I costumi di Marco Polo in mostra a Venezia dai bozzetti originali di Sabbatini per la Rai

La straordinaria avventura sulla Via della Seta del più famoso mercante e viaggiatore, rivive anche attraverso i costumi di scena dell’indimenticabile sceneggiato: Marco Polo, la grande produzione RAI trasmessa tra il 1982 e 1983, ancora oggi una delle serie televisive di maggior successo della rete, primo prodotto realizzato in collaborazione tra una tv occidentale e una cinese, trasmessa in ben 46 Paesi. Una produzione colossale, un cast internazionale, una sfida creativa, scenografica e allestitiva che torna in parte, in scena al Museo di Palazzo Mocenigo con una trentina di costumi provenienti dal set e bozzetti originali, frutto di quattro anni di studio e preparazione del film e foto di scena nella mostra Marco Polo. I costumi di Enrico Sabbatini . Un omaggio al grande costumista attraverso il lavoro di Stefano Nicolao e del suo atelier: è con il kolossal che il sarto veneziano avvia la sua carriera, quando, nel 1980, fu chiamato proprio da Sabbatini per lavorare in condizioni estreme, in Nepal, sulla catena dell’Himalaya per realizzare costumi e scene che rappresentassero il passaggio dalla Persia alla Cina. Abiti che divennero motivo di orgoglio per gli abitanti coinvolti nelle riprese e, come ricordato dal regista Montaldo, spesso venivano portati fuori dal set e fatti ammirare dalla dal resto della comunità.

 

Con Marco Polo il nome di Sabbatini divenne noto anche oltreoceano, portandolo a firmare i costumi di alcune produzioni hollywoodiane e ricevendo numerose nomination agli Emmy Awards, per Gesù di Nazareth del 1977 di Franco Zaffirelli, Abramo di Joseph Sargent del 1994, Cleopatra del 1999 di Franc Rodden, e sia un British Academy Award che una candidatura agli Oscar con Mission di Roland Joffé del 1986.

 

La mostra è anche occasione per ricordare il genio creativo di altri due grandi interpreti:Giuliano Montaldo, regista della grande produzione che coinvolse in primo luogo Venezia, con l’invenzione di una Piazza San Marco di fine Duecento, sull’isola del Lido, a Malamocco; Ennio Morricone, che del film firma la straordinaria colonna sonora.

 

Un’avventura nell’avventura, quella di una “sartoria mobile” organizzata da Nicolao con artigiani locali, superando barriere e difficoltà geografiche, climatiche culturali e linguistiche. Andai in Tibet a realizzare i costumi, non portai nulla da qui se non le idee – ricorda Nicolao – a Katmandu cominciammo a cercare gli accessori e gli oggetti, ma anche a trovare i materiali e i tessuti e fare le tinture con questi artigiani, ma molti materiali e molte cose non si trovavano: sembrava ancora di essere a fianco di Marco Polo, nel suo tempo. Realizzai così scarpe, strumenti musicali, tutto quello che ci serviva per le cavalcature, dalle selle alle bardature. Dovevo organizzare tutto, perché saliti sulla montagna non avremmo avuto l’elettricità e avremmo dovuto cucire esclusivamente a mano. E così fu con questo gruppetto di sarti riuscimmo a partire con già dei costumi pronti: al campo base a 3200 metri, io alla sera tagliavo e loro di giorno cucivano: costumi molto rustici, fatti di lana e cuciti a mano, sembravano veramente usciti da un archivio medievale. Questo fu l’inizio di una bellissima carriera che mi ha portato ad avere rapporti con teatri internazionali, con produzioni oltreoceano, e che esaltano Venezia nel mondo”.

 

 

Biografia

Enrico Sabbatini (Spoleto, 7 gennaio 1932 – Ouarzazate, 25 novembre 1998) è stato collaboratore di Ettore Scola, Francesco Rosi e Giuliano Montaldo. Firma i costumi di alcune produzioni di Hollywood e riceve nomination all’Emmy Award per Cleopatra e Abramo, per Gesù di Nazareth regia di Zeffirelli e la British Academy Award per Mission,  candidato anche all’Oscar. Tra i suoi film più recenti Sette anni in Tibet. Tra i titoli più noti delle serie televisive a cui lavora, Gesù di Nazareth, La Bibbia e Il settimo papiro. Muore in un incidente stradale in Marocco, dove si trovava per lavorare sul set della fiction Cleopatra. Il Paese africano era, da tempo, la sua seconda patria: negli studi cinematografici di Ouarzazate, mèta di alcune delle più importanti fiction internazionali, aveva collaborato alla creazione di un laboratorio di costumi nel quale sono stati addestrati decine di artigiani marocchini.

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