Parenti non fatti entrare nella salta d’attesa del pronto soccorso: “non lo possono fare, sono delle istituzioni pubbliche nelle quali si può entrare perché si è cittadini italiani”, avv. Fusillo

“Al pronto soccorso non lasciano entrare i parenti, sappiamo per quale motivo…”, denuncia l’avv. Alessandro Fusillo. L’avvocato Fusillo non vede ragioni valide per cui i parenti debbano essere esclusi dalla sala d’attesa. “Nella sala d’attesa non vedo perché i parenti o comunque gli amici o chi accompagna la persona che sta lì in attesa non possano entrare,” dichiara con fermezza. L’avvocato richiama l’attenzione sul fatto che gli ospedali sono istituzioni pubbliche e, in quanto tali, devono garantire l’accesso ai cittadini italiani. “Di fatto gli ospedali sono delle istituzioni pubbliche nelle quali si può entrare perché si è cittadini italiani,” prosegue Fusillo, ponendo l’accento sul diritto di accesso che spetta a chiunque si trovi in una situazione di necessità o urgenza.

“Allora, bisognerebbe valutare, nel senso che un conto è la sala d’attesa, un conto è il settore del pronto soccorso dove effettivamente si somministrano le prime cure.” Fusillo evidenzia che vi è una distinzione chiara tra le aree del pronto soccorso: da una parte la sala d’attesa, dove i pazienti aspettano di essere visitati, e dall’altra le zone operative, dove si effettuano le prime cure mediche. “Sicuramente nel momento in cui il paziente viene effettivamente trattato e al pronto soccorso magari ci sono feriti, ci sono situazioni di allarme, può essere razionale che non ci siano tutti i parenti,” afferma l’avvocato, riconoscendo che in certe situazioni potrebbe essere giustificato limitare l’accesso per motivi di sicurezza e organizzazione del lavoro.

Inoltre, l’avvocato critica quella che percepisce come un’eccessiva discrezionalità da parte del personale dirigente degli ospedali. “Non è che il direttore sanitario o il direttore del pronto soccorso può trasformarsi in una sorta di piccolo tiranno che fa il bello e il cattivo tempo,” afferma con tono deciso. Fusillo sottolinea che, sebbene sia necessario rispettare le esigenze operative e di sicurezza, queste non devono sfociare in comportamenti autoritari che ledano i diritti dei cittadini. “Non lo può fare perché non è suo il pronto soccorso e perché non ha questi poteri,” aggiunge, riferendosi all’operato dei direttori sanitari.

L’avvocato conclude riconoscendo che ci sono situazioni, come nel caso di trattamenti su pazienti gravemente feriti, in cui la presenza di troppe persone potrebbe interferire con le operazioni mediche. “Con le dovute eccezioni, perché magari se uno sta ricucendo qualcuno che è gravemente ferito, che sta sanguinando, è chiaro che non ci possono stare in mezzo tante persone,” afferma Fusillo, specificando che tali limitazioni devono essere motivate da ragioni di “organizzazione razionale del lavoro” e non da un esercizio arbitrario del potere.

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