Duecento euro di multa per ogni giorno di sospensione oltre al pagamento degli arretrati per una non vaccinata

Il Tribunale di Firenze, giudice Giovanna Zanda, il 20 novembre ha emesso una sentenza che potrebbe fare storia. A una non vaccinata sospesa, oltre al pagamento di arretrati e contributi e spese legali ha condannato il datore di lavoro a “a risarcire il danno non patrimoniale sofferto dalla i per atti discriminatori, liquidandolo in euro 200,00 per ogni giorno di sospensione.

“E’ fondata l’affermazione della ricorrente secondo cui anche una legge ordinaria dello Stato possa essere discriminatoria e fonte di danno risarcibili“, scrive il giudice. “La ragione di questa importanza della normativa antidiscriminatoria sta nella centralità dell’interesse protetto all’interno delle democrazie europee, ossia la dignità della persona umana (…) Tutta la normativa antidiscriminatoria sia nazionale (a cominciare con l’art. 3 cost. e statuto lavoratori) che internazionale (carta di Nizza, Cedu, Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea) si basa proprio sul valore e centralità della dignità umana e sul diritto ad uguale trattamento, proprio perché le esperienze dei regimi totalitari si basavano sulla discriminazione di certe fasce di cittadini (i malati psichici, coloro che appartenevano a determinate etnie ecc.) i quali avevano minori diritti ed erano quindi discriminati.L’attenzione nazionale e internazionale contro le discriminazioni nasce dunque da queste esperienze totalitarie del passato, consapevoli del fatto che proprio dalla discriminazione nascono i totalitarismi che schiacciano la persona umana”. (…)

La protezione personale del lavoratore, qui comunque esclusa dai dati (Inail sul contagio tra i vaccinati) appena richiamati, è una questione privata che nessun datore di lavoro potrebbe imporre a una persona sana a meno di violare la libertà di autodeterminazione sancita in campo medico dall’art.32 cost, e dall’art.3 della Carta di Nizza, quella stessa libertà di autodeterminazione che i giudici penali hanno sempre tutelato allorquando ad es. un testimone di Geova venga emo-trasfuso contro la sua volontà, anche se per salvargli la vita; in questo caso il giudice penale condanna sempre il medico per il trattamento salva vita imposto a chi non lo vuole (vd. sent. trib Tivolisent.pen. 1179/2020).

(…) nello stesso sito del Ministero della Salute non si parla mai della prevenzione dell’infezione da sars cov 2 ma della prevenzione della malattia covid 19, conformemente alle stesse affermazioni delle case produttrici e alle schede tecniche da esse allegate alla richiesta di immissione in commercio in forma condizionata.

Quindi poiché il vaccino non aveva la capacità immunizzante attestata in modo non veridico nel decreto legge 44/2021 e successive leggi di conversione e proroghe, per giustificare le sospensioni dal lavoro di certe categorie di cittadini, non appare giustificato in alcun modo il trattamento sperequato che consente ai vaccinati di lavorare e che vieta invece di lavorare ai non vaccinati, che sono stati emarginati dalla società, privati della dignità del lavoro e della libertà dal bisogno.

Quindi la discriminazione è stata attuata dalla legge in primis e poi dall’Azienda convenuta che ha dato esecuzione alla legge discriminatoria, privando la  • di un diritto naturale per un lasso temporale eccezionalmente lungo e senza valide ragioni, gettandola nella emarginazione e nello stato di bisogno.

A nulla rileva che l’Azienda applicasse una legge dello stato e non avesse dolo o colpa; per questo tipo di illecito l’elemento soggettivo è irrilevante dovendo il giudice accordare la tutela inibitoria immediata e risarcitoria anche se manchi il dolo o la colpa del datore di lavoro.

