“Dall’Agenda 2030 sono scomparsi i diritti fondamentali di vita, libertà e proprietà dei padri costituenti americani”, avv. Alessandro Fusillo

L’11 maggio 2024, a Torino, si è tenuto il Convegno “No all’Agenda 2030”. Tra i relatori, l’Avvocato Alessandro Fusillo ha offerto una riflessione critica sulla comparazione tra l’Agenda 2030 e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948.

“La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del 1948 è una tipica dichiarazione dei diritti, come ce ne sono state tante. Il modello di queste dichiarazioni e dei cataloghi dei diritti fondamentali, di libertà fondamentali, è la Dichiarazione di Indipendenza del 1776 degli Stati Uniti d’America. Quella che noi conosciamo è in realtà una versione modificata rispetto a una prima bozza, nella quale Thomas Jefferson aveva scritto che i diritti fondamentali erano sostanzialmente tre: la vita, la libertà e la proprietà. Questi tre concetti, che non sono casuali, sono stati in qualche modo edulcorati nella versione finale della Dichiarazione di Indipendenza, dove si parla di vita, libertà e ricerca della felicità. In realtà, si riferiscono a qualcosa di ben preciso, cioè al rapporto fondamentale degli esseri umani con il tempo. Perché dico con il tempo? Perché noi siamo immersi in una realtà temporale in cui tutta la nostra vita è tesa, diciamo, come un arco tra la nascita e la morte, ed è caratterizzata dalla scarsità fondamentale, che non è quella del petrolio, degli alimenti, della terra, dell’acqua e tutte le gretinate che ci vogliono far credere adesso, e qui andiamo direttamente sull’agenda 2030. La scarsità è quella del tempo, perché ciascuno di noi ha un tempo limitato a sua disposizione, che oltretutto è ignoto, perché non sappiamo quando finirà questo tempo, ed è però quello che caratterizza la nostra condizione umana.

La vita, la libertà e la proprietà sono il paradigma della relazione tra gli esseri umani e il tempo. Perché? Perché la vita è il possesso del tempo futuro. Se mi viene tolta la vita, finisce il tempo; non ho più niente da fare su questa terra o valle di lacrime, come è stato detto qualche volta. La libertà è il possesso del tempo presente, quindi la possibilità di impiegare le mie energie psicofisiche per realizzare la mia personalità. A questo alludeva Jefferson quando parlava di ricerca della felicità. La ricerca della felicità è la realizzazione del proprio progetto di vita.

Il terzo elemento, che forse è quello un po’ più complesso, è quello della proprietà, proprietà privata. Perché è in relazione con il tempo? Perché la proprietà privata è la cristallizzazione del mio tempo passato. I padri fondatori degli Stati Uniti d’America erano tutti, più o meno, discepoli di John Locke, il quale parlava di mischiare il proprio lavoro con la terra o con gli elementi esteriori che ci circondano per realizzare anzitutto quello che lui chiamava l’appropriazione originaria, homesteading. Se io inserisco il mio lavoro in una realtà esterna, creo qualcosa, creo una proprietà che può essere materiale o intellettuale, e io ne sono il titolare esclusivo.

Da qui discende l’inviolabilità della proprietà privata e l’inviolabilità degli scambi, perché in quanto proprietario io posso disporre della mia proprietà, quindi del mio tempo passato, regalandola, vendendola, dandola a disposizione degli altri. Questi tre concetti, vita, libertà e proprietà privata, indicano il rapporto fondamentale che noi abbiamo con il tempo, quindi con la nostra esistenza. Questi sono i diritti fondamentali, e i patrioti americani nel 1776 affermarono questi diritti fondamentali come libertà inviolabili. Dicevano nel preambolo della Dichiarazione di Indipendenza che tutti noi ne siamo titolari in quanto esseri umani e in quanto dati da Dio, e soprattutto sono diritti oppositivi rispetto ai governi.

