“Siamo arrivati a pensare che nel nome della vita possiamo abolire la vita”, Marcello Veneziani

“La mia preoccupazione è che quella cappa che abbiamo sperimentato durante la pandemia diventerà una norma quotidiana”, così si è espresso Marcello Veneziani a Quarta Repubblica. “Entrerà nelle nostre teste, nelle nostre abitudini, nel nostro modo di pensare. Un po’ attraverso una rete di restrizioni, di vigilanza e di controlli si produrrà questa sorta di cappa permanente che ci impedirà di vedere il cielo aperto e ci farà vivere in una atmosfera opprimente, uniforme, esattamente come una cappa”

Il problema è che le limitazioni sono state messe per il virus? “Il virus è l’occasione, ma non è la causa. Il virus ha dato la possibilità di agire. Se noi pensiamo a tutte le implicazioni che il controllo digitale produrrà, se pensiamo a tutte le limitazioni della libertà, che abbiamo accettato come un fatto naturale, siamo entrati nell’ordine di pensare che nel nome della vita è possibile limitare la vita”, spiega il filosofo.

“Il principio di tutelare la salute, naturalmente, rientra nei nostri diritti – continua – ma quando una società è totalmente subordinata all’idea della salute e si sacrifica ogni altra cosa: la libertà, la dignità, la possibilità di agire, di capire, di conoscere, di avere rapporti con gli uomini per lungo tempo, allora comincia ad essere un grandioso alibi, che pur trae fondamento da un fatto reale, il contagio, un alibi che può diventare il pretesto per instaurare un sistema dolcemente totalitario”.

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