Le (…) deduzioni difensive si basano appunto su una gestione di dati che proviene dallo stesso ISS, ec he non è verificabile, dati descritti in report involuti e scarsamente chiari e intelligibili, verosimilmente sempre ricavati con tutti i limiti di un rilevamento mediante la sorveglianza passiva e nel periodo finestra di soli 14 giorni post inoculo; non vengono conteggiate quindi le morti improvvise e tutte le malattie che si verificano dopo 14 giorni e che potrebbero invece, con elevato grado di probabilità (vd. i casi di Camilla Canepa e Torrisi) essere correlate ai vaccini, come suggeriscono le migliaia di studi linkati dalla   , e come non escludonole stesse case produttrici allorquando affermano “non sono stati.fatti studi di genotossicità e cancerogenicità,…

Alla luce di tutto ciò l’imposizione di questi preparati sperimentali alla   dissenziente, per poter esercitare ilsuo diritto naturale al lavoro e sostentarsi e avere un’esistenza libera dal bisogno, ha presuntivamente determinato un danno morale particola1mente intenso che va adeguatamente risarcito.

(…) a questo si aggiunga l’angoscia derivante dall’irragionevolezza di una normativa continuamente prorogata senza alcun criterio che rendesse prevedibile il suo futuro, e anche al di là della stessa cessazione formale dell’emergenza sanitaria; si pensi, infatti, che l’emergenza è cessata il 31 marzo 2022 ma la proroga delle sospensioni dei sanitari si è protratta fino al 31.12.22; questa irragionevolezza e imprevedibilità delle continue proroghe della sospensione, ha presumibilmente inciso in modo significativo in termini di sofferenza soggettiva e psichica della  . per lo stato di incertezza esistenziale in cui è stata gettata, non potendo prevedere né se sarebbe mai potuta rientrare a lavoro né quando, trattandosi di una normativa illogica come già detto, scollegata non solo dalla efficacia preventiva dei cd vaccini ma dalla stessa emergenza sanitaria.

(..) la discriminazione è stata attuata anche con una coartazione della libertà di autodeterminazione in campo medico, inducendola a mettere a rischio la sua integrità fisica e la sua vita, con la pressione psicologica di spingere la sanitaria verso un trattamento iniettivo inefficace per la protezione degli altri, sperimentale e pericoloso per la sua vita e salute.

Ecco cosa ha deciso il giudice:

  1. ha subito atti di discriminazione consistiti nella sua sospensione dal lavoro a partire dal 9.21 conesclusione totale dall’ambito lavorativo e totale privazione dei mezzi di sostentamento;
  2. condanna la convenuta ad erogare immediatamente tutte le retribuzioni che avrebbe dovuto erogare in tutto il periodo in cui la lavoratrice è stata sospesa e a versarle i contributi omessi pertutto il periodo di sospensione illegittima apprezzando l’intero periodo di sospensione anche ai finidell’anzianità di servizio;
  3. condanna la convenuta a risarcire il danno non patrimoniale sofferto dalla i per atti discriminatori,liquidandolo in euro 200,00 per ogni giorno di sospensione;
  4. Condanna l’Azienda a rimborsare all’attrice le spese di lite che liquida in euro 286,00 per spese vive, euro 7.616,00per onorari, oltre accessori

Le motivazioni della sentenza

Nozione di discriminazione

  1. Ai fini del presente decretoe salvo quanto disposto dall’articolo 3, commi da 3 a 6, per principio di paritàdi trattamento si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta a causa della religione,delle convinzioni personali, degli handicap, dell’età ((, della nazionalità)) o dell’orientamento sessuale. Tale principio comporta che non sia praticata alcuna discriminazione diretta o indiretta, così come di seguito definite:
  1. discriminazione diretta quando, per religione, per convinzioni personali, per handicap, per età ((, per nazionalità))no per orientamento sessuale, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;
  1. discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di handicap, le persone di una particolare età ((o nazionalità)) o di un orientamento sessuale in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone.
  2. È fatto salvo il disposto dell’articolo 43, commi 1 e 2 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, 286.
  3. Sono, altresì, considerate come discriminazioni, ai sensi del comma 1, anche le molestie ovvero queic omportamenti indesiderati, posti in essere per uno dei motivi di cui all’articolo 1, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante 
  4. L’ordine di discriminare persone a causa della religione, delle convinzioni personali, dell’handicap, dell’età ((, della nazionalità)) o dell’orientamento sessuale è considerata una discriminazione ai sensi del comma 1.

