Con il transumanesimo si vuole portare l’uomo all’immortalità, ma solo una élite, non tutte le persone. La visione dell’israeliano Yuval Harari

“Yuval Harari è il filosofo israeliano, grande consigliere di Schwab, quindi in qualche modo amico intimo di Schwab. Assieme affermano, con altri, che alla fine si giungerà a un momento in cui si potrà scaricare la coscienza”, spiega Gianluca Marletta. “Non stiamo parlando di andarsene a confessare dal confessore. Scaricare la coscienza vuol dire che io potrò applicare delle tecnologie per cui la mia memoria, la mia coscienza, potranno essere scaricate in un computer e in un link universale. Esisterà una sorta di coscienza collettiva, noi potremmo addirittura scambiarci la memoria, scambiarci le coscienze.

È una visione che, da un certo punto di vista, attenzione, al di là di certi accenti che potrebbero forse oggi ancora apparire fantascientifici, ha un carattere quasi messianico.

Ecco, se c’è un qualcosa che i transumanisti hanno in comune con le grandi teologie dell’Ottocento-Novecento, è proprio questo messianismo.

Stiamo arrivando a un momento in cui il mondo sarà completamente trasformato, stiamo per creare una sorta di paradiso in terra. Si torna sempre su questo argomento, dove finalmente la salute sarà assicurata, addirittura sarà assicurata l’immortalità. Harari, in un’intervista rilasciata qualche anno fa, diceva: “Ormai molto probabilmente arriveremo al giorno in cui tre o quattro nerd riuniti in uno scantinato, modificando il DNA, ci renderanno immortali”. Naturalmente non renderanno immortali tutti. Attenzione, perché poi, come tutte le grandi ideologie di tipo messianico-apocalittico – perché di fatto di questo stiamo parlando – stiamo parlando di una sorta di parodia in chiave materialistica e futuristica di tematiche che in fondo sono anche già presenti nel pensiero religioso. Come tutte queste ideologie appunto messianiche ed escatologiche, anche il transumanesimo ha l’idea che questo futuro paradiso non sarà per tutti, stiamo bene attenti, non sarà per tutti, sarà per una minoranza.

Non tutti saranno immortali. Chi sceglierà chi, e in base a cosa? Eh, questo è il grande… guarda, provo a rispondere alle tue due domande con la stessa risposta. In qualche modo, il futuro appartiene a una minoranza. Secondo questo tipo di visione, di stato, di spirito, c’è una minoranza obiettivamente illuminata rispetto alla massa. Da questo punto di vista si riprende anche un po’ una visione un po’ malthusiana dell’Ottocento: cioè la gran massa delle persone, in fondo, è costituita da gente inutile. Lo stesso Harari, sempre nell’intervista che citavo poc’anzi, diceva qualcosa di simile: un giorno una minoranza di uomini arriverà all’immortalità. E questo sarà terribile per la maggior parte degli esseri umani, che non potranno accedere probabilmente a determinate tecnologie. Sarà terribile perché, un tempo, i poveri dicevano: “Sì, d’accordo, il ricco è ricco, però, prima o poi, tanto bene o male, due metri di terreno ce l’avremo tutti quanti, ricchi o poveri”.

Invece, un giorno non sarà più così, perché il ricco potrà permettersi una vita, tra virgolette, eterna, una sorta di indefinito prolungamento dell’esistenza terrena, mentre il povero continuerà a morire come prima.

Allora lui che cosa dice, cosa immagina? Al di là di altri transumanisti che immaginano rimedi molto più drammatici a questa disparità, lui immagina una sorta di soluzione soft. Dice che la maggior parte degli esseri umani in fondo fanno una vita assolutamente inutile. Lui dice: “Se sono degli esseri inutili, riconciliamoli con l’inutilità della loro vita”, e vivranno una sorta di distrazione indefinita fino all’ultimo giorno della loro esistenza. Questa, diciamo, è la versione un po’ più soft dell’elitismo transumanista, perché poi ci sono versioni molto più brutali

Ma a questo punto, però, si aprono una serie di problemi etici. Come facciamo a dire che questo essere sia ancora umano o non lo sia più?”.

Fonte

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