La legge non è stata al passo della globalizzazione, l’analisi della costituzionalista Carmela Capolupo

 “Globalizzazione:  ho scoperto che esiste un vocabolario con più di 6.000 significati”, spiega la costituzionalista Carmela Capolupo dell’Università Federico II di Napoli, durante l’evento di informazione sui nuovi contratti OMS (22 e 23 Marzo 2024 a Bolzano e Trento). “Prendiamo quello più buono, una maggiore integrazione tra paesi e popoli del mondo, determinata dall’enorme riduzione dei costi di trasporto, eccetera, eccetera. Quindi una definizione che mi fa piacere, perché evoca un ideale della redistribuzione delle risorse, della conoscenza reciproca, della unificazione dei popoli, ci rimanda all’immagine di una giustizia sociale che ovviamente piacerebbe a tutti e d’altro canto voglio dire nell’epoca in cui noi viviamo negare che le persone, l’umanità abbiano una vocazione internazionale significa a mio parere collocarsi fuori dal tempo e quindi è qua diciamo il punto da cui muove il costituzionalista dice che cosa va a vedere, ma rispetto a questo modello di sviluppo di governo globale, che si è sviluppato con una rapidità incredibile, io credo che sia un processo che è scappato dalle mani anche degli studiosi, cosa vede il costituzionalista? Che simmetricamente non c’è stato un processo altrettanto rapido di riconsiderazione sul piano istituzionale delle implicazioni destinate a ripercuotersi sulle competenze di altri soggetti, come se fossero due fenomeni, sono due fenomeni che camminano a velocità diverse e quindi praticamente viene in mente proprio una citazione della Commissione internazionale, che è un organo sossidiario dell’ONU che nasce con la funzione della promozione della codificazione dei diritti internazionali, quindi questo è l’ONU che fa questa affermazione, secondo cui non esistono un unico ordine giuridico né un governo globale, esistono molti regimi settoriali senza che bene sia uno gerarchicamente sovra-ordinato.
E allora qua, diciamo, sorge il problema, che è tipico problema del costituzionalista, è che qualunque cosa si voglia dire, qualunque cosa si possa pensare, non si può prescindere da una ricollocazione dei diritti fondamentali, che non sarà facile, non è facile perché da un lato questi diritti hanno un carattere che è universalizzante, c’è poco da fare, ma contemporaneamente devono soddisfare ancheun’altra condizione potenzialmente confliggente che è quello di essere ancorati alla specificità storica di ciascun popolo.
Quindi noi dobbiamo mettere insieme queste due esigenze potenzialmente contrastanti. L’universalità dei diritti rimanere ancorati alla specificità della nostra storia e del nostro volto. Come se ne esce? La formula io non ce l’ho. Esiste una formula che contiene di mantenere fermo il principio della sovranità popolare e contemporaneamente proiettarlo in una dimensione globale.
Un passaggio dell’enciclica di Benedetto XVI spiega il criterio guida per la collaborazione fraterna di credenti e non credenti è senz’altro il principio di sussidiarietà, espressione dell’inalienabile libertà umana. Essa può dar conto sia della molteplice articolazione dei piani e quindi della pluralità dei soggetti, eccetera, eccetera.
Che cosa ci dice? La globalizzazione ha certo bisogno di autorità in quanto pone il problema di un bene comune e globale da perseguire. Tale autorità però dovrà essere organizzata in modo sussidiario e poliarchico, sia per non ledere la libertà, sia per risultare concretamente efficace.
Sapete qual è il compito paradossalmente universale delle Nazioni Unite? Sembra un paradosso. Compito universale delle Nazioni Unite è quello di salvaguardare l’autonomia nell’epoca della globalizzazione, della deterritorializzazione, della produzione globale delle regole”.  

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