La resistenza contro la dipendenza totale dal sistema, come al tempo del Covid, passa dalla creazione di gruppi locali, Loretta Bolgan

Come siamo riusciti a trovarci in una situazione di totale dipendenza dal sistema a tutti i livelli? Si chiede la dottoressa Loretta Bolgan, Presidente dell’Associazione Bolgan Studi e Salute.  “Perché se il sistema ci dice “devi fare questo” e noi non abbiamo scelta, siamo totalmente dipendenti da questo sistema.

Quali sono le strategie per non essere dipendenti? Ecco perché la dipendenza sociale collettiva, individuale, lavorativa, scolastica, tutto quello che abbiamo vissuto è una cosa che va veramente contro il diritto alla vita, alla libertà di pensiero, alla libertà di azione che ogni essere umano deve avere. Questa dipendenza va assolutamente contrastata, e la modalità per farlo — e spero che gran parte delle persone che ci ascoltano, e non solo, ma anche una parte importante della popolazione — ha capito che se non ci mettiamo insieme, per lo meno in gruppi di mutuo aiuto locali, e poi ci si mette in rete, anche piccoli gruppi che si uniscono, l’individualismo porta a vivere situazioni come quella che abbiamo vissuto. Quindi, la risposta è sicuramente la creazione di reti e di gruppi locali con varie finalità.

Io penso che questa sia la strada giusta che noi dobbiamo percorrere, e soprattutto la parte più positiva che possiamo portarci a casa da tutto quello che abbiamo vissuto.

Va detto che certe persone hanno vissuto tutto questo in maniera molto negativa e, per certi versi, sono addirittura tornate indietro, a prima della situazione Covid, o forse anche peggio. Di fronte a ciò che hanno vissuto, speriamo che questa popolazione, che sta viaggiando a due velocità completamente diverse, possa comunque incontrarsi prima o poi per fare un percorso comune.

Mi ricordo, e voglio anche ricordare il grande Alessandro Meluzzi, che mi diceva spesso, ancora nel 2021, che avrebbero alzato il livello della paura. Il Covid è stato l’entrée, l’antipasto di quello che vogliono fare, e quello che era in mente per il futuro è molto più pesante, con la conseguente limitazione delle libertà personali se non dovessimo poi scegliere la loro strada. Questo è ciò che hanno scritto. Vedremo.

Ripeto, secondo me la soluzione, come dicevo prima, è quella di cercare di creare una rete di gruppi locali che possano aiutarsi e che cerchino di arrivare a una situazione di parziale autonomia, perché non potremo mai essere totalmente autonomi rispetto al sistema, ma sicuramente non dobbiamo lasciare sole le persone. Ecco perché, quando la rete esiste già, da tempo, in ogni paese, magari le persone non si conoscono. Questo è il grosso problema: di solito, le persone che hanno una visione più aperta della questione, più informate, tendono a essere anche un po’ più sole, un po’ più isolate rispetto alla grande massa che non è ancora molto consapevole. Questo dà un senso di isolamento alla persona stessa, che magari sta portando avanti la battaglia da sola, quando in realtà ce ne sono tante altre.

In ogni paese ci sono gruppi cosiddetti di attivisti che cercano di informare le persone e fanno anche molti progetti sociali di grande rilevanza. Quindi è solo questione di far sì che le persone possano mettersi in comunicazione. Non c’è bisogno, a mio avviso, di costruire nulla di nuovo, ma di creare strumenti che mettano insieme le varie comunità, i vari gruppi, affinché si conoscano.

Per il resto, sono molto ottimista su questo: siamo veramente tanti, molti di più di quanto si creda, anche se percentualmente, rispetto alla grande popolazione mondiale, siamo una minoranza. Tuttavia, attenzione: una minoranza molto attiva, e questo penso sia anche il valore aggiunto di tutto il grosso lavoro che si sta facendo”.

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