 

Orbene tale tutela è strutturata come inibitoria e risarcimento danno con finalità dissuasiva, e qui, stante la cessazione della sospensione ex lege dei sanitari, si riduce ora per allora ad un risarcimento del danno perle condotte discriminatorie già sofferte; in ogni caso quand’anche volesse ammettersi che la domanda andava proposta alla sezione lavoro, per una più ampia valutazione del rapporto lavorativo, non si pone comunque un problema di incompetenza della sezione ordinaria ma dimera distribuzione interna degli affari all’interno del tribunale ordinario.

Si noti che anche nel caso del pubblico impiego la Corte di Cassazione a sezioni unite ammette la giurisdizione del GO, sottraendo gli atti discriminatori alla giurisdizione normale del Giudice amministrativo, in quanto, effettivamente, si dice che l’azione antidiscriminatoria sia posta a presidio diun diritto fondamentale agganciato all’art. 3 della Costituzione Italiana, che è quello a non esserediscriminati, diritto che non affievolisce mai e che quindi viene conosciuto dal Giudice Ordinario dei diritti, essendo esclwOqualsiasipotere discrezionale della PA.

La normativa antidiscriminatoria rivela l’importanzadel bene tutelato anche quando ad es. prevede una deroga al Foro della PA; infatti, ad es. la sent. Cass.civ.Sez. VI 1 Ord.,12/01/2021, n.296 recita che: In materia di condotte discriminatorie, l’art. 28, comma 2, del d.lgs. n. J50 del 2011 attribuisce la competenza a conoscere le relative controversie al tribunale del luogo in cui ha domicilio il ricorrente, prevedendo un foro funzionale ed esclusivo, che deve essere preferito agli altri fori, anche inderogabili, compreso quello erariale, trattandosi di disciplina speciale, posta a tutela di un interesse primario del nostro ordinamento, volto a contrastare gli atti e i comportamenti che impediscono il pieno dispiegarsi della persona umana, prevalente rispetto alleesigenze di carattere organizzativo poste a fondamento dell’accentramento della competenza presso un unico ufficio giudiziario, ai sensi dell’art.§_ del r.d.n. 1611 del 1933.

In ultimo va detto che la discriminazione viene conosciuta dal Go anche se attuata con legge (che va disapplicata) o senza elemento soggettivo di dolo e colpa nell’agente.

È quindi

E’ fondata anche l’affermazione della ricorrente secondo cui anche una legge ordinaria dello Stato possa essere discriminatoria e fonte di danno risarcibile: Cass. civ. Sez. Unite Ord., 24/11/2021, n.36373:“La domanda proposta per il risarcimento dei danni che si assumono derivati dall’illegittimo esercizio, in quanto discriminatorio. della potestà legislativa derivante dalla predisposizione, presentazione o mancata modifica di un atto legislativo, non configura un difetto assoluto di giurisdizione perché non riguarda controversie direttamente involgenti attribuzioni di altri poteri dello Stato o di altri ordinamenti autonomi, come tali neppure astrattamente suscettibili di dar luogo ad un intervento del giudice, ma l’esercizio di un diritto soggettivo mediante una comune azione risarcitoria ex art. 2043 e.e., dovendosene, escludere, inoltre, anche l’astratta improponibilità per ragioni di materia o di regolamentazione normativa, e neppure rileva la naturapolitica dell’atto legislativo, deducendosi la sola lesività della disciplina che ne è derivata”. (Nella specie, la domanda risarcitoria era stata promossa nei confronti delle autorità che avevano presentato, approvato e non modificato, il trattamento fiscale di cui all’art. l,_ comma 692, lett. d), della I. n. 160 del 2019, ritenuto costituzionalmente illegittimo perché discriminatorio ed in contrasto col diritto unionale).

