“Giù le mani dalla nostra terra”, dagli agricoltori italiani un grido unanime

Sono scesi per strada in tutta italia a difesa del loro lavoro, ma anche del nostro cibo di qualità. “le cavallette mangiatele voi”, “le scorregge delle mucche non inquinano”, “dividi ed impera noi non ci stiamo”. La manifestazione più imponente si è vista a Bologna con oltre 300 trattori che sono entrati in centro (a 30 km all’ora non dimentichiamocelo). A loro gli applausi e il sostegno della gente. Grande assente nella giornata di ieri le grosse associazioni di categoria, il cui silenzio è assordante. Qualcuno dei manifestanti si è chiesto per chi stiano lavorando.

“Siamo agricoltori delusi da uno Stato di governo che non ci ascolta, non ci vuole ascoltare”, ha detto Viller Malavasi (Copoi), qui trovate il suo intervento. “Delusi anche dalle associazioni, perché bisogna dirlo. Non sono qua, non sono coinvolte, non si vogliono coinvolgerle. Poi, magari, quest’altra settimana si fanno avanti, ma io mi auguro che quando si faranno avanti, nessuno di voi vada alle loro, perché loro non vengono qui, non ci ascoltano, non ci vogliono ascoltare. Mi auguro che cambino veramente.

Ma perché siamo qua? Siamo qui per rivendicare il nostro reddito, perché ci è venuto a mancare. È una cosa allucinante che dopo tanti anni di sacrifici abbiamo le aziende, e qui secondo me rappresentiamo le piccole e medie imprese, che ci vengono chiuse perché siamo afflitti dai mutui, siamo afflitti da costi di produzione altissimi, siamo affliti da un governo che non ci ascolta.

Non dobbiamo solo attaccarci al fatto che ci sia un’imposizione della UE che ci venga a imporre una politica Green che noi non accettarla, perché per avere una sostenibilità ambientale, signori, non può esistere se non c’è una sostenibilità produttiva ed una sostenibilità economica di noi agricoltori. Questo bisogna metterlo in testa, e se lo devono mettere in testa, va bene.

Non possono parlare di rispettare l’ambiente, perché noi ci credono che siamo gli avvelenatori, ma noi, ragazzi, la terra è nostra, siamo i primi quelli che difendono la nostra terra, perché se noi la uccidiamo non abbiamo più reddito, non produciamo più cibo.

Noi lo rispettiamo l’ambiente, lo rispettiamo per noi e lo rispettiamo anche per quelli che sono lì a sedere, perché se non puliamo le rogge, se non puliamo questo, se non trinciamo la pianura padana, torna ad essere una palude, come lo era tempo fa.

Dandoci che cosa? Ci danno due spiccioli per mettere su una siepe di confine, per mettere su le siepe come una volta, per mettere su i boschi e poi dopo cosa succede? Che il mio frutteto di fianco al bosco mi porta la cimice che è entrata, un bell’insettolieno che ci ha fatto un bellissimo regalo e ci ha indotto a non produrre più, poi il primo anno viene un’altra cimice, il secondo anno viene la malattia fungina, la maculatura sulle pere, poi viene il gelo, poi viene la siccità. Cinque anni, signori, che penso che, come a casa mia, anche voi abbiate prodotto veramente poco.

L’imposizione della UE, che voi sapete bene, l’ultima è che il 5% della superficie vada a non essere coltivata. Beh, ma noi dobbiamo accettare questa cosa qui? 5%? Allora, questa è un’imposizione che la UE ci vuole dare, ma mi viene da dire, ma il nostro governo a Roma dov’è?

Dov’è il nostro governo a Roma? Ci difende su questa cosa qui, però hanno accettato l’imposizione del 5%, ma hanno recepito la direttiva UE del 2020 sulle pratiche sleali in maniera distorta.

Cosa significa? Significa che le pratiche sleali non sono state recepite in maniera corretta, hanno emesso un adergo a favore di cooperative, di organizzazioni professionali e di AOPI, a loro favore, che vuol dire che al produttore finale gli viene riconosciuto il prezzo che gli pare loro, quello che gli rimane. Mi sembra giusto voi?

Siamo l’unica categoria che ci fanno il prezzo gli altri? Beh, ma scherziamo? Ma dove siamo arrivati? Se il prezzo ce lo fanno gli altri…

Signori, un pezzo di terra ce l’abbiamo, torniamo cento anni fa, noi campiamo lo stesso, ma loro si vanno a comprare la roba dall’estero. Perché è quello che vogliono.

