Video rimosso da YouTube: condanna a risarcire 200mila euro (circa 5mila al mese) al mese a chi è stato demonetizzato per le “Norme sulla disinformazione in ambito medico relativamente al Covid-19”

Google Ireland Limited condannata a risarcire 200mila euro (circa 5mila al mese) al mese a chi è stato demonetizzato su YouTube. Le “Norme sulla disinformazione in ambito medico relativamente al Covid-19” non sono applicabili al rapporto contrattuale per cui è causa e la disattivazione della funzione di monetizzazione non può trovare giustificazione in tali Norme (rectius, nella violazione delle stesse).

“Il prof. Avv. Augusto Sinagra e l’Avv. Lorenzo Minisci hanno ottenuto un grande successo giudiziario contro la CENSURA e contro l’abuso della DISINFORMAZIONE da parte della piattaforma YouTube di Google Ireland Ltd”, comunica.Avvocati Liberi

“La decisione avrà un impatto dirompente nei confronti di tutti gli Utenti di YouTube, in particolare per coloro che in forma individuale o associata o professionale, si siano dedicati a produrre o condividere contenuti, attività giornalistica o informativa in ambito sanitario durante l’epoca pandemica”, trovate la sentenza in fondo all’articolo.

“Nel casus belli è accaduto che Google, nel febbraio 2021, disattivava la funzione di monetizzazione di YouTube (che consente di beneficiare di inserzioni a pagamento) ad una nota emittente radiofonica della capitale, adducendo che sul quel canale venivano caricati alcuni video “disinformativi” in ambito sanitario Covid-19 non conformi alle policy del Programma partner della piattaforma – e, dunque, contrarie alle previsioni contrattuali- che avrebbero consentito al gestore del social network l’esercizio della facoltà di disattivare unilateralmente la funzione di monetizzazione.

La sentenza del Tribunale di Roma dichiarava che le Norme sulla monetizzazione previste da YouTube nel contratto stipulato con l’Utente -tra cui sono comprese le cd. norme della community-, non prevedevano “che la questione della epidemia da Covid-19” rientrasse nel catalogo delle espresse condizioni legittimanti l’esercizio della sospensione dei servizi contrattuali contemplate dalle Norme stesse quali spam, pratiche ingannevoli, frodi, nudità e contenuti di natura sessuale, sicurezza dei minori, molestie e cyberbullismo.

Il Giudice capitolino precisava che, “sebbene la convenuta abbia prodotto in giudizio una pagina web contenente un elenco per materia della norme della community, tra le  quali figurano anche le Norme sulla disinformazione in ambito medico relativamente al Covid-19 … è del tutto evidente che tali regole siano state introdotte dopo la conclusione del contratto tra le parti, cioè dopo il manifestarsi della nota epidemia, sicché su di esse non può essersi formata quella concorde volontà negoziale dei contraenti che è invece indispensabile affinché le disposizioni contrattuali possano essere efficaci e avere forza di legge tra le parti (art. 1372 c.c.)”.

E siccome in astratto si potrebbe pensare che, in presenza di particolari condizioni in un preciso contesto storico, sia consentito al Gestore di modificare nel corso del tempo le regole sui contenuti dei video da caricare nei canali YouTube, nel caso di specie le modifiche contrattuali da apportare al contratto sulla adesione al “Programma Covid”, per renderle efficaci, avrebbero dovuto essere oggetto di specifica comunicazione scritta da Google all’Utente prima della loro applicazione (cosa che non risultava essere stata effettuata).

In definitiva, quanto fatto da YouTube (Google) -così come fatto da altri gestori delle principali piattaforme social e dei principali motori di ricerca a livello planetario- nella aggressiva e pervicace condotta di salvaguardia della particolare politica sanitaria Covid19 sfruttando la propria posizione dominante nel contratto per reprimere il pensiero critico, l’opinione opposta, la preoccupazione, la conoscenza o l’analisi sanitaria nociva alla policy interna, è stata considerata come una condotta contrattuale abusiva del Gestore, il quale ha modificato unilateralmente un contratto avente ad oggetto una attività lecita dell’Utente (cioè la divulgazione di opinioni sull’epidemia contrarie o scettiche rispetto alle indicazioni delle autorità sanitarie).

Principio applicabile non solo per chi è stato demonetizzato, ma anche per chi ha subito cancellazioni di contenuti, di post o, addirittura, di interi canali o pagine, o anche da chi è stato messo in ombra (cd shadow banning).

