“Al potere non piace che vengano portati alla luce i suoi altarini …così Assange sta vivendo il suo martirio”, Moni Ovadia. “Noi dobbiamo diventare tutti Assange, diventare veramente attivisti, non solo nell’espressione, ma nei nervi e nella carne”

“Il potere, qualunque esso sia, anche il migliore, ha sempre cercato di nascondere qualcosa. Al potere non piace che vengano portati alla luce i suoi altarini”, denuncia Moni Ovadia a Bologna.

“Parlano di democrazia, ma pensano ad altro. La democrazia va bene, fra virgolette, fino a quando non mi mette in difficoltà, fino a quando non mi rimette in discussione. Julian Assange, un uomo straordinario di un coraggio veramente raro, sta vivendo il suo martirio.

Perché? Perché contro di lui c’è in atto una vendetta.

Cosa ha fatto di male? Niente, si è limitato a rivelare dei segreti di Stato. Ma se c’è la democrazia, io posso aspirare ad essere il Papa, anche se non c’è bisogno perché Francesco fa bene la sua parte. Gli Stati Uniti, come dice da decenni il grande Noam Chomsky, sono un’oligarchia. Sono poteri economico-finanziari e militari che tengono in mano il paese, lo tengono anche per i testicoli.

Non è Moni Ovadia che dice questa cosa, che conta meno del due di picche, ma lo denunciava negli anni ’50 già l’ex capo di stato maggiore dell’esercito degli Stati Uniti. Parliamo della fine degli anni ’50, uno degli uomini che ha vinto la seconda guerra mondiale insieme a Churchill e a Stalin.

Piaccia o non piaccia, la seconda guerra mondiale è stata vinta anche dai sovietici, guidati dall’allora segretario generale del Partito Comunista, Stalin. Poi si può parlare di Stalin e di altro, ma questa è una verità indiscutibile.

È evidente che Assange ha osato qualcosa che il potere della sedicente democrazia statunitense non può tollerare per una ragione ulteriore a quella che, diciamo, spinge ogni potere a cercare di tappare la bocca a chi dice la verità. Oramai non c’è nulla di più pericoloso. C’è anche altro.

Assange, con le sue rivelazioni e il suo lavoro di giornalista d’inchiesta, ha mostrato che il re è nudo. Il potere degli Stati Uniti ha saputo veicolare nel mondo la propria immagine con i propri sistemi di informazione, di comunicazione, musica, televisione, raccontandosi sempre come quelli buoni, come quelli che vogliono salvare il mondo, che vogliono salvare dai cattivi, che poi erano i nativi americani.

Poi, grazie al cinema indipendente e a tanti scrittori o storici, abbiamo scoperto che in realtà i bianchi protestanti sono stati i criminali che hanno perpetrato un genocidio contro il popolo nativo americano.

Poi ci hanno raccontato un’altra frottola, quella del Centro America, dottrina Monroe del 1823, “è il giardino di casa nostra”. Non si capisce perché, però questa era la dottrina Monroe.

Poi in Sud America la guerra con la Spagna. E poiché gli spagnoli avevano una colonia nelle Filippine, essendo stati sconfitti, gli Stati Uniti sono andati a occupare le Filippine, dominando migliaia di persone attraverso il loro sistema economico, militare e finanziario.

Assange ha frantumato la maschera della propaganda, mostrando i crimini perpetrati dagli Stati Uniti d’America, che, parlo solo del secondo dopoguerra, non hanno fatto altro che scatenare guerre.

Essendo Assange uno che ha toccato un nervo scoperto, lo odiano a morte.

Perché lui non solo ha denunciato crimini, ma ha smascherato la maschera che faceva degli americani quelli buoni, che fanno le guerre per la democrazia, che fanno le guerre, come si chiamano, umanitarie.

È arrivato il momento che noi cerchiamo di risvegliare una cosa che purtroppo si è profondamente addormentata, narcotizzata.

Una volta dicevamo che, quando venivano i fascisti, nasceva il sonno della ragione. Oggi c’è qualcos’altro: il sonno delle coscienze. È ora che noi, proprio su Assange e sugli altri, risvegliamo le coscienze, facciamo capire che questi uomini, in particolare Assange, stanno vivendo un martirio per noi, perché potessimo essere liberi. E non si è liberi se non si sanno le cose. Non si può essere liberi se non si è informati sulla verità dei fatti, sulla loro complessità, sulla loro articolazione. Questo ha fatto per noi Assange e noi abbiamo un debito inestinguibile con lui. Dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere perché lui venga restituito alla sua libertà, alla sua famiglia, perché la sua liberazione corrisponda a un’assunzione di orizzonte che dica: il potere non può conculcare la libera informazione!

Noi dobbiamo sostenere la straordinaria lotta di Assange, dobbiamo stare a fianco a lui, con una presa di coscienza altra rispetto a essere solo attivisti che sostengono. Noi dobbiamo sforzarci di diventare credibili, di diventare veramente attivisti, non solo nell’espressione, ma nei nervi e nella carne, avendo la consapevolezza di essere anche noi Assange. Siamo tutti Assange come oggi siamo tutti palestinesi. Questo è ciò che dobbiamo essere”.

Fonte

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