La ragione di questa importanza della normativa antidiscriminatoria sta nella centralità dell’interesse protetto all’interno delle democrazie europee, ossia la dignità della persona umana.

Numerose sono infatti anche le norme internazionali che sottolineano l’importanza fondamentale delle azioni antidiscriminatorie.

Infatti, tutta la normativa antidiscriminatoria sia nazionale (a cominciare con l’art. 3 cost. e statuto lavoratori) che internazionale (carta di Nizza, Cedu, Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea) si basa proprio sul valore e centralità della dignità umana e sul diritto ad uguale trattamento, proprio perché le esperienze dei regimi totalitari si basavano sulla discriminazione di certe fasce di cittadini (i malati psichici, coloro che appartenevano a determinate etnie ecc.) i quali avevano minori diritti ed erano quindi discriminati.L’attenzione nazionale e internazionale contro le discriminazioni nasce dunque da queste esperienze totalitarie del passato, consapevoli del fatto che proprio dalla discriminazione nascono i totalitarismi che schiacciano la persona umana.

Quindi il principio di “uguaglianza” che è diritto a non essere discriminati, è collegato alla dignità umana e il valore della dignità umana sostanzia l’articolo che apre la Carta dei diritti fondamentali dei cittadini europei (art. I) e non a caso anche l’art. 1 della Costituzione della Repubblica Federaledi Germania:

Articolo 1 Carta di Nizza : Dignità umana: La dignità umana L inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata.

Vi sono poi altre importanti norme del diritto internazionale che vietano la discriminazione come ad es.l’art. 21 della Carta di Nizza che è norma incondizionata ossia immediatamente cogente (vd. CorteGiustizia su art. 21) Non discriminazione I. ··è vietata qualsiasi forma di discriminazione

“fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristichegenetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura.l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.Omissis…”

Da notare che la primazia del diritto europeo (art. 21 Carta di Nizza e direttiva invocata dal1, – del 2003 aggiornata 2022) discende dall’art. 11 cost, e dalla natura pattizia della Carta di Nizza sottoscritta anche dallo Stato Italiano.

Norme antidiscriminazione si rinvengono anche nell’art. 19 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea che prevede persino la possibilità di un intervento dell’Unione nei confronti degli Statiche attuino la discriminazione: Articolo 19 (ex articolo 13 del TCE) I. Fatte salve le altre disposizioni dei trattati e nell’ambito delle competenze da essi conferite all’Unione, il Consiglio, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento europeo, puòprendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, lareligione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale”

Fatte queste premesse è evidente che per verificare se ci si trova in presenza di condotte

discriminatorie della pa11e datoriale occorre verificare se le motivazioni del trattamento disuguale riservatodalla convenuta alla i rispetto ai suoi colleghi, siano motivazioni fondate; a tal fine l’azienda cita il suo dovere digarantire la sicurezza sui luoghi di lavoro fondato nel cl.Ivo 81/2008., che richiamerebbe in questo casol’applicabilità della “clausola di salvaguardia” prevista dalla normativa antidiscriminatoria invocata dalla ricorrente che recita: art. 3 comma 2 del decretolegislativo 216/2003,La disciplina di cui al presente decreto fa salve tutte le disposizioni vigenti in materia di:

a)   condizioni di ingresso, soggiorno ed accesso all’occupazione, all’assistenza e alla previdenza dei cittadini deiPaesi terzi e degli apolidi nel territorio dello Stato;

  1. sicurezza e protezione sociale;
  2. sicurezza pubblica, tutela dell’ordine pubblico, prevenzione dei reati e tutela della salute;

d)  stato civile e prestazioni che ne derivano;

  1. forze armate, limitatamente fattori di età e di handicap.

