“In Italia ci sono circa 240 scuole che hanno introdotto il protocollo della cd “carriera alias”, ma di cosa si tratta l’83% degli italiani non lo sa”, denuncia l’Avv. Roberto Martina, avvocato libero.
“Detta in sintesi la carriera alias è una procedura con la quale una scuola accetta di chiamare, indicare e trattare lo studente sulla base dell’identità sessuale (transgender, androgine, intergender, agender, bigender, genderfluid, demigender, intersex, etc, etc, etc) da lei/lui scelta o percepita in quel momento e non invece in base al sesso biologico, modificando il suo nome nel registro elettronico, negli elenchi e in tutti i documenti interni alla scuola.
Tutta la comunità scolastica è chiamata ad adeguarsi a ciò.
Il protocollo viene avviato, senza distinzione, a semplice richiesta dello studente maggiorenne o minorenne a mezzo email inviata alla direzione scolastica, senza necessità di documentazione medica o psicologica di sorta, e senza necessità del consenso dei genitori degli studenti minori.
Questo è un primo aspetto che in relazione al “best interest” dello studente suscita perplessità e preoccupazione.
Un/a ragazzo/a o un adolescente che manifesta incertezze sulla propria appartenenza sessuale, infatti, dovrebbe ricevere sostegno e assistenza qualificata nel momento cruciale del suo sviluppo sino alla definitiva formazione della sua identità sessuale e non, invece, essere assecondato senza la collaborazione della famiglia.
Sotto questo profilo, infatti, la mancanza di una assistenza affettiva e di ogni consenso (magari finanche della conoscenza da parte dei genitori), introduce una sorta di “patto segreto” tra lo studente e la scuola, che ha la conseguenza di allontanarlo dalla sua famiglia, ossia dalla principale fonte di sostegno dei suoi bisogni e unico ambiente in grado di sapere, capire e aiutarlo.
Senza contare poi l’invasione di questa “carriera alias” nel campo delle attribuzioni della potestà e del ruolo genitoriale, principali responsabili della cura, della crescita ed dell’educazione (anche sessuale) dei propri figli.
Sotto l’aspetto giuridico va perciò evidenziato l’incomprimibile diritto dei genitori a essere puntualmente informati di eventuali disagi manifestati dai loro figli minori e di essere coinvolti nelle decisioni che li riguardano; tali prerogative genitoriali sono prevalenti e non incontrano alcun limite nella maggioranza contraria di qualsiasi Consiglio di Istituto.
Il ruolo sovraordinato dei genitori nell’assolvimento del diritto-dovere di educare i figli è tutelato dagli artt. 2, 30, 31 e 19 Cost.; dall’art. 9 CEDU e dalla Conv. Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali con l’art. 2 del Protocollo 1 (diritto all’istruzione); dall’art. 12 e 29 stessa Convenzione e ancora dagli artt. 3 e 14 della Carta dei Diritti Fond. della UE.
Questa proposta delle istituzioni scolastiche, quindi, non è affatto una “soluzione”, quanto piuttosto una risposta sbrigativa e superficiale che, rifiutando di prendere responsabilmente in carico i bisogni dello studente, ne acuisce le criticità.
Ad inserire le “carriere alias” all’interno degli Istituti sono i rispettivi Consigli di Istituto e in concreto i protocolli adottati non sono sempre uguali, anche perché non esistono neanche mere linee guida nazionali a disciplinarle (a legislazione vigente è impossibile).
Dinanzi a questi riferimenti si deve concludere che i Consigli di Istituto che hanno introdotto le carriere alias pongono in essere pratiche pregiudizievoli catapultando studenti sessualmente immaturi in generi diversi o in regimi speciali che potrebbero nuocere loro in via definitiva”.
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.
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