La disinformazione scientifica che ha calunniato l’idrossocloritina a scapito della vita delle persone

E’ sempre più evidente la fragilità dell’etica delle pubblicazioni scientifiche e delle case farmaceutiche. L’Idrossiclorochina è stata calunniata da studi scientifici su riviste prestigiose, ora ritirati, e in Italia vietata da Speranza, mentre è stato spinto per la cura del Covid il remdesivir (qui trovate la scheda tecnica), ora vede il ritiro di alcuni lotti perché mortale, contengono frammenti di vetro. Lo ha annunciato Gilead Sciences.  L’FDA  avverte che le fiale contaminate, distribuite negli Stati Uniti, possono causare ictus e “persino portare alla morte”. Si tratta dello stesso farmaco, che causa molti problemi ai reni, che ci hanno imposto mentre ci impedivano di usare idrossiclorochina e ivermectina, calunniate dai virologi in tv e sugli studi scientifici.

Il ruolo dei Big Pharma nella disinformazione e indottrinamento della popolazione per spingere ad utilizzare farmaci nuovi e con ancora il brevetto è evidente, mentre vengono calunniati quelli il cui brevetto è scaduto anche se sono efficaci.

Ovviamente i fact checker non si muovono per rimuovere tutti gli articoli che hanno ripreso lo studio che sono ancora tra i primi risultati di Google se si digita idrossiclorochina. Questo fatto da solo certifica la qualità del lavoro di chi si proclama sostenitore della verità contro la disinformazione.

“L’idrossiclorochina è un farmaco economico e accessibile, caratteristiche che non si adattano necessariamente al modello di business di un settore che dipende dall’esclusività e dai brevetti per generare reddito”, , denuncia la dottoressa Natalia Prego Cancelo .

La pubblicazione fraudolenta e la sua ritrattazione evidenziano l’uso di dati falsi in uno spettacolo orchestrato e il tentativo di screditare una medicina sicura”

“La decisione di ritirarlo è stata presa a causa di due questioni principali”, scrive Science Direct (qui).
1.Affidabilità dei dati e scelta dei dati. In particolare, il dataset belga è stato ritenuto inaffidabile, in base alle stime.
2.L’ipotesi che tutti i pazienti entrati nella clinica fossero trattati allo stesso modo farmacologico era errata.
I due problemi di cui sopra hanno fatto sì che il caporedattore abbia ritenuto inaffidabili le conclusioni dell’articolo e pertanto l’articolo dovesse essere ritirato”.

“L’articolo”, continua la dottoressa Natalia Prego Cancelo “affermava, senza alcun rigore empirico, che l’uso compassionevole dell’idrossiclorochina (HCQ) durante la prima ondata di COVID-19 aveva causato 17.000 morti, è stato ritirato. In linea di principio si è trattato di un caso di negligenza editoriale, un ulteriore sintomo del marciume strutturale che colpisce alcuni settori dell’industria farmaceutica e scientifica. La pubblicazione originale, approvata da una prestigiosa rivista, era un crudo esempio del dogmatismo che si è infiltrato nel discorso medico, dove i dati vengono manipolati, esagerati o nascosti per servire interessi che non hanno nulla a che fare con il benessere del paziente. È in eventi come questi che diventa evidente la collusione con ciò che conosciamo come “Big Pharma”, quando viene rivelato il suo vero volto.

Ciò che è veramente sconcertante è il numero grottesco di ipotetiche morti che lo studio prevede senza alcuna base affidabile, e la velocità con cui tanti media che nell’era pre-Covid erano presumibilmente seri e scientificamente rinomati, si sono uniti alla crociata per demonizzare l’idrossiclorochina, la cui sicurezza è accertata da secoli. E all’improvviso, senza che le circostanze fossero cambiate negli ultimi 50 anni, ci è stato presentato come una minaccia mortale, senza riguardo ai fatti o alla storia.