Per i padri fondatori americani non significava andare in piazza a manifestare pacificamente come abbiamo fatto noi; significava prendere il fucile o il moschetto dal capanno del giardino e andare a sparare alle giubbe rosse, perché questo è quello che è accaduto e la guerra poi l’hanno vinta. Se l’avessero persa sarebbero stati impiccati come terroristi. L’ideologia dei diritti fondamentali implica l’esistenza di una sfera di intangibilità che è dovere di ciascuno di noi difendere con la sua vita, anche con la violenza, violenza che naturalmente è legittima difesa in questo caso. Lydia Sella citava Günther Anders, il quale ha scritto un altro libro molto bello intitolato “Violenza sì o no” (Gewalt ja oder nein), in cui dice che il livello di attacco dei governi e delle organizzazioni internazionali rispetto agli esseri umani è tale che siamo giustificati a porci in un’ottica di legittima difesa, e quindi la violenza contro questi aggressori non sarebbe nemmeno tanto ingiustificata e forse aveva ragione.

Allora veniamo alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del 1948 e all’agenda 2030, ai famosi 17 punti di cui anche gli altri relatori parleranno oggi nel corso del pomeriggio. Entrambi questi testi mi ricordano quando le madri ci chiamavano da bambini dicendo “Vieni qui, non ti faccio niente, non ti faccio niente”. Poi uno si avvicinava e all’epoca non c’era il politicamente corretto; c’era la ciabatta o il cucchiaio di legno. Forse l’educazione era migliore all’epoca. L’ONU nasce dopo il fallimento della precedente esperienza della Società delle Nazioni all’indomani della Seconda Guerra Mondiale e degli orrori che aveva portato, che in realtà molti storici considerano come il secondo episodio di una lunghissima guerra, soprattutto europea, che ha coinvolto tutto il mondo, iniziata nel 1914 con una pausa in mezzo. Quindi tre decenni di errori, di morti, di campi di concentramento, di persecuzione, di impiego di armi di distruzione di massa, avevano reso l’umanità pronta per l’implementazione di un piano ben diverso. A voler essere complottisti, si può osservare che i poteri finanziari dietro la Prima Guerra Mondiale, la nascita del nazismo in Germania e il finanziamento dei bolscevichi in Russia, sono sempre gli stessi e sono tutti riconducibili a una serie di famiglie che dominano il mondo bancario.

Sono le famose eminenze grigie, quelli che tirano i fili dei burattini che poi mettono a giocare. Leggendo un po’ di storia, sembra proprio che la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, di destra e di sinistra, che poi erano socialisti tutti quanti (socialisti nazionali e socialisti internazionali), siano esperienze volute da questi potentati finanziari. Se io finanzio Hitler o Stalin, se metto a disposizione i mezzi tecnologici per la costruzione di eserciti potentissimi, evidentemente ho un interesse perché questo accada. Come diceva Hannah Arendt, moglie di Günther Anders, tra le altre cose, c’è un filo che unisce tutta una serie di esperienze e di idee. Il totalitarismo è la morte in sé, la distruzione. Gli scopi presentati, la supremazia della razza ariana o il trionfo del proletariato, sono scopi apparenti. Lo scopo reale del dittatore totalitario, uno psicopatico tra i più pericolosi, è la morte, la distruzione. Lo scopo primario delle guerre, finanziate tra le altre cose dal dollaro, che nasce nel 1913 con la costituzione della Federal Reserve, con un vero e proprio colpo di mano di alcuni banchieri, progettato in segreto alcuni anni prima su un’isoletta al largo delle coste della Georgia, Jekyll Island, è quello di creare un motore finanziario degli orrori e delle guerre che noi abbiamo visto da più di un secolo.

