Giornalismo: il mercato editoriale si sta spostando dai proprietari dei giornali a quelli delle piattaforme, Padre Benati

“Vediamo tutte le revenue di quello che è un settore industriale, un comparto industriale spostarsi improvvisamente dalle testate editoriali o dai posti di chi possedeva prima questi strumenti di mercato, che erano anche i mezzi di comunicazione ai possedili piattaforme. Ecco, questo è un cambio di potere. Se non è un cambio tecnologico ma anche un cambio di potere, ahimè l’etica entra immediatamente in gioco nella sua forma sostanziale, cioè quella di interrogare, nella forma se vogliamo socratica, diversi stakeholders per chiedersi che cosa significhi questa trasformazione”, denuncia Padre Paolo Benati al convegno “L’algoritmo al servizio dell’uomo: comunicare nell’epoca dell’intelligenza artificiale”.

“Il diritto romano ci diceva che la proprietà era connessa all’usus e alla bostust, cioè la possibilità di usare o di distruggere qualcosa. Ci diceva anche che chi aveva la proprietà aveva diritto anche al fructus, cioè alla possibilità di poter gestire i proventi dall’uso di quel determinato bene. La licenza sul software ci toglie il fructus.

Il fructus è nelle mani di chi sostanzialmente possiede il software. Ecco, penso che il mondo della comunicazione e il mondo del giornalismo siano particolarmente toccati da tutto questo.

Questa trasformazione, direbbe Paul Ricardo a ne appenster, ci chiede di pensare perché, una volta che la applichiamo a delle strutture sociali già caratterizzate o strutturate in una certa maniera, questa scissione del fructus e questo fatto che l’hardware o l’infrastruttura, se vogliamo, rischi di diventare commodity del software, produce o può produrre effetti di notevole sconvolgimento di alcune relazioni fisiche.

Pensiamo al mondo del giornalismo, che in Italia è protetto da un ordine. Che cosa voglia dire?

Che tutto l’hardware, compresi i giornalisti, ma anche le redazioni, possano diventare commodities di piattaforme e software che stanno all’interno di questo. In poche parole, questo è il pretesto. Ma questo pretesto parla a un contesto, parla a qualcosa che descrive che cosa sta succedendo in questo momento in vari mondi, compreso il mondo della comunicazione.

C’è una missione fondamentale che ha il giornalismo nelle democrazie, che è quella di nutrire quella scommessa fondamentale che c’è al cuore di ogni democrazia. Noi crediamo che il nostro sistema sociale si tenga perché i nostri cittadini possono prendere decisioni che hanno un senso. Quindi da una parte siamo chiamati a riscoprire questa vocazione altissima del giornalismo, dall’altra a tutelarla e non scordiamoci che il giornalismo può funzionare solo se un comparto industriale, il comparto industriale del giornalismo, può sopravvivere. Il trasferimento di poteri, il fatto che il fructus possa essere trasferito fuori da un ambito industriale a cui fino ad ora apparteneva e il fatto che l’utente possa, citando il Papa, diventare cibo per algoritmi, sono tre elementi che concorrono a descrivere questa sfida.”

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