L’idrossiclorochina, una discendente diretta del chinino, è utilizzata da secoli con notevole sicurezza. Dalla sua scoperta da parte dei missionari gesuiti nel XVII secolo, al suo uso contemporaneo in malattie come la malaria e il lupus, l’HCQ ha dimostrato una coerenza nel suo profilo di sicurezza che pochi farmaci possono eguagliare. In effetti, la FDA consente ancora il chinino in dosi ricreative nell’acqua tonica venduta nei bar o nelle acque toniche da banco.

Fin dalla sua nascita, l’idrossiclorochina si è distinta per la sua attività antimicrobica, che non si limita solo all’effetto antimalarico. Il farmaco ha mostrato proprietà antifungine, antibatteriche e antivirali che abbracciano un elenco di virus che include virus dell’influenza (A e B), virus dell’epatite B e C e altri importanti agenti patogeni come Zika, Chikungunya, Dengue ed Ebola. Queste scoperte hanno inizialmente posizionato l’idrossiclorochina come un farmaco ad ampio spettro e, forse, un agente rivoluzionario per affrontare nuove minacce virali.

La sua capacità antivirale risiede in diversi meccanismi che, in teoria, sono promettenti. Inibisce la fusione del virus con la cellula ospite, impedendo all’agente patogeno di penetrare e replicarsi all’interno delle cellule umane. Inoltre, si ipotizza che l’idrossiclorochina possa interferire con il trasporto virale dagli endosomi agli endolisosomi, una fase critica nel ciclo di vita di molti virus. E come se non bastasse, la sua capacità di ridurre la tempesta infiammatoria (una risposta immunitaria incontrollata che può essere letale).

Com’è possibile che un farmaco con un simile track record sia diventato improvvisamente la narrazione ufficiale in alcune pubblicazioni come qualcosa di così letale? Lo spettacolo mediatico creato da questo errore statistico non era altro che una costruzione progettata per distogliere l’attenzione e guadagnare terreno nella battaglia politica ed economica.

L’industria farmaceutica, come qualsiasi altro settore, non è esente da interessi economici. È un dato di fatto che i principali attori del mercato cercano di massimizzare i propri profitti, il che può influenzare le decisioni su quali trattamenti promuovere e quali no. L’idrossiclorochina, un farmaco con più di mezzo secolo sul mercato, non ha offerto nuovi brevetti o significative opportunità di profitto. Sebbene gli studi iniziali, in particolare quelli condotti da gruppi come il professor Didier Raoult in Francia, suggerissero un impatto positivo del farmaco sui pazienti affetti da COVID-19, la pressione per screditare tali risultati è stata immediata e feroce.

La critica scientifica convenzionale ha sostenuto che gli studi sull’idrossiclorochina mancavano di rigore, presentavano problemi metodologici o non avevano dati sufficienti per giustificarne l’uso diffuso. Tuttavia, questo stesso criterio non è stato sempre applicato con la stessa severità ad altri trattamenti emergenti che offrivano opportunità redditizie, come gli antivirali sviluppati specificamente contro la SARS-CoV-2 o i vaccini.

In questo contesto, non è irragionevole chiedersi se la narrativa sull’idrossiclorochina sia stata manipolata per dare priorità a soluzioni più redditizie per l’industria. Ancora di più se ricordiamo che i meccanismi antivirali dell’idrossiclorochina sono in linea con le conoscenze precedenti su come i virus interagiscono con le cellule. Dall’inibizione della glicosilazione dell’enzima di conversione dell’angiotensina, di cui Covid ha bisogno per entrare nelle cellule, all’alcalinizzazione degli endosomi che impedisce l’endocitosi virale, la logica biologica sembra solida.

Un aspetto chiave nella discussione è il ruolo dell’idrossiclorochina nella modulazione della risposta infiammatoria, un fattore cruciale nei casi gravi di COVID-19. In situazioni in cui il sistema immunitario entra in iperattività, rilasciando una quantità eccessiva di citochine proinfiammatorie, la salute del paziente può deteriorarsi rapidamente. L’idrossiclorochina, riducendo la presentazione dell’antigene e l’attivazione delle cellule T CD4+, mostra il potenziale per calmare questo fuoco immunitario in fuga.

