“in Italia, nel 2024, il codice penale prevede ancora le manette per i giornalisti che dovessero essere riconosciuti colpevoli di diffamazione a mezzo stampa”, spiega Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi.
Recentemente Pasquale Napolitano è stato condannato dal Tribunale di Nola a 8 mesi di carcere, oltre al risarcimento dei danni e delle spese legali, per un articolo sull’ordine degli avvocati di Nola “che non aveva – a nostro parere- elementi di diffamazione e che ha assicurato diritto di replica. Napolitano, cronista 42enne, ha semplicemente svolto il proprio lavoro e la condanna al carcere, seppur con pena sospesa, è una grave ferita che non può passare inosservata. Questo tipo di sentenza mette a rischio l’autonomia dei giornalisti”, si legge in una nota dell’ordine dei giornalisti della Campania al quale il giornalista condannato è iscritto.
“Ma al di là del caso specifico – prosegue Alessandra Costante – quello che la Federazione nazionale della Stampa ripete da anni è che in un Paese democratico punire con la reclusione i cronisti non è accettabile. I giudici fanno il loro lavoro applicando le leggi esistenti. Restiamo in attesa che anche il legislatore faccia il proprio lavoro: recepire le indicazioni della Corte costituzionale e eliminare il carcere dalle pene previste per la diffamazione, senza per questo prevedere sanzioni economiche tanto spropositate da avere sulla libertà di stampa quell’effetto raggelante più volte denunciato nelle sentenze delle Corte europea dei diritti dell’uomo”.
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