Lasciata morire: lo stato ordina la morte di una bambina, i medici sono complici? …il tutto per il suo bene

Lo stato inglese ha deciso per la morte. Indi Gregory, la piccola sulla cui vita è stata presa questa terribile decisione è affetta da una malattia del Dna mitocondriale. Ha 8 mesi quindi è nata a marzo 2023, ha otto mesi. Dal diritto alla morte si passa a quello di lasciar morire il tutto per dare dignità alla vista di questa bambina, dove sono i medici che dovrebbero aiutarla a vivere non a morire? Chi non si oppone è complice. Che fine ha fatto il giuramento di Ippocrate?  Nel frattempo questa notte a Gaza sono morti due neonati, perché è saltata la corrente e le incubatrici hanno smesso di funzionare.

Si proteggono le api, l’ambiente, ma Indy viene lasciata morire di fame e di sete per giorni…

La storia ritorna per analogia. Cominciò così l’olocausto con la morte compassionevole per anziani, malati, persone affette da demenza, diversi, inutili per la società. poi si passò ai dissidenti, agli ebrei, a chi dava solo fastidio…

“La ragione della decisione sarebbe nella necessità di evitarle un accanimento terapeutico ma la bambina ha appena 8 mesi e i genitori vorrebbero assisterla finché ce la farà e per questo non hanno dato il consenso a staccarle l’ossigeno. La Corte inglese distorce la Convenzione di New York e quella dell’Aja riconoscendo ai medici e arrogando a sè il diritto di stabilireche la vita di Indi può essere spezzata. È impossibile non riconoscere la presenza dello stesso approccio ideologico eutanasico che aveva caratterizzato il programma nazista Aktion T4 con il quale venivano eliminate le vite difettose, le vite “indegne di essere vissute”, commenta l’avvocato Roberto Martina di Avvocati Liberi. “Non si trovano le parole per descrivere e condannare un tale orrore ma valga anche qui il principio che “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Questo resta un omicidio di Stato, ennesima conferma della fatiscenza di una certa magistratura supina che non fa i conti con la propria indipendenza e purtroppo abbiamo conosciuto bene anche nella più alta Corte italiana…. e che dovrebbe scontare una pena esemplare”.

“La vicenda della piccola Indi Gregory conferma 3 derive: in nome della “qualità della vita” si può togliere la vita, i genitori possono essere esautorati da qualunque decisione, alla faccia delle ciance sulla libertà assoluta prevale la volontà del più forte secondo criteri terzi”, commenta Rinascita Lombardia

 “Non può essere lo Stato a decidere cosa è meglio per me e per i miei figli”, commenta Raffaella Regoli. “Abbiamo visto dove ci ha portato questo presunto bene comune e l’arroganza di uno stato che si è sostituito persino a Dio”

Come ha spiegato Dean Gregory, alla piccola è stato tolto il ventilatore e messa una “maschera per l’ossigeno che potrà tenere per una settimana”. L’uomo si è detto arrabbiato perché “il Regno Unito ha condannato a morte una bambina ancora viva invece di accettare l’offerta dell’Italia di curarla senza alcun costo per il governo britannico”. Il nostro Paese, infatti, aveva conferito la cittadinanza italiana alla piccola nella speranza di poterla trasferire all’ospedale Bambino Gesù di Roma, che si era detto disponibile a ricoverarla.

“È un mondo dove sta scomparendo la pietà, non solo quella spirituale del Cristianesimo,  ma perfino quella naturale, insita nell’anima umana”, commenta Massimo Viglione. “È significativo che a comminare il sacrificio umano siano i rappresentanti della giustizia: segno inequivocabile che la Giustizia ha lasciato questo mondo” e invita tutti a prendere una posizione. “O di qua, o di là. E chi non sceglie, ha già scelto. Ci riconosciamo tra di noi”. 

“Lo stillicidio di azioni necessarie per evitare l’uccisione di una bambina da parte delle istituzioni rende l’idea di quanto fare il bene sia oggi faticoso e dello scontro con il male che è in atto nelle nostre società. E indica la lotta cui siamo chiamati”, commenta Martina Pastorelli.

 Monsignor Corrado Sanguineti, il vescovo di Pavia invita tutti “alziamoci in piedi per dire il nostro no:  non vogliamo essere complici e corresponsabili della morte di Indi con il nostro silenzio e la nostra indifferenza.

Al di là delle valutazioni mediche, qui sono in gioco beni essenziali calpestati da uno  Stato che assomiglia sempre più al “Leviatano” evocato dal filosofo inglese Thomas  Hobbes: uno Stato che ha potere di vita e di morte suo suoi cittadini. I beni che qui sono  conculcati sono la vita di una creatura umana, alla quale si rifiutano cure essenziali  (ventilazione e alimentazione): davanti all’impossibilità di guarire, si rinuncia a curare. Ma  quanti malati, di ogni età e condizione, sono curabili ma non guaribili! Con il paravento di  un presunto accanimento terapeutico – che non sussiste nel caso di Indi – la medicina  rinuncia alla sua missione e la magistratura inglese promuove un “favor mortis” al posto  del naturale “favor vitae”. Inoltre si privano di fatto dei genitori della patria potestà, senza  motivi che giustifichino una tale decisione, e si fa della loro bambina una “proprietà” dello
Stato che legifera sulla sua vita e sulla sua morte”.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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