Questo effetto, oltre a interferire con la segnalazione dei recettori Toll-like, responsabili dell’attivazione delle risposte immunitarie innate, suggerisce che questo farmaco non solo agisce contro il virus stesso, ma aiuta anche a controllare i danni collaterali derivanti dalla risposta del virus stesso l’organismo all’invasore.

In un ecosistema in cui gli interessi economici pesano tanto quanto la scienza, non possiamo fare a meno di chiederci quante cure potenzialmente utili siano state prematuramente scartate perché non sufficientemente redditizie per i macchinari industriali.

La scienza dirottata dalla politica è il luogo in cui entra in gioco il concetto di indottrinamento moderno. Durante l’era del Covid, molti media e agenzie governative non hanno agito come custodi della verità, ma come complici di una macchina progettata per imporre nuovi dogmi. Dicevano costantemente che dovremmo seguire “la scienza”, ma questa era scienza distorta, narrazioni scelte con cura e offerte a noi come sacrifici per opportunità politica. Le critiche all’HCQ erano più legate alla sua associazione politica che a qualsiasi solida base scientifica.

Il caso delle 17.000 morti “inventate” non è un episodio isolato. Vale la pena ricordare a questo punto gli studi fraudolenti usciti dalle mani di istituzioni rispettate, come The Lancet, e che in seguito hanno dovuto essere ritirati. La dissonanza tra gli studi ritirati e il tempo in cui sono rimasti nella narrativa pubblica è una chiara indicazione che qualcosa non va. Anche se le ritrattazioni arrivano tardi, il danno è già stato fatto: il pubblico è stato male informato, la reputazione di farmaci potenzialmente utili è stata distrutta e la fiducia nella scienza è stata erosa.

La tardiva ritrattazione dell’articolo che aveva lo scopo di far credere al mondo che le 17.000 ipotetiche morti causate dall’HCQ fossero reali. Ciò evidenzia un altro aspetto ancora più preoccupante: la crisi etica delle riviste scientifiche. Cos’è successo alla peer review? Com’è possibile che un articolo basato su dati fraudolenti superi i filtri che presumibilmente garantiscono la qualità e la veridicità delle informazioni pubblicate?

I direttori editoriali, tra cui la Dott.ssa Danyelle Townsend, redattore capo del Journal of Biomedicine and Pharmacotherapy, hanno approvato la pubblicazione senza esaminare adeguatamente i dati. Ciò solleva interrogativi sull’integrità di coloro che occupano posizioni di potere nel mondo accademico. La velocità e l’impatto mediatico hanno avuto la priorità rispetto alla veridicità scientifica. La tardiva ritrattazione, arrivata tra l’altro dopo sette mesi di denunce e di e-mail ignorate da parte della comunità medico-scientifica, dimostra un’imperdonabile mancanza di responsabilità.

Questo tipo di comportamento rivela un deterioramento della morale e dell’etica che dovrebbero governare la pratica scientifica. Pubblicare dati errati e, peggio ancora, non correggerli immediatamente, costituisce un attacco alla fiducia del pubblico nella medicina e nella scienza. Al di là delle ovvie implicazioni legali, queste azioni erodono il tessuto morale che dovrebbe sostenere la ricerca biomedica”.

Fonte

Qui trovate la dichiarazione di ritiro dell’articolo sui morti causati dall’idrossocloritina

L’articolo dell’Ansa sullo studio poi ritirato (qui)

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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Per non dimenticare: Lo studio sulla mortalità con Tachipirina e vigile attesa, in cui gli autori chiamavano questo protocollo eutanasia geriatrica, è stato ritirato, censurato. La denuncia di Laura Teodori

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