Risultato?

Google è stata condannata a pagare all’utente abusato ben 200mila euro di risarcimento (circa 5mila euro al mese)”.

La sentenza integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI ROMA Sezione Diciassettesima Civile

in persona del giudice, dott. , ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 66590 del Ruolo Generale per gli Affari Contenziosi dell’anno 2021, ritenuta in decisione su conclusioni precisate all’udienza del 28 febbraio 2024, vertente

TRA

in persona del legale rappresentante pro tempore, dott., elettivamente domiciliata in Roma, al viale presso lo studio degli avv.ti Augusto Sinagra e Lorenzo Minisci che la rappresentano e difendono in virtù di procura in calce all’atto di citazione ATTRICE

E

GOOGLE IRELAND Limited, in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. Graham Law, elettivamente domiciliata in Roma, alla via Marche, nn. 1-3, presso lo studio legale degli avv.ti rappresentata e difesa in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta CONVENUTA

OGGETTO: azione di adempimento contrattuale; risarcimento danni

CONCLUSIONI DELLE PARTI: Per l’attrice: “… accertare e dichiarare l’avvenuto inadempimento contrattuale da parte di Google Ireland Limited per tutte le ragioni esposte, ed in particolare per aver operato in data 2.2.2021 la disattivazione della funzione di “monetizzazione” del canale Radio Radio TV operante sulla piattaforma digitale YouTube, gestita e di proprietà della Google Ireland Limited, in assenza di violazioni delle norme contrattuali da parte di per l’effetto, condannare la Google Ireland Limited, in persona del legale rappresentante pro-tempore, all’immediata riattivazione del servizio di “monetizzazione” del canale YouTube https://www.youtube.com/c denominato nonché al risarcimento dei danni in favore della per tutto il periodo di mancata “monetizzazione” del canale, quantificabili alla data odierna in euro 80.000,00 cui doversi aggiungere tutte le somme che matureranno sino alla pronuncia della sentenza definitiva, tenendo presente che per ogni mese in cui il servizio è risultato, e risulterà, disattivato, si registra una perdita di euro 10.000,00 mensili, somme queste rappresentanti il mancato guadagno che l’attrice ha perduto in forza della legittima disattivazione del servizio di “monetizzazione”. Con vittoria di spese e compensi professionali”.

Per la convenuta: “… rigettare le domande avversarie in quanto inammissibili e infondate per i motivi indicati negli scritti difensivi del presente procedimento. Con vittoria di spese e onorari del giudizio”.

