Un metodo prevalente utilizzato dai cittadini per aggirare i divieti è l’utilizzo di reti private virtuali (VPN). Le VPN crittografano i dati per nascondere la posizione di un utente, simulando che l’utente si trovi in un altro Paese per garantire l’accesso ai siti Web bloccati. Anche se i governi decidessero di disabilitare anche le VPN, ciò creerebbe disagi ai diplomatici stranieri e alle multinazionali. Pertanto, le emittenti di notizie Al Jazeera e la BBC sostengono che è più probabile che i governi si astengano dall’utilizzare i divieti delle VPN5. Una strategia utilizzata dalle organizzazioni per i diritti civili e digitali per contrastare i blackout di Internet sono le sessioni di formazione sulla sicurezza digitale. Imparando di più sulla crittografia e sulla prevenzione della sorveglianza, gli attivisti cercano di gestire le restrizioni su Internet6.
Secondo i dati di Access Now, un’organizzazione globale indipendente per i diritti digitali, le interruzioni di Internet rappresentano un rischio crescente. Nel 2016, il numero di blocchi di Internet in tutto il mondo è stato di 75. Access Now ha contato 108 blackout di Internet nel 2017 e un totale di 188 blocchi di Internet nel 2018. I continenti più colpiti da tali blocchi imposti dai governi sono l’Asia e l’Africa. L’organizzazione ha documentato 310 casi in Asia e 46 casi in Africa tra il 2016 e il 2017. Il numero in costante aumento dei blackout di Internet tra il 2016 e il 2018 dimostra che negli ultimi anni i governi hanno fatto ricorso più frequentemente a questo metodo, rendendolo un rischio crescente.
Tratto da Internet Kill Switch: Risks and Aims of Government-Imposed Internet Shutdowns
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