I tagli alla sanità aumentano le malattie gravi, per mancata diagnosi, e i costi. Ecco perché

Con i tagli degli ultimi 10 anni alla sanità “sono i bisogni di salute espressi ad essere parzialmente evasi e i bisogni latenti a restare sommersi, senza nessuna risposta, a partire proprio dalla prevenzione, fondamentale per anticipare la comparsa di patologie”, spiega nel suo ultimo rapporto il sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED.

Questo significa ritardare le cure, aumentare le cronicità, o addirittura rendere alcune patologie incurabili e più costose.

Ecco perché il binomio riduzione delle strutture e riduzione del personale comporta la riduzione dei volumi e, di conseguenza, il peggioramento della salute dei cittadini.

Occorre, quindi, invertire la politica sanitaria degli ultimi anni, che ha causato milioni di ricoveri in meno, accessi ridotti in pronto soccorso, milioni di prestazioni ambulatoriali specialistiche non erogate, tempi di attesa infiniti, out of pocket in espansione (da 19 miliardi nel 2010 a circa 35 miliardi nel 2020).

Una politica sanitaria che ha reso il Servizio sanitario nazionale sempre meno pubblico, e che ha costretto i cittadini italiani a curarsi di meno e a spendere di tasca propria sempre di più.

Il quadro che emerge da questa analisi, allora, è una sanità meno equa, meno pubblica, meno sostenibile, indotta negli anni verso un lento declino attraverso interventi finalizzati ad una riduzione progressiva delle risorse umane e strutturali, che non sono state percepite dal cittadino nell’immediato ma che, nel corso degli anni, hanno raggiunto quell’effetto moltiplicatore oggi ben evidente grazie alla pandemia.

E gli effetti sulla salute della popolazione iniziano a manifestarsi:

  • nel 2011 il tasso di mortalità per 1000 abitanti era di 9,9 e la speranza di vita alla nascita di 82 anni;
  • nel 2019 il tasso di mortalità è arrivato a 10,6 e la speranza di vita a 83,2 anni.

Dati che nel 2020 hanno subito alterazioni notevoli a causa del Covid-19:

  • il tasso di mortalità è schizzato a 12,5 e la speranza di vita scesa a 82,1 anni.

Intanto, la mortalità per tumori è aumentata (179.305 i decessi per tumore nel 2019, 175.040 nel 2010), così come quella per diabete mellito, malattie del sangue e disturbi immunitari, malattie del sistema nervoso, polmonite e influenza e – seppur lievemente – del sistema circolatorio.

Nel 2010, il 38,6% della popolazione aveva almeno una malattia cronica e il 20,1% ne aveva almeno due. Nel 2020, entrambi i dati risultavano aumentati: il 40,9% aveva almeno una malattia cronica e il 20,8% ne aveva almeno due.

Un trend di crescita destinato a proseguire nei prossimi anni, che renderà necessario un livello maggiore di assistenza sanitaria”.

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