MOTIVI DELLA DECISIONE • Rilevato che con atto di citazione notificato nell’ottobre 2021 la soc. ha convenuto in giudizio, dinanzi a questo Tribunale, la soc. Google Ireland Limited al fine di sentirla condannare alla riattivazione del servizio di monetizzazione del canale YouTube https://www.youtube.com/c denominato e nonché al risarcimento dei danni da essa subiti a causa della disattivazione del predetto servizio, operata dalla convenuta nel febbraio 2021 in violazione degli obblighi discendenti dal contratto stipulato tra le parti; • Che, a sostegno delle proprie domande, l’attrice, premesso di aver concluso con la Google Ireland un contratto per l’attivazione di una propria utenza sul social network YouTube, ha in sintesi dedotto che il 2 febbraio 2021 la convenuta aveva disattivato la funzione di monetizzazione, che consente di beneficiare di inserzioni a pagamento, adducendo che sul canale sarebbero stati caricati alcuni video non conformi alle norme del Programma Partner di YouTube, quello che appunto permette la detta monetizzazione; che in realtà essa attrice aveva sempre rispettato le previsioni di legge e di contratto e che pertanto la disattivazione del servizio disposta dalla controparte costituiva inadempimento; che in conseguenza dell’altrui inadempienza non aveva potuto incamerare gli introiti pubblicitari conseguibili mediante la funzione di monetizzazione e aveva così subito un danno ammontante a circa €10.000,00 mensili dalla data della disattivazione; • Che la Google Ireland Limited, costituitasi in giudizio, ha dedotto l’infondatezza della domanda avversaria e ne ha pertanto chiesto il rigetto; • Considerato che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (cfr. ex multis, Cass. sez. un., 30.10.2001, n. 13533; Cass., 1.12.2003, n. 18315; Cass., 11.10.2003, n. 15249; Cass., 7.3.2006, n. 4867); • Che nella specie l’attrice ha senz’altro assolto l’onere (a suo carico) di provare la fonte negoziale dell’altrui obbligazione di cui lamenta l’inosservanza, essendo infatti del tutto incontroverso che le parti hanno concluso un contratto che prevede l’attivazione di un’utenza sul social network YouTube, con la possibilità per l’utente di caricare video sul canale ad esso assegnato e di beneficiare altresì di inserzioni a pagamento (cd. servizio di monetizzazione); • Che l’attrice ha altresì assolto il suo onere di allegazione, avendo specificamente contestato l’altrui inadempimento, consistente nella mancata esecuzione, a decorrere dal febbraio 2021, di una delle prestazioni previste contrattualmente, appunto costituita dal servizio di monetizzazione; • Che la società convenuta, pur ammettendo di aver disattivato la funzione di monetizzazione, ha dedotto che la sua condotta è stata conforme alle previsioni contrattuali, che invero consentono al gestore del social network la disattivazione del servizio per cui è causa allorché l’utente violi le specifiche regole concernenti i contenuti dei video caricabili sui canali YouTube (in buona sostanza la convenuta, sostenendo che il proprio rifiuto di mettere a disposizione dell’utente il servizio di monetizzazione sia giustificato dall’altrui violazione delle regole contrattuali sui contenuti caricabili, ha sollevato un’eccezione di inadempimento); • Che, più in particolare, secondo la Google Ireland Ltd. alcuni dei video caricati dall’attrice non avrebbero rispettato le norme sulla disinformazione in ambito medico relativamente al Covid-19, dalla cui violazione discende appunto la facoltà del gestore del social network di disattivare la funzione di monetizzazione; • Che tuttavia dai confusi e disordinati documenti contrattuali prodotti in giudizio – che nei propri atti difensivi la convenuta ha spesso citato richiamando il solo numero dell’allegato documentale, senza indicare l’articolo, la clausola o la pagina del documento recante le disposizioni negoziali rilevanti – non risulta che la Google Ireland avesse per contratto la possibilità di disattivare il servizio di monetizzazione offerto all’attrice in conseguenza di violazioni delle norme sulla disinformazione in ambito medico relativamente al Covid-19; • Che, invero, le Norme sulla monetizzazione di YouTube invocate dalla Google Ireland (v. doc. 31 fascicolo convenuta), richiamate dal regolamento negoziale sui requisiti di idoneità per la partecipazione al Programma partner (v. doc. 44 fascicolo convenuta), prevedono sì la possibilità di sospendere l’utente dal menzionato Programma in caso di violazione delle Norme stesse, tra cui sono comprese anche le cd. norme della community (v. pag. 4 del doc. 31), ma in tali ultime norme quali elencate alla pag. 1 del citato doc. 31 non si fa alcun riferimento alla questione della epidemia da Covid-19, essendo invece contemplate questioni diverse (spam, pratiche ingannevoli, frodi, nudità e contenuti di natura sessuale, sicurezza dei minori, molestie e cyberbullismo, incitamento all’odio, etc.); • Che, sebbene la convenuta abbia prodotto in giudizio una pagina web contenente un elenco per materia delle norme