“Per noi da soli non ci può essere salvezza: c’è salvezza perché ci sono altri”, Giorgio Agamben

“Per noi da soli non ci può essere salvezza: c’è salvezza perché ci sono altri. E questo non per ragioni morali, perché io dovrei agire per il loro bene. Soltanto perché non sono solo c’è salvezza: posso salvarmi solo come uno fra tanti, come altro fra gli altri.

Sentire e sentirsi, sensazione e autoaffezione sono contemporanei. In ogni sensazione c’è un sentirsi sentire, in ogni sensazione di sé un sentire altro, un’amicizia e un volto.

Quel che ci libera dal peso è il respiro. Nel respiro non abbiamo più peso, siamo spinti come in volo al di là della forza di gravità.

Verso il presente si può solo regredire, mentre nel passato si procede diritto. Ciò che chiamiamo passato non è che la nostra lunga regressione verso il presente. Separarci dal nostro passato è la prima risorsa del potere.

Dovremo imparare da capo a giudicare, ma con un giudizio che non punisce né premia, non assolve né condanna. Un atto senza scopo, che sottrae l’esistenza a ogni finalità, necessariamente ingiusta e falsa. Solo un’interruzione, un istante in bilico fra il tempo e l’eterno, in cui balena appena l’immagine di una vita senza fine né progetti, senza nome né memoria – per questo salva, non nell’eternità, ma in una «specie di eternità». Un giudizio senza criteri prestabiliti e, tuttavia, proprio per questo politico, perché restituisce la vita alla sua naturalezza”.

Giorgio Agamben

Tratto da: Quando la casa brucia

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