Qual è il piano che emerge all’esito della Seconda Guerra Mondiale? Un’idea che piaceva tantissimo a Hitler, a Goebbels e a vari altri personaggi del nazismo. Gli stessi che stavano progettando il capitolo successivo. L’idea è quella di unificare l’Europa, magari attraverso un’unione di Stati, ma in prospettiva tutto il mondo, sotto un unico cappello di un’organizzazione internazionale, statale, che deve dominare tutto, qualsiasi cosa, dopo aver sparso l’orrore e il terrore per decine di anni. Questo però non si può dire così. Si deve ammantare attraverso professioni di democraticità, di rispetto dei diritti umani e così via.

A questo serve la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 dell’ONU. È un testo che dice cose importanti, perché riconosce il diritto alla libertà personale, il diritto alla vita, il diritto alla proprietà privata, per esempio, a differenza della nostra Costituzione che non riconosce affatto il diritto alla proprietà privata, se non in termini estremamente limitativi. Quindi sicuramente ha dei contenuti di una certa importanza. Tuttavia, come tutte le dichiarazioni di diritti, è un pezzo di carta, perché i patrioti americani avevano detto che se i loro diritti venivano violati, sarebbero andati lì a sparare, rendendo la dichiarazione molto più seria.

Oggi non c’è più alcuna possibilità di raggiungere una parità militare rispetto agli apparati con i quali ci confrontiamo. George Washington e un gruppo di volenterosi sul campo di battaglia erano esattamente pari alle giubbe rosse, tanto che hanno vinto, magari con l’aiuto dei francesi, ma hanno vinto. Oggi sarebbe impensabile una cosa del genere. Questi diritti ci sono, ma gli Stati se ne fregano fondamentalmente, perché tutto quello che c’è di bello nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, nella Costituzione, nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, viene interpretato a piacimento dei potenti. Queste dichiarazioni non hanno un’utilità pratica, se non quella di affermare determinati principi.

Dal 1948 al 2015, quando si arriva all’agenda 2030, si capisce che proprio i tre concetti fondamentali, cioè vita, libertà e proprietà, sono scomparsi. Il mio tema riguarda anche la famiglia. La famiglia tradizionale, dove c’è un uomo, una donna, e dove l’uomo è il padre, la donna è la madre e si fanno dei figli, è la cellula fondamentale della società umana. Questo era ancora riconosciuto nel 1948, anche nella nostra Costituzione. Oggi questi quattro elementi – vita, libertà, proprietà privata e famiglia – si sono persi. Se diamo un’occhiata ai 17 obiettivi dell’agenda 2030, tutto questo si perde. Si perde in un mare di buone intenzioni: tutti hanno diritto all’acqua, a un cibo sano, alla salute, all’istruzione. È difficile essere contrari a questo, ma lo scopo reale è istituire dei diritti fondamentali pretensivi. Se io dico che ho diritto all’istruzione, chi paga? Chi paga il cibo, chi paga l’acqua? Lo scopo è quello di dire: noi siamo una tecnocrazia, siamo i più bravi, e voi poveri sudditi dovete affidarvi a noi, perché noi decideremo come realizzare questi scopi, quanto darvi e quando darvi ciò che noi vi permettiamo. Per farlo, vi derubiamo. Il detto del World Economic Forum “non avrete niente e sarete felici” è emblematico. Sul “sarete felici” metterei un grosso dubbio; sul “non avrete niente” stanno lavorando esattamente in questa direzione. Lo scopo è quello di creare una nuova moltitudine di nuovi servi della gleba, di schiavi, in mano a una tecnocrazia distopica convinta di avere la chiave della verità e l’idea di come si deve realizzare la vita sociale, mentre la massa di schiavi dovrà finanziare tutto questo.

Come difenderci e cosa fare? Dobbiamo andare avanti con tutti i mezzi formali a nostra disposizione: cause, denunce e tutto ciò che è legale. Ma il mezzo fondamentale che noi abbiamo a disposizione è la disobbedienza civile. Io ho modificato, come qualcuno di voi sa, un detto del Cavaliere Benito Mussolini, pessima persona, e il mio motto, che vi passo e che credo possa essere un buon motto, è: disobbedire, resistere, boicottare”.

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