Vietato pubblicare le ordinanze di custodia cautelare: “è pericolosissimo che non si sappia la motivazione per cui una persona viene arrestata o meno”

Bavaglio sulle ordinanze di custodia cautelare, appello al presidente Mattarella: «Non firmi».

«Si tratta – spiega Alessandra Costante, segretaria generale della Federazione nazionale della Stampa italiana – di un provvedimento liberticida non solo nei confronti dell’articolo 21 della Costituzione, ma anche nei confronti delle libertà individuali. È pericolosissimo che non si sappia la motivazione per cui una persona viene arrestata o meno. E non è pericoloso solo per la libertà di stampa, è pericoloso anche per lo stesso destinatario del provvedimento di custodia cautelare in carcere».

Per la segretaria generale del sindacato dei giornalisti, «il ricordo delle dittature, dei desaparecidos, delle persone che alle porte dell’Europa vengono fatte sparire senza che nessuno ne sappia nulla, penso ad esempio ad Alexei Navalny, deve far crescere la nostra attenzione, ma anche quella dei direttori dei giornali, che devono essere al fianco dei colleghi in questa lotta, e delle istituzioni. Chiediamo fin d’ora al presidente della Repubblica Sergio Mattarella – conclude Costante – di non firmare una legge che potrebbe essere fonte di immani distorsioni dei diritti».

La cornice entro la quale si vuole inserire la nuova stretta al diritto di cronaca è quella dell’attuazione della direttiva europea sulla presunzione di innocenza.

Alla Federazione della Stampa replica Enrico Costa: «La Fnsi dichiarando che “é pericolosissimo che non si sappia se una persona viene arrestata o meno” dimostra di non aver neanche letto l’emendamento approvato, in cui non c’è nessun divieto di dare la notizia degli arresti, né di riportare il contenuto dell’atto. Si vieta invece la riproduzione dell’atto processuale, spesso di centinaia di pagine zeppe di testi di intercettazioni, prima ancora che l’indagato abbia potuto difendersi. È un ritorno alla disciplina in vigore prima del 2017, che nessuno considerava un bavaglio. Prima di sparare a zero e di chiamare in causa il Presidente della Repubblica sarebbe bene che gli esponenti Fnsi si informassero».

Questa la risposta di Alessandra Costante: «L’onorevole Costa dovrebbe sapere che l’ordinanza di custodia cautelare non presenta la persona come colpevole. È un provvedimento fondato su gravi indizi, ma non sulla colpevolezza. È diventata pubblicabile nel 2017 quando la commissione Giustizia ha modificato l’articolo 114 del Codice di procedura penale. In quella stessa commissione Giustizia era presente l’onorevole Costa, cosa che ha sottolineato anche durante il dibattito l’onorevole Federico Cafiero De Raho».

La segretaria generale chiude con una considerazione: «Tutti ci stiamo domandando perché allora l’onorevole Costa non disse nulla, anche se la direttiva europea che oggi cita era già entrata in vigore. Cosa è cambiato rispetto ad allora? A pensar male si fa peccato, ma secondo noi, ancora una volta, per proteggere il potere si vuole vietare ai cittadini il diritto all’informazione».

Di «ennesimo bavaglio alla stampa» che rappresenta «una grave lesione al diritto dei cittadini ad essere informati e si pone in contrasto con la libertà di espressione garantita dall’articolo 21 della Costituzione» parla anche l’esecutivo Usigrai, che «aderisce sin da ora ad ogni forma di mobilitazione a contro questo provvedimento e per la libertà di espressione e del diritto ad essere informati».

Per i giornalisti del sevizio pubblico, quello approvato alla Camera è «un provvedimento per il quale dal momento dell’arresto fino al processo, e quindi per mesi, potremo conoscere solo le iniziali della persona finita in carcere e niente più. Non sapremo di cosa è accusato e quali prove sono state trovate a suo carico e quindi se si tratta di una reclusione legittima o eccessiva. Se il nostro vicino di casa, un parente o un nostro amico sparirà dalla circolazione non sapremo se sia partito per un viaggio o sia finito nelle patrie galere».

Quella votata dal Parlamento è una «svolta autoritaria – conclude l’Usigrai – che cancella il ruolo di garanzia che la libera stampa riveste a tutela di tutti i cittadini, anche di quelli privati della libertà».

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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