Occorre quindi domandarsi se la richiesta di vaccino anti covid per poter lavorare presso l’azienda convenuta, quale nuovo requisito introdotto dal DL 44/2021 e successive proroghe, fosse inquadrabile come misura di “protezione sociale e tutela della salute” intesa evidentemente in senso sociale.

Da notare che l’onere della prova gravava sulla convenuta, con una inversione sancita dall’art. 28 decreto legislativo 150/2011. Art. 28 comma 4. “Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, dai quali si puo’ presumere l’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, spetta al convenuto l’onere di provare l’insussistenza della discriminazione”.

La convenuta, tuttavia, non dimostra alcuna valida ragione che possa giustificare il trattamento sperequato se non riportandosi alla legge impositiva dell’obbligo vaccinale (che sarebbe la stessa fonte della discriminazione) o ad attestazioni dell’JSS sull’efficacia dei vaccini covid per la prevenzione dei contagi.

Tali elementi autoreferenziali non assurgono evidentemente a prove circa la sussistenza di valide ragioni deltrattamento sperequato attuato dalla convenuta e non resistono all’efficacia probatoria dei corposi elementi istruttori fomiti dalla ricorrente a supporto della condotta antidiscriminatoria subita.

Infatti, la _   , con la copiosa documentazione prodotta ha dimostrato che questa misura della vaccinazione anti covid non aveva la funzione indicata nel d.l. 44/2021 e successive proroghe in quanto anche i vaccinati potevano trasmettere il contagio; in particolare la i ha prodotto ex multiis i seguenti documenti:

il doc. 15 ossia il report dell’INAIL sulle infezioni sul luogo di lavoro, pubblicato il 31 agosto 2022(doc.15,pag. 12) da cui si ricava che proprio i lavoratori della sanità tutti vaccinati, hanno la percentuale più alta didenunce per Covid 19 tra tutti i lavoratori; le denunce di infortunio per COVID-19 dei sanitari sono il 63,2% deltotale.

Si tratta di sanitari che dal 1°aprile 2021 possono lavoraresolo se vaccinati.

Dunque questo documento proveniente da un soggetto pubblico particolarmente attendibile come l’lnail dimostra due cose: la prima è che la Covid 19 è diventata una malattia “tabellata” per certe categorie di lavoratori e in particolare per i sanitari e questo significa che nonostante il vaccino anti covid i sanitari si ammalano di covid I 9 e usufruiscono delle provvidenze Inail per malattia “professionale” causata dunque dal lavoro, ossia da ambienti di lavoro che lungi dall’essere divenuti sicuri coi vaccini, sono divenuti dei veri focolai Covid 19, quindi gli ospedali, le RSA ecc.,; in questi luoghi quindi i pazienti possono derivare contagio e la malattia proprio dai sanitari che dovrebbero proteggerli col vaccino; in secondo luogo l’aver previsto per i sanitari che la covid sia divenuta una malattia tabellata ossia un rischio professionale, smentisce l’affermazione contenuta nel di 44/2021 e le attestazioni ISS cui si riporta la convenuta, ossia che i vaccini servono per proteggere dal contagio del Sars Cov 2 e per creare ambienti di lavoro più sicuri; i vaccini, invece, come a tutti noto, non bloccano la trasmissione virale e non proteggono i sanitari neanche dalla malattia severa; anzi come osservato dalla t.., ,1i, una gran quantità di studi scientifici indipendenti soggetti a revisione paritetica, danno evidenza di un’alterazione/riduzione della risposta immunitaria nei soggetti vaccinati sia rispetto al Sars Cov 2 che rispetto ad altri agenti patogeni e anche alle cellule tumorali, ciò che spiega il fenomeno del maggior contagio dei vaccinati e dello sviluppo anche della malattia severa della covid 19 e di altre malattie anche autoimmuni, proprio per la disregolazione del sistema immunitario (vd. i molti studi linkati dalla el suo ricorso).

