Il Green Deal non ha senso, l’unione dell’energia sì, ma Francia e Germania non la vogliono, l’analisi di Sergio Giraldo

L’unione dell’energia ha senso, ha anche molto senso. Il Green Deal no“, denuncia Sergio Giraldo al convegno Verso una nuova Unione dell’energia?.

L’articolo 194 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea si occupa in specifico dell’energia, e dice che le politiche dell’Unione Europea sono tese a quattro cose.

  1. Garantire il funzionamento del mercato dell’energia,
  2. garantire la sicurezza dell’approvisionamento energetico, quindi due garantie,
  3. promuovere lo sviluppo delle fonti rinnovabili 
  4. promuovere l’interconnessione delle reti.

A me sembra che la differenza tra garantire e promuovere sia abbastanza evidente.

Che cosa è stato fatto? Non è stato applicato l’articolo 194 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea fino a oggi, perché si è trascurato completamente la questione della sicurezza dell’approvvigionamento.

Questo è il punto, l’Unione dell’energia a un certo punto è stata totalmente sbaragliata dal concetto del green deal, per cui bisognava a un certo punto investire assolutamente in maniera compulsiva sulle fonti rinnovabili.

I due punti, cioè garantire il funzionamento del mercato, garantire la sicurezza dell’approvvigionamento, significa che il mercato dell’energia deve fondarsi sulla sicurezza ed avere come esito un prezzo equo, perché è questo il punto.  

Si fa il mercato per avere un prezzo che sia trasparente, non per forza basso, ma comunque equo e nella sua formazione prevedibile in qualche modo.

Invece tutto questo non è stato fatto perché questa zoppa unione dell’energia, che man mano si è sedimentata nel tempo, non ci ha tenuto al riparo dagli shock di prezzo.

E cosa è successo? Inizialmente lasciato mano libera alla Germania, che ha sbilanciato l’intero continente nei confronti di un solo fornitore di gas. Cioè l’Europa è stata per lungo tempo dipendente per più del 50% del proprio approvvigionamento da un unico fornitore, la Russia. La Germania ha costruito i propri gasdotti diretti con la Russia. E la radice del problema dei prezzi dell’energia che noi abbiamo visto poi nel 2022 è in realtà lì, perché è nel 2021, nella primavera estate, direi del 2021, che comincia a manifestarsi il problema dei prezzi del gas, perché a un certo punto Gazprom ha smesso di vendere gas a spot in Europa nella primavera estate del 2021 e poi nell’estate non ha riempito quegli stoccaggi tedeschi.

Si è arrivati quindi a settembre, all’improvviso, oddio, non c’è abbastanza gas forse in Germania. Da lì è partita la corsa dei prezzi, quindi ben prima dell’invasione dell’Ucraina, diciamo qualche mese prima.  
E allora, a un certo punto esplode il bubone dei prezzi e che cosa fa l’Unione Europea? Lascia campo libero ai singoli Stati. È chiaro che i singoli Stati hanno più o meno spazio fiscale a seconda di come sono messi dal punto di vista del deficit, del debito, etc., e quindi abbiamo visto che cosa è successo nei conti pubblici della Germania e dell’Italia.
L’Italia ha dovuto indebitarsi, il debito pubblico è ovviamente esploso rispetto a un PIL che era o in contrazione o stabile, diciamo così, e quindi c’è questo problema oggi del fatto che l’unione dell’energia dipende da quanto è unita dal punto di vista fiscale l’unione stessa dell’energia che dovrebbe nutrire, se ad esempio di reti di interconnessione, anche transfrontaliere molto importanti che oggi ancora non ci sono, dipende molto dalla disponibilità di denaro pubblico, non solo per i sussidi ma anche per i finanziamenti o comunque per dare un quadro stabile finanziariamente parlando.
Allora, questo oggi non può avvenire, non può avvenire per due motivi.
Il primo motivo è che se si lascia fare agli Stati, abbiamo una disparità per cui, di fatto, prolungando o perseverando su questa strada, si va verso una disgregazione, di fatto, dell’Unione Europea, perché avremo sempre dei Paesi sempre più indevitati e dei Paesi che investono e si sviluppano di più e qui questa divaricazione, questa asimmetria è alla lunga distruttiva.
Oppure, dall’altra parte, che cosa abbiamo? Abbiamo il nuovo patto di stabilità, ma il nuovo patto di stabilità di fatto impedisce di investire, perché dà priorità al rientro del debito secondo una tabella di marcia anche abbastanza importante e prescrittiva.
La disciplina fiscale a cui è improntata l’Unione europea è drammaticamente contraria alle necessità di uno sviluppo dell’Unione dell’energia.
Noi qui stiamo in presenza di una nuova versione del trilemma dell’energia, che da una parte vede la necessità di avere un prezzo equo, la sicurezza del sistema, ma l’Europa ci aggiunge la disciplina fiscale. Ecco, tutte e tre queste cose non si possono avere. Bisogna essere molto chiari su questo.
A qualcosa bisogna rinunciare. Ora, la mia sensazione onestamente è che una vera e propria unione dell’energia non si farà se non alle condizioni di Francia e di Germania. Tutti gli altri Paesi seguiranno, ma da questo punto di vista io mi permetto di dubitare che avremo mai una vera unione, cioè un mercato interno trasparente e funzionante dal punto di vista energetico, perché mi sembra che né Francia né Germania siano interessati ad averla.

Un allenatore di calcio serbo che si chiamava Vujadin Boskov, che diceva… Rigore è quando arbitro fischia. Allora, qua secondo me, diciamo, unione dell’energia è quando Germania vuole. Mi sembra che Germania non voglia.

Berlino ha appena diffuso qualche giorno fa il proprio piano per l’idrogeno, cioè vogliono fare centrali di produzione di energia elettrica idrogeno, pronti per l’idrogeno. Ha pubblicato questo piano sul sito del governo senza condividerlo con nessuno. Intanto le fanno andare a gas, però sono idrogeno ready, pronti per l’idrogeno. Va bene, diciamo che è vero, però l’hanno messo lì, basta, è finito, per loro è fatto.

E’ unione dell’energia questo, non mi sembra. Perché? Perché è una cosa così grossa, cioè stiamo parlando di 20 o 30 mila megawatt di potenza a gas che dovrà poi andare a idrogeno. È chiaro che è un progetto che coinvolge l’intera Europa, che influenza i prezzi anche italiani, per esempio, perché ormai i mercati sono interconnessi, non perfettamente, ma lo sono comunque. Quindi, io penso sia il momento di essere un po’ pragmatici e non ideologici. Bisogna prendere atto soprattutto, credo, di che cosa non è l’Unione Europea e di cosa non potrà mai essere”.

Fonte

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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