The future of work: In Italia solo il 20% degli HR è un vero pioniere dell’AI

Qual è l’impatto che sta avendo l’Intelligenza Artificiale sul settore HR? Con quale approccio le direzioni del personale stanno introducendo (se lo stanno facendo) questo strumento nelle loro attività? E quali saranno le sfide da affrontare e le opportunità da cogliere nei prossimi anni, quando la Generazione Alpha entrerà nel mondo del lavoro e si compirà quella che gli esperti definiscono la quinta rivoluzione industriale?

Le risposte a queste domande arrivano da 200 HR Directors italiani intervistati tra marzo e maggio 2024 per l’annuale survey “Future of work”, che in questa occasione ha preso il titolo di “The AI Impact – Come l’intelligenza artificiale sta trasformando il mondo delle risorse umane”, realizzata da Inaz – Osservatorio Imprese Lavoro e Business International, la knowledge unit di Fiera Milano, e commentata dalla curatrice, Danila Scarozza, Associate Professor in Organization Studies di Link Campus University. Uno studio che è stato presentato proprio nella mattina del 12 giugno 2024 a Milano, nel corso del HR Directors Summit, all’interno del Business Leaders Summit, la grande manifestazione dedicata ai migliori C-level dell’impresa contemporanea.

Dalla ricerca emerge, innanzitutto, che l’AI è uno strumento ancora poco presente nelle direzioni HR italiane: il 78,72% delle aziende non la usa, principalmente perché non sa in quali campi applicarla (43% delle risposte alla domanda sulle cause del non utilizzo) o perché mancano le competenze (38%).

Ci sono, però, tre ambiti applicativi che destano curiosità fra le aziende prudenti: recruiting e selezione, pianificazione della formazione e sistemi di valutazione. I primi due risultano anche gli ambiti dove già l’AI è più utilizzata dalle aziende “pioniere”, cioè quelle (1 su 5) che hanno già cominciato a introdurre sistemi di intelligenza artificiale nei propri processi.

In generale, tra i principali vantaggi dell’AI, chi la utilizza indica la possibilità di risparmiare tempo sulle attività routinarie (32,14%) e di ridurre i costi di lavorazione delle pratiche burocratiche-amministrative (24,29%). Emerge inoltre l’opportunità di rendere più sostenibili i carichi di lavoro dei dipendenti, eliminando attività routinarie e ripetitive, e di creare un ambiente più equilibrato e inclusivo, grazie alla riduzione dei bias umani in alcuni processi.

Nello specifico per quanto riguarda recruiting e selezione, circa il 20% dei Direttori HR coinvolti nella ricerca concorda sul fatto che l’utilizzo dell’AI consenta di esaminare un enorme numero di candidature da più portali di lavoro; anche la facilitazione del processo di recruiting (circa il 19% delle imprese) è risultata essere uno dei principali obiettivi perseguiti.

A seguire, sono stati indicati la possibilità di ripescare candidati di valore emersi da precedenti selezioni, la riduzione dei tempi e dei carichi di lavoro per il team HR, la maggiore focalizzazione sulla corrispondenza tra potenziali candidati e posizione lavorativa (14,9%).

Le imprese, inoltre, stanno utilizzando l’AI per accrescere il livello di coinvolgimento e la personalizzazione dell’offerta formativa rivolta ai dipendenti (circa il 17% degli intervistati è d’accordo rispetto a questa affermazione), nonché di migliorare sia l’organizzazione, sia l’erogazione delle attività formative (19,1%).

Si passa poi al focus sui tool di AI oggi più utilizzati nei vari processi. Nel reclutamento e selezione dominano i chatbot e i tool di assistenza virtuale (60% dei casi), assieme ai sistemi informativi di supporto alle decisioni (40%). Nell’ambito della formazione e sviluppo spicca una preferenza per gli strumenti di virtual reality (50%) e per l’AI generativa (40%). Nei sistemi di performance management, i tool di data analitycs risultano essere i più utilizzati (70% delle risposte), seguiti da sistemi informativi di supporto alle decisioni (60%). Nelle attività dedicate all’amministrazione del personale le imprese prediligono gli strumenti di data analytics (70% delle preferenze).

«I risultati confermano che, seppur ancora contenuta, l’integrazione dell’AI nelle risorse umane può rappresentare un’opportunità non per sostituire le competenze umane, ma per potenziarle. Per far questo le organizzazioni sono chiamate non solo a investire in innovazione, ma anche a implementare una strategia HR orientata all’upskilling e al reskilling dei propri collaboratori, rendendoli consapevoli dei benefici e dei potenziali rischi legati a questa trasformazione» spiega la professoressa Scarozza.

«I direttori delle risorse umane, oggi si trovano al centro di una transizione epocale che da una parte chiede loro con insistenza un adattamento tecnologico di sistemi e processi e dall’altra però gli impone di mantenere sempre il cosiddetto “human in the loop”. Chi saprà dare vita a un mix di scelte e decisioni, in grado di creare un equilibrio ottimale tra questi due aspetti, avrà davvero l’opportunità di cambiare volto alla propria organizzazione rendendola più sostenibile, snella, veloce, ma anche attenta alle esigenze e alla valorizzazione del potenziale vero delle persone che, se liberate correttamente dalle proprie incombenze routinarie, potranno concretamente generare a quel punto un vantaggio competitivo per il business, grazie ad attività di grande valore aggiunto» sottolinea Fabrizio Armenia, People & Organization Director di Inaz.

«Questo equilibrio tra tecnologia e umanità è cruciale per il successo organizzativo. E rende le imprese più sostenibili, agili e orientate alla valorizzazione di ciò che noi chiamiamo Human Energy. Ma non basta: l’uso dall’AI nel mondo HR richiede un costante presidio etico e valoriale, un approccio culturale che metta sempre la persona al centro del contesto lavorativo» conclude Linda Gilli, presidente di INAZ e Cavaliere del Lavoro.

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