Costituzione: diritto alla salute significa “diritto di esigere una prestazione per curarsi, ma significa anche il diritto di non curarsi”, l’analisi della Costituzionalista

“L’articolo 32 della Costituzione italiana declina il diritto alla salute, la tutela della salute, in una dimensione duplice: una dimensione di diritto fondamentale, individuale e soggettivo, e una dimensione che abbiamo imparato a conoscere tutti, di cui è titolare la collettività. Ormai sappiamo che in rapporto a questa seconda componente si possono introdurre anche trattamenti sanitari obbligatori a condizioni rigorosissime, perché in questo caso non solo c’è una riserva di legge, che significa che quella materia può essere disciplinata solo dal legislatore, il che dovrebbe in ipotesi significare garanzia, poiché il legislatore, il Parlamento, è l’organo rappresentativo per eccellenza, ma quella riserva di legge è anche condizionata da un limite invalicabile che l’articolo 32 individua nel rispetto della persona umana”, spiega la costituzionalista Carmela Capolupo dell’Università Federico II di Napoli, durante l’evento di informazione sui nuovi contratti OMS (22 e 23 marzo 2024 a Bolzano e Trento).

“Ne consegue che il diritto alla salute del singolo, in questa sua doppia valenza, significa attenzione, diritto di esigere una prestazione per curarsi, ma significa anche il diritto di non curarsi. Non tralasciamo questo piccolo particolare. Quindi è un diritto che è dotato di una sua connotazione autonoma, che è segnatamente personalista, rispetto agli interessi che sono ascrivibili alla collettività. Questa connotazione esclude nella maniera più categorica che la componente individuale del diritto, cioè quella che è ignorata in queste proposte di modifica, possa assumere un carattere servente o funzionale rispetto a quella collettiva, cioè che si possa oltre ogni limite sacrificare rispetto ad un’esigenza collettiva.

Questo è quello che hanno cercato di farci credere senza fare delle opportune precisazioni che invece andavano fatte e questo, che io sto dicendo, trova puntuali riscontri in una consolidatissima giurisprudenza costituzionale che riconduce agli articoli 2, 13 e 32 il sacrosanto diritto ad autodeterminarsi”.

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