C’è una fase emergenziale in questo momento, che è una richiesta ben precisa di liquidità a favore delle piccole e medie imprese, per quelle che non ce la fanno più, quelle che hanno fatto le debiti che adesso non riescono più ad onorare, perché la loro cooperativa o il loro commerciante non gli dà i soldi o gli dà la metà di quello che vale il loro prodotto.

Cooperative, viti e vinicole che liquidino alla metà di quello che hanno liquidato fino a due anni fa, difendendosi dicendo tante eresie, oppure cooperative frutticole idem, uguali, vi danno quello che rimane, non si può discutere con loro. La cooperativa, signori, ma sapete quando è nata? Era mutualistica, il principio mutualistico della cooperativa, che vuol dire che il socio è lì, che è una persona importante che va curata e coltivata. Non esiste più, perché sono diventate quasi delle S.P.A., per non dire, anzi, sono diventate delle S.P.A., dove il socio è l’ultima ruota, è un numero, non è più quello che viene scaldato, quello che viene coccolato, quello che viene ascoltato, non lo è più, siamo delle pedini, mando loro, noi dobbiamo produrre e basta, siamo dei peonesi. Beh, a voi sta bene? Rispondete no! E noi dobbiamo reagire, bravi, siamo qui per questo.

Allora, abbiamo chiesto, come gruppo che ho poi, abbiamo presentato 12 punti a Roma al ministro Lollobrigida e gli abbiamo chiesto un incontro, ma secondo voi ci ha accolto? Gli abbiamo mandato persino una PEC, neanche ci ha ascoltato, ha fermato il treno, quello sì. Siamo andati in treno ma noi non lo abbiamo fermato, siamo andati diretti a Roma ma non ci ha ricevuto. Allora, noi abbiamo presentato 12 punti.

Ripeto, l’emergenzialità prevede subito una liquidità immediata a quelle povere e medie imprese che non hanno più la possibilità di non dare i loro debiti quando abbiamo dei produttori che si impiccano, e l’ultimo si è impiccato giù. Chiediamo 12 mesi, una moratoria bancaria… E lo Stato ci ha risposto che non la può fare perché costa. Bene, allora, caro Stato, questa ti costa?

Allora, adesso io ti chiedo un’altra cosa, una cosa che non costa, e sapete cos’è la cosa che non costa lo Stato, ma non vuole legiferare? È il costo di produzione, che deve rispettare. E voi mi direte, ma il costo di produzione non fa il mercato, un equilibrio tra domanda e offerta. Io ho già risposto anche stamattina, lo sappiamo benissimo che l’equilibrio tra domanda e offerta fa il prezzo, ma con il costo di produzione non vado a dire che non voglio che il commerciante venga a casa di quello che fa della frutta bellissima o della roba bellissima e dica che ti do quello lì perché è il costo di produzione che riconosce lo Stato.

No, quello dopo alla domanda e all’offerta fa la differenza, perché chi fa della roba più bella ovviamente gli verrà riconosciuto di più. Il costo di produzione si riesce a fare in questo modo se si interviene nella regola circolare che venga abbinato alle pratiche sleali recepite in maniera distorta dalla UE solo in Italia.

È l’unico Stato che l’ha recepito in questo modo, a favore delle cooperative, è legato ai patti bilaterali, che significa che qui finché c’è una pera italiana, finché c’è un arancia italiana, una clementina italiana, una mele italiana, non deve entrare neanche un altro frutto dell’estero. La Svizzera lo fa. E noi non siamo in grado di fare questo? Questo allo Stato non costa niente, non vado a chiedere soldi, è che non ha voglia di farlo lo Stato. Chiaro? Bene, il vino idem italiano. Sì, lo zucchero, ma tutto, tutto, siamo qui a rivendicare tutto. Tutto, è ormai una lotta comune di tutti noi. Ripeto, oggi c’è la bandiera italiana che rappresenta tutti gli agricoltori, anche quelli che non sono qua”.

A Pescara a fianco degli agricoltori c’erano anche i politici. Il Consigliere Marco Cipolletti ha detto parole forti contro l’Europa: “L’Unione Europea ormai da diverso tempo ha messo in essere una politica che non è più sostenibile, toglie  vivibilità ai nostri agricoltori, che hanno un reddito che si sta assottigliando in maniera drammatica. Fanno misure che vanno a deprimere la possibilità da parte degli agricoltori di poter mantenere un livello di redditività sufficienti. Qui ci sono famiglie a protestare,  bambini. Sono qui unito al presidio. Gli agricoltori  rappresentano la nostra storia, la nostra tradizione, rappresentano il cuore della nostra cultura, quindi hanno sempre avuto massimo rispetto per le istituzioni e per soprattutto manifestare, quando è il caso di manifestare, in maniera corretta, assolutamente. Sono qui per difendere il loro lavoro, i loro campi”.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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