Dunque, da tale documento lnail emerge che i vd. vaccini anti covid, non solo non sono anti sars cov 2 ecioè non impediscono la catena del contagio, ciò che è divenuto ormai un fatto notorio, ma non impediscononemmeno la malattia severa, le ospedalizzazioni e i ricoveri in terapia intensiva dei vaccinati; sotto questosecondo profilo della prevenzione della malattia, che è la specifica funzione assegnata a questi preparati in sededi autorizzazione al commercio (vd. schede tecniche dei vari vaccini) va osservato che non era consentito nègiustificare il ricorso al Regolamento europeo 507/2006, né l’imposizione vaccinale per un inesistente interesse pubblico e funzione solidaristica.

La protezione personale del lavoratore, qui comunque esclusa dai dati appena richiamati, è una questione privata che nessun datore di lavoro potrebbe imporre a una persona sana a meno di violare la libertà di autodeterminazione sancita in campo medico dall’art.32 cost, e dall’art.3 della Carta di Nizza, quella stessa libertà di autodeterminazione che i giudici penali hanno sempre tutelato allorquando ad es. un testimone di Geova venga emo-trasfuso contro la sua volontà, anche se per salvargli la vita; in questo caso il giudice penale condanna sempre il medico per il trattamento salva vita imposto a chi non lo vuole (vd. sent. trib Tivolisent.pen. 1179/2020).

“A fortiori” questa tutela della libertà di autodeterminazione cd. Habeas corpus, vale per chi, come la  \ nonsi trovava in pericolo di vita, era del tutto sana e non voleva prevenire una certa malattia futura ed eventuale,ancherisultata curabile senza vaccini.

Proseguendo con la disamina dei documenti prodotti dalla ·i a sostegno della sua domanda di risarcimento, sirileva che la . ha anche – dimostrato che la carica virale dei vaccinati non è diversa da quella dei non vaccinati; la;-  ha citato degli studi pubblicati su British Medicai Joumal iI 2.8.21, su The Lancet 28.10.21, e su The Lancet Regional Health- Europe del dic. 21che dimostrano la crescente rilevanza della popolazione vaccinata come fonte di trasmissione.

Ha citato anche gli studi riferiti al rilevamento dati in Gran Bretagna.

A questi argomenti si aggiunge che nello stesso sito del Ministero della Salute non si parla mai della prevenzione dell’infezione da sars cov 2 ma della prevenzione della malattia covid 19, conformemente alle stesse affermazioni delle case produttrici e alle schede tecniche da esse allegate alla richiesta di immissione in commercio in forma condizionata.

Dunque, già solo questi elementi, tralasciando gli altri del lungo ricorso di 52 pagine della:–­ consentono di ritenere discriminatoria la condotta dell’azienda convenuta, che pur in presenza di lavoratori nella stessa condizione ovvero tutti con la stessa capacità di trasmettere il contagio, ha impedito a quelli non vaccinati come la         ii continuare a lavorare, togliendole l’unica forma di reddito che le garantiva la “libertà dal bisogno” e con essa la sua “dignità” di persona, per giunta per un tempo eccezionalmente lungo, sproporzionato e irragionevole.

Quindi poiché il vaccino non aveva la capacità immunizzante attestata in modo non veridico nel decreto legge 44/2021 e successive leggi di conversione e proroghe, per giustificare le sospensioni dal lavoro di certe categorie di cittadini, non appare giustificato in alcun modo il trattamento sperequato che consente ai vaccinati di lavorare e che vieta invece di lavorare ai non vaccinati, che sono stati emarginati dalla società, privati della dignità del lavoro e della libertà dal bisogno; da notare che l’art. 4 Cast. recita: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove lecondizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e lapropria scelta, un’attività o una.funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Dunque il diritto al lavoro viene “riconosciuto” dallo Stato, è quindi ad esso preesistente, e non èpossibile che diventi oggetto di graziose concessioni da parte di qualsivoglia Istituzione statale o locale, o diqualsivoglia burocrate o manager di Asi; inoltre lo Stato ha l’obbligo di “promuovere” questo diritto rimuovendogli ostacoli materiaii al suo esercizio; dunque né I’ Asi convenuta né lo stesso legislatore possono creare ostacolial lavoro come appunto l’imposizione a persone sane di iniezioni persino sperimentali, creando seri rischi alla loro vita, nemmeno mai autorizzate per laprevenzione dei contagi.

