“Dall’analisi trasversale delle maggiori autonomie richieste dalle tre Regioni (Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto) emergono due considerazioni generali”, scrive la fondazione Gimbe. “Innanzitutto, la possibilità di richiedere maggiori autonomie, senza fornire alcuna motivazione, su qualsiasi ambito relativo alla materia “tutela della salute” rende impossibile valutarne le potenziali conseguenze, sia in termini salute individuale e collettiva dei cittadini residenti, sia di aumento delle diseguaglianze tra Regioni e all’interno della stessa Regione. Ovvero, l’attuazione dell’autonomia differenziata in sanità potrebbe avere conseguenze oggi assolutamente non prevedibili in alcun modo. In secondo luogo, i vincoli definiti per le varie autonomie sono estremamente riduttivi, limitandosi al rispetto dei LEA e dei vincoli di bilancio, di fatto gli unici due parametri su cui lo Stato monitora le Regioni. Questo non tiene in alcun conto altri rischi potenziali che dovrebbero essere presi in considerazione perespandere i vincoli: peggioramento delle performance sanitarie nelle altre Regioni e nella propria; aumento delle diseguaglianze nella propria Regione per alcune fasce socio-economiche e per l’area geografica di residenza; aumento del fenomeno della mobilità sanitaria passiva; spostamento di rilevanti quote di offerta sanitaria dal pubblico al privato accreditato; disallineamento dei sistemi informativi sanitari.
Entrando nel merito delle singole richieste:
- Alcune istanze oggi sono fondamentali per fronteggiare la grave carenza di personale sanitario edovrebbero essere estese a tutte le In particolare, la rimozione dei tetti di spesa per il personale sanitario e l’istituzione di contratti di formazione-lavoro (strettamente legati agli accordi con le Università), che andrebbero a sostituire le attuali borse di studio al fine di anticipare l’ingresso nel mondo del lavoro di specialisti e medici di medicina generale.
- Altre forme di autonomia rischiano di sovvertire totalmente gli strumenti di governance dello Stato aumentando le diseguaglianze regionali, proprio in un momento storico in cui la riorganizzazione deiservizi sanitari legata agli obiettivi del PNRR impone di ridurle: dal sistema tariffario, di rimborso, di remunerazione e di compartecipazione al sistema di governance delle aziende e degli enti del ServizioSanitario Regionale, all’autonomia nella determinazione del numero di borse di studio per la scuola di specializzazione e al corso di formazione specifica in medicina generale. In particolare, la direzione impressa alle maggiori autonomie sul sistema tariffario e di rimborso potrebbero determinare ulteriori squilibri tra pubblico e privato accreditato, a vantaggio di quest’ultimo; maggiori autonomie in termini di compartecipazione alla spesa sanitaria potrebbero introdurre ulteriori forme di diseguaglianze sociali; l’autonomia nella determinazione del numero di borse di studio per scuole di specializzazione e medici di famiglia può generare gravi sperequazioni quantitative e qualitative sulpersonale medico dei servizi sanitari regionali; maggiori autonomie sul sistema di governance delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario Regionale rischiano di tradursi in sistemi di gestione delle aziende sanitarie totalmente autonomi, con possibile ulteriore spostamento dell’offerta dal pubblico al privato accreditato. Tutto questo, peraltro, in un momento storico in cui il DM 77/2022 per la riorganizzazione dei servizi sanitari territoriali ha definito standard nazionali, imponendo ad alcune Regioni, ad esempio, di re-introdurre i Distretti precedentemente aboliti.
- Alcune istanze avanzate dalla Regione Veneto risultano in netto contrasto con l’impianto del SSN 39 . Una maggiore autonomia in materia di istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi darebbe il via liberaa sistemi assicurativo-mutualistici regionali sganciati dalla, seppur frammentata, normativa Inoltre, la richiesta di contrattazione integrativa regionale per i dipendenti del SSN, oltre all’autonomia inmateria di gestione del personale e di regolamentazione dell’attività libero-professionale, rischia di concretizzare una concorrenza tra Regioni con trasferimento di personale dal Sud al Nord, ponendo,peraltro, una pietra tombale sulla contrattazione collettiva nazionale e sul ruolo dei sindacati40.
- La richiesta all’AIFA di valutazioni sull’equivalenza terapeutica e le autonomie su distribuzione ed erogazione dei farmaci appaiono ragionevoli, vista anche la supremazia decisionale riconosciuta all’ente regolatore. Nonostante la pubblicazione del Decreto del Ministero della Salute 8 gennaio 2024 3 recante la riorganizzazione di AIFA, tali istanze risultano condizionate dall’avvio della riforma.
- La richiesta di maggiori autonomie per programmare gli interventi sul patrimonio edilizio e tecnologico del SSN è di difficile interpretazione visto che fa riferimento ad “un quadro pluriennale certo e adeguato di risorse”, senza ulteriori specifiche.
Il Report dell’Osservatorio GIMBE “L’autonomia differenziata in sanità” è disponibile a: www.gimbe.org/autonomia-differenziata
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.
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