della community, tra le quali figurano anche le “Norme sulla disinformazione in ambito medico relativamente al Covid-19” (v. doc. 30 produzione convenuta), e un’ulteriore pagina web nella quale vengono riportate nel loro dettagliato contenuto queste “Norme sulla disinformazione in ambito medico relativamente al Covid-19” (v. doc. 29 fascicolo convenuta), è del tutto evidente che tali regole siano state introdotte dopo la conclusione del contratto tra le parti, cioè dopo il manifestarsi della nota epidemia, sicché su di esse non può essersi formata quella concorde volontà negoziale dei contraenti che è invece indispensabile affinché le disposizioni contrattuali possano essere efficaci e avere forza di legge tra le parti (art. 1372 c.c.); • Che peraltro non vi è neppure prova che le “Norme sulla disinformazione in ambito medico relativamente al Covid-19” siano state adottate prima della determinazione della convenuta di disattivare la funzione di monetizzazione (le copie delle pagine web contenenti dette norme riportano la data del 6 maggio 2021 mentre la pagina web contenente le “Norme sulla monetizzazione dei canali YouTube”, che è stata prodotta in una copia riportante la data del 20 maggio 2021 e che, come detto, non contiene alcun riferimento alla questione del Covid-19, esordisce con le seguenti parole: “Ultimo aggiornamento: ottobre 2020”); • Che, benché in astratto sia certo consentito alle parti stabilire contrattualmente che le regole sui contenuti dei video da caricare sui canali YouTube vengano dal gestore modificate nel corso del tempo, nel caso di specie risulta che le modifiche contrattuali, per essere efficaci, avrebbero dovuto essere oggetto di specifica comunicazione scritta all’utente (in questo senso cfr. pag. 3 delle “Norme sulla monetizzazione dei canali YouTube” di cui al doc. 31 fascicolo convenuta, in cui si stabilisce che “YouTube modifica e migliora costantemente il Servizio, adattandosi al mondo che ci circonda. Potremmo dover modificare i termini e condizioni o le norme che si applicano all’utilizzo del Servizio, compresi i Termini di servizio e i Termini del Programma partner di YouTube, le nostre norme e altri documenti contrattuali, per riflettere cambiamenti al nostro Servizio o per motivi legali, normativi o legati alla sicurezza. Ti invieremo una comunicazione scritta se effettueremo modifiche che possono avere un impatto su di te. Se non dovessi accettare i termini modificati, dovrai interrompere l’utilizzo della funzionalità pertinente o risolvere il tuo contratto con noi”); • Che, in senso del tutto analogo si esprimono i “Termini di Servizio”, subordinando la possibilità di modifica unilaterale del contratto da parte del gestore all’invio tramite email di un apposito preavviso (cfr. pag. 16 dei “Termini di Servizio” di cui al doc. 2 fascicolo convenuta nel quale viene precisato quanto segue: “Qualora dovessimo modificare sostanzialmente il presente Contratto, daremo all’utente un preavviso di almeno 15 giorni tramite email e la possibilità di rivedere le modifiche eccetto (1) nel caso del lancio di nuovi servizi o funzionalità, oppure (2) in situazioni urgenti quali evitare il protrarsi di un’attività illecita o soddisfare requisiti legali. Quando informiamo l’utente delle modifiche, forniamo la nuova versione dei termini sottolineando le modifiche sostanziali. Se non accetti i nuovi termini, devi rimuovere i tuoi contenuti e non usare più i servizi. L’utente può decidere di risolvere il suo rapporto con Google in qualsiasi momento chiudendo il proprio Account Google”); • Che nel caso in esame, pur non essendo dubbio che le nuove norme dettate dalla Google Ireland in materia di contenuti relativi al Covid-19 incidessero in modo sostanziale sulla posizione della società attrice, ponendo vincoli all’attività giornalistica ed informativa cui essa è dedita, non risulta che la convenuta abbia inviato alla stessa un’email o una diversa comunicazione scritta per informarla delle modifiche effettuate e consentirle di scegliere se adeguarsi o recedere dal contratto; • Che neppure potrebbe sostenersi che le “Norme sulla disinformazione in ambito medico relativamente al Covid-19” costituissero dei meri aggiornamenti delle norme della community di cui l’utente era tenuto ad informarsi in quanto – al di là del fatto che nei documenti contrattuali non si è rinvenuta alcuna disposizione che imponga all’utente un obbligo di informarsi sugli aggiornamenti delle norme, disposizione invero neppure indicata dalla convenuta, che nei suoi scritti conclusivi ha tentato di fare riferimento al suo doc. 97 da cui in realtà non si ricava alcunché – come già dianzi accennato la materia relativa all’epidemia non figurava tra quelle originariamente menzionate nelle “Norme sulla monetizzazione dei canali YouTube”, per cui l’introduzione di ulteriori regole in questa materia non può ricondursi al concetto di “aggiornamento”, ma integra una vera e propria modifica delle condizioni contrattuali; • Che, invero, mentre le originarie norme della community impedivano