gli handicap, la nazionalità, l’età e l’orientamento sessuale.

Con argomentazioni logiche ineccepibili, e basandosi sul fatto notorio della inefficacia dei vaccini anti covid 19 ad impedire la catena del contagio, ma anche a prevenire la malattia severa da covid (come emerge dal report INAIL sulle infezioni nei luoghi di lavoro dell’agosto 2022) il Giudice di Firenze conclude che la sospensione delle persone non vaccinate prevista dalle norme italiane ha natura discriminatoria,  in assenza di prova sulle finalità di protezione sociale e tutela della salute, fatte salve dalla disciplina anti discriminazione.

Oltre alla dichiarazione della natura discriminatoria delle norme impositive dei vaccini anti-covid, gli altri aspetti salienti della pronuncia riguardano:

📌la possibilità di adire il giudice ordinario e la competenza territoriale del giudice del luogo del domicilio del lavoratore, espressamente previste dalle norme che regolano il procedimento per l’azione promossa ai sensi del D. Lgs. n. 216/2003;

📌l’affermazione che la condotta discriminatoria possa essere messa in atto anche da una disposizione e dunque da una norma di legge;

📌la risarcibilità del danno non patrimoniale, che come da giurisprudenza consolidata in materia non deve essere dimostrato, ma è in re ipsa in conseguenza della discriminazione subita, avendo una componente sanzionatoria e natura ultracompensativa in considerazione delle finalità dissuasive delle normativa antidiscriminatoria”.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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