Occorre portare aiuti, è una tragedia vera, ma dobbiamo chiederci anche perché continuano ad accadere questi disastri, non solo in Emilia. Una visione alternativa al catastrofismo climatico, viene concretamente data da Paride Antolini, presidente regionale dell’Ordine dei geologi.
In una lunga intervista al Corriere della Sera spiega “Uffici pubblici sono ridotti allo stremo, in montagna serve la riforestazione e in pianura le casse d’espansione. La siccità non è un problema come si sbandiera”, va gestita come si fa in altri stati, come nella vicina Svizzera.
“Se si rompe un argine, il cambiamento climatico non c’entra nulla. È un problema di manutenzione. Come le strutture, anche i terreni perdono le loro caratteristiche con il tempo. E se non li si osserva, non si può intervenire”, mancano, insomma tecnici e geologi, che impediscano di costruire dove ci irebbero essere allagamenti, nelle zone storiche si deflusso delle acque in momenti di piena e tecnici ed operai che facciano manutenzioni periodiche.
“A livello decisionale bisogna comprendere che gestire una rete così complessa come quella dei corsi d’acqua non ha niente a che fare con l’ordinario”. I soldi, non per la manutenzioni, ma per il personale, “gli uffici, oggi sono a malapena sufficienti per gestire una situazione normale. Manca il personale, soprattutto quello qualificato”.
La soluzione c’è ed è basata sul buon senso: “in montagna con la riforestazione e il mantenimento dei boschi in modo tale da impedire all’acqua di scendere in massa a valle. In pianura allargando le aste fluviali, realizzando casse d’espansione, osservando la condizione degli argini”
“Non si può pensare di eliminare tutta la fauna o di tagliare gli argini: bisogna lavorare preservando l’ambiente. Ma questo si può fare solo investendo su figure professionali necessarie ad impedire che questo accada”, conclude.
Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.
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