o limitavano la diffusione di contenuti di per sé illeciti siccome contrari alla legge o al buon costume (frodi, incitamento all’odio, molestie, etc.), le nuove norme sui contenuti in ambito medico relativamente al Covid-19 tendono a porre dei vincoli con riguardo ad un’attività che in sé non è illecita (la divulgazione di opinioni sull’epidemia contrarie o scettiche rispetto alle indicazioni delle autorità sanitarie e della prevalente comunità scientifica), ragion per cui la loro introduzione non poteva non incidere sulle condizioni di utilizzo del servizio offerto dal gestore del social network, e dunque rappresentava modificazione dei termini contrattuali da effettuare nel rispetto della procedura suindicata; • Che è peraltro irrilevante indagare se la stessa sia in qualche modo venuta a conoscenza, a prescindere dalla comunicazione individuale che doveva per contratto esserle inviata, dell’introduzione, tra le norme della community, delle “Norme sulla disinformazione in ambito medico relativamente al Covid-19” giacché, come si ricava dalla ridetta previsione dei “Termini di Servizio”, la procedura di modifica del contratto prevede un preavviso funzionale alla possibilità di una discussione (ed eventualmente rinegoziazione) delle modifiche introdotte (“daremo all’utente… la possibilità di rivedere le modifiche”), discussione che nella specie è stata invece del tutto esclusa; • Che, pertanto, avendo la Google Ireland omesso di rispettare la procedura contrattualmente stabilita per la modificazione delle norme destinate a regolare il rapporto negoziale con l’odierna attrice, le “Norme sulla disinformazione in ambito medico relativamente al Covid-19” non sono applicabili al rapporto contrattuale per cui è causa e la disattivazione della funzione di monetizzazione non può trovare giustificazione in tali Norme (rectius, nella violazione delle stesse); • Che, contrariamente a quanto dedotto dalla convenuta nella propria memoria di replica, il tema dell’applicabilità delle Norme di cui trattasi al caso di specie non è stata introdotta per la prima volta dall’attrice nella sua comparsa conclusionale giacché, tutt’al contrario, sin dall’atto introduttivo non solo ha assunto di aver divulgato contenuti in linea con le Norme relative all’ambito sanitario, ma ha anche lamentato l’assenza di una specifica regola contrattuale che consentisse alla controparte di sospendere il servizio di monetizzazione (v. pag. 9 dell’atto di citazione: “è preciso onere di Google indicare la fonte normativa, sia la precisa regola violata, e la condotta che ha integrato una simile violazione”; v. anche pag. 13 del medesimo atto, ove si discorre di “arbitrio inaccettabile, che non è neppure contemplato, né esplicitamente né implicitamente, dalle regole per l’uso del social network”); • Che la disattivazione della funzione di monetizzazione, impedendo all’attrice di beneficiare delle inserzioni pubblicitarie e dei relativi proventi, ha senz’altro causato alla stessa un danno patrimoniale; • Che la sussistenza del danno, quantificato dalla stessa sulla base di un grafico dei guadagni realizzati negli ultimi anni (v. doc. 12 fascicolo attoreo), non è stata oggetto di specifica contestazione da parte della convenuta che, a ben vedere, si è limitata a sollevare generiche obiezioni sul valore probatorio del documento prodotto dall’attrice, senza però discortoscere l’effettiva realizzazione di introiti pubblicitari da parte dell’utente grazie al servizio di monetizzazione (v. Cass., 27.8.2020, n. 17889, secondo cui affermare che la controparte non ha offerto la prova di un fatto non equivale a contestarlo specificamente ai sensi dell’art. 115 c.p.c.); • Che, tuttavia, come correttamente rilevato dalla Google Ireland Ltd., dal grafico suddetto emerge un ricavo medio conseguito dall’attrice che si attesta intorno ai 5.000,00 euro mensili e non già ai 10.000 euro al mese indicati nell’atto di citazione; • Ritenuto che, alla luce delle considerazioni che precedono, la Google Ireland Limited debba essere condannata, da un lato, alla riattivazione della funzione di monetizzazione sul canale YouTube denominato, dall’altro, al risarcimento in favore dell’attrice del danno da essa subito, che può quantificarsi, sulla base di una valutazione equitativa, in €200.000,00 (€5.000,00 * 40 mesi); • E che le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, debbano seguire la soccombenza;

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra domanda, istanza od eccezione disattesa, così provvede:

  1. condanna la Google Ireland Limited a riattivare la funzione di monetizzazione del canale YouTube denominato;
  2. condanna la Google Ireland Limited al pagamento, in favore della, della somma di €200.000,00;
  3. condanna la Google Ireland Limited al pagamento, in favore della, delle spese del giudizio che liquida in €12.000,00 per compensi professionali, oltre oneri di legge.

Roma, 5 giugno 2024 Il Giudice

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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