“Per costruire la pace dobbiamo uscire dalla logica della legittimità della guerra”, Papa Francesco alle Nazioni Unite

“Per costruire la pace dobbiamo uscire dalla logica della legittimità della guerra: se essa poteva valere nei tempi passati, nei quali i conflitti armati avevano una portata più limitata, oggi, con le armi nucleari e di distruzione di massa, il campo di battaglia è diventato praticamente illimitato e gli effetti potenzialmente catastrofici. È venuto il tempo di dire seriamente “no” alla guerra, di affermare che non le guerre sono giuste, ma che solo la pace è giusta: una pace stabile e duratura, non costruita sull’equilibrio pericolante della deterrenza, ma sulla fraternità che ci accomuna. Siamo infatti in cammino sulla stessa terra, tutti fratelli e sorelle, abitanti dell’unica casa comune, e non possiamo oscurare il cielo sotto il quale viviamo con le nubi dei nazionalismi. Dove andremo a finire se ciascuno pensa solo per sé? Perciò quanti si adoperano per la costruzione della pace devono promuovere la fraternità. È un lavoro artigianale che richiede passione e pazienza, esperienza e lungimiranza, tenacia e dedizione, dialogo e diplomazia. E ascolto: ascolto del grido di chi soffre a causa dei conflitti, in particolare dei bambini. I loro occhi solcati dalle lacrime ci giudicano; il futuro che prepariamo loro sarà il tribunale delle nostre scelte presenti”, così Papa Francesco si è rivolto alle Nazioni Unite.

“La pace è possibile, se veramente voluta! Essa dovrebbe trovare nel Consiglio di Sicurezza «i suoi caratteri fondamentali, che un’errata concezione della pace facilmente fa dimenticare: la pace dev’essere razionale, non passionale, magnanima, non egoista; la pace dev’essere non inerte e passiva, ma dinamica, attiva e progressiva a seconda che giuste esigenze dei dichiarati ed equanimi diritti dell’uomo ne reclamano nuove e migliori espressioni; la pace non dev’essere debole, inetta e servile, ma forte sia per le ragioni morali che la giustificano, e sia per il compatto consenso delle Nazioni che la devono sostenere».

Siamo ancora in tempo per scrivere un nuovo capitolo di pace nella storia: possiamo fare in modo che la guerra appartenga al passato e non al futuro. Le discussioni in seno al Consiglio di Sicurezza a questo sono ordinate e a questo servano. Vorrei sottolineare ancora una volta una parola, che amo ripetere in quanto reputo decisiva: fraternità. Essa non può rimanere un’idea astratta, ma deve diventare il punto di partenza concreto: è infatti «una dimensione essenziale dell’uomo, il quale è un essere relazionale. La viva consapevolezza di questa relazionalità ci porta a vedere e trattare ogni persona come una vera sorella e un vero fratello; senza di essa diventa impossibile la costruzione di una società giusta, di una pace solida e duratura».

Per la pace, per ogni iniziativa e processo di pace assicuro il mio sostegno, la mia preghiera e quella dei fedeli cattolici. Auspico di cuore che non solo il Consiglio di Sicurezza, ma tutta l’Organizzazione della Nazioni Unite, tutti i suoi Stati membri e ciascuno dei suoi funzionari, possano rendere un servizio efficace all’umanità, assumendo la responsabilità di custodire non solo il proprio avvenire, ma quello di tutti, con l’audacia di rinnovare ora, senza paura, ciò che occorre per promuovere la fraternità e la pace dell’intero pianeta. «Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9).

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