Retrospettiva dedicata all’opera di Jean-Marie Barotte alla fabbrica del vapore di Milano

La Fabbrica del Vapore di Milano accoglie, dal 5 al 31 ottobre prossimo, la prima importante retrospettiva dedicata all’opera di Jean-Marie Barotte (1954-2021), organizzata e promossa dal Fonds Barotte Madau e Fabbrica del Vapore con l’associazione T.Art a cura di Chiara Gatti, Marco Bazzini e la direzione artistica di Maria Cristina Madau.

Nato nel 1954, da padre francese e madre italiana, frequenta gli ambienti della scena culturale milanese, in particolare abbraccia il mondo del teatro di ricerca, diretto dal grande regista e pittore Tadeusz Kantor. A partire dalla fine degli Ottanta, Barotte sente l’esigenza di sviluppare un proprio linguaggio espressivo: i primi disegni nascono durante le tournée, nelle camere d’albergo in giro per il mondo. Da qui inizia il suo percorso come artista, per dare una nuova forma al proprio pensiero, giungendo infine alla pittura.

Il mondo espressivo dell’artista prende spunto e ispirazione dalla letteratura e dalla filosofia e da corso ad un viaggio interiore. I legami con l’opera letteraria di Edmond Jabès, l’opera poetica di Paul Celan, il percorso spirituale di San Juan de la Cruz, l’opera filosofica di Jacques Derrida, ispirano l’artista in una continua ricerca sul campo che unisce filosofia e pittura. Le sue opere testimoniano una profonda riflessione, formale e concettuale, nella serie ispirata alla Noche oscura del alma di San Juan de la Cruz conduce dall’oscurità alla luce: neri vellutati fanno affiorare un lontano barlume e rivelano una via alternativa all’oscurità, dando forma a quel continuo dialogo tra la vita ed il suo limite.
Le opere di Jean-Marie Barotte sono soglie che si affacciano verso visioni di altri, possibili mondi, che l’artista svela allo spettatore. Crea le condizioni formali per condurci davanti all’abisso per contemplarlo senza paura.
L’allestimento trasformerà per la prima volta gli spazi della Fabbrica del Vapore in un labirinto di stanze, studioli claustrali o piccole wunderkammer, connesse fra loro a evocare il flusso dei pensieri.
La mostra traccia la riflessione dell’artista dal 1987 con Au commencement était le signe, l’inizio del suo percorso pittorico durante le tournée internazionali con il teatro, fino a Tout se tient en équilibre précaire, realizzato nel dicembre 2020, un mese prima della sua morte.

Il senso profondo dei suoi silenzi e delle sue assenze è da considerarsi una lunga meditazione che si manifesta attraverso la sua ricerca, le materie impalpabili, le forme, i segni, i neri alchemici dai quali emerge la luce e il colore. La sua pittura si esprime come una poesia muovendosi tra continui rimandi filosofici. Jean-Marie Barotte, nel corso della sua inesausta ricerca sui mezzi e sul linguaggio della pittura, ha creato il suo proprio nero fumo attraverso una tecnica personale, sedimentando con ritualità la cenere, “ciò che resta del fuoco”. Jean-Marie Barotte ha usato la scrittura poetica e filosofica come detonatore pittorico, affidando all’immagine ciò che il fuoco lasciava.

“La sopravvivenza di Barotte alla sua scomparsa, da intendersi come la fine della sua personale rappresentazione e l’inizio della leggenda dell’artista, viene celebrata in questa mostra con una precisa intenzione progettuale: riattivare il pensiero filosofico dell’artista attraverso la sua produzione pittorica. La mostra dedicata a Jean Marie Barotte concentra l’attenzione sulla manifestazione concreta del suo pensiero, è un viaggio all’interno dei meandri del suo pensiero”, afferma Maria Fratelli, Direttrice della Fabbrica del Vapore.

“L’eredità ideale dei classici ha portato Barotte a riflettere – sottolinea la curatrice Chiara Gatti – sul linguaggio stesso della pittura contemporanea come frutto di una rilettura del passato e della sua interpretazione in chiave attuale. Segno, tono, velo, nero e luce fanno infatti parte di un lessico che deve le sue origini all’insegnamento di autori del XVII secolo che hanno studiato l’ombra come luogo delle possibilità.

“Il piccolo formato utilizzato da JMB è il desiderio di trasportare su tela il gesto minimo, sussurrato più che tracciato dall’azione del pittore. Si tratta di un’approssimazione al silenzio che squarcia il campo del vedere per aggiornare lo sguardo oltre l’immediatezza del nostro reale. Riporta a uno spazio della cura che significa inclinazione verso l’altro, anche quando l’altro è la minuta superficie che accoglie i colori.” Marco Bazzini

La mostra sarà accompagnata da un catalogo monografico edito da Silvana Editoriale
con testi critici di Marco Bazzini, Chiara Gatti, Sara Chiappori, Federico Crimi,
direzione artistica Maria Cristina Madau

Orari di apertura mostra:
dal lunedì al venerdì apertura dalle 12 fino alle 20
giovedì dalle 12 fino alle 22
sabato e la domenica apertura continuata dalle 10 alle 20.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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