Quindi la discriminazione è stata attuata dalla legge in primis e poi dall’Azienda convenuta che ha dato esecuzione alla legge discriminatoria, privando la  • di un diritto naturale per un lasso temporale eccezionalmente lungo e senza valide ragioni, gettandola nella emarginazione e nello stato di bisogno.

A nulla rileva che l’Azienda applicasse una legge dello stato e non avesse dolo o colpa; per questo tipo di illecito l’elemento soggettivo è irrilevante dovendo il giudice accordare la tutela inibitoria immediata e risarcitoria anche se manchi il dolo o la colpa del datore di lavoro.

Da notare che l’azienda convenuta cita a supporto dell’efficacia dei vaccini le attestazioni dell’ISS, sulla base dei dati statistici pubblicati dall’ISS sul sito del Ministero della Sanità e che dimostrerebbero che i vaccini seppure non eliminino i contagi li riducano e riducano i decessi e i sintomi gravi, concludendo che gli effetti avversi gravi sono tollerabili in rapporto ai benefici concludendo che in particolare la morte di 18 persone su 100 mila vaccinati è tollerabile e che comunque il vaccino è utile per proteggere i fragili.

Queste deduzioni difensive si basano appunto su una gestione di dati che proviene dallo stesso ISS, ec he non è verificabile, dati descritti in report involuti e scarsamente chiari e intelligibili, verosimilmente sempre ricavati con tutti i limiti di un rilevamento mediante la sorveglianza passiva e nel periodo finestra di soli 14 giorni post inoculo; non vengono conteggiate quindi le morti improvvise e tutte le malattie che si verificano dopo 14 giorni e che potrebbero invece, con elevato grado di probabilità (vd. i casi di Camilla Canepa e Torrisi) essere correlate ai vaccini, come suggeriscono le migliaia di studi linkati dalla   , e come non escludonole stesse case produttrici allorquando affermano “non sono stati.fatti studi di genotossicità e cancerogenicità,

non si conoscono gli effetti nel medio e lungo termine; non sono stati fatti studi sugli immuno compromessi, sui pazienti oncologici, sui.fragili, sui bambini ecc. “.

Le attestazioni TSS quindi, che l’Azienda convenuta recepisce nonostante l’esperienza degli Ospedali da essa gestiti e tralasciando gli approdi scientifici pubblicati nelle riviste specializzate, che un operatore particolarmente qualificato come appunto il personale responsabile dell’azienda convenuta dovrebbe monitorare, ebbene dette attestazioni contrastano anche con quanto dichiarano le stesse case produttrici sull’appropriatezza prescrittiva dei preparati, che dichiaratamente non servono per prevenire il contagio; inoltre le attestazioni dell’ISS contrastano col dato di comune esperienza ossia col fatto notorio, essendo diffusa nella coscienza popolare la consapevolezza che i vaccinati si contagiano ugualmente e sviluppano anche stati febbrili e la malattia severa.

Anche l’altra difesa della convenuta di aver applicato la legge e creato essa stessa i DVR in base alla legge è una difesa inconsistente per giustificare la condotta discriminatoria emersa in causa.

Si noti che il Giudice appresta la tutela inibitoria e risarcitoria contro la discriminazione sia

quando sia attuata dalla PA o dal privato (indifferentemente), sia quando venga attuata con legge dello stato che va quindi disapplicata (sent. cass.3842/2021; cass. Sez. lav.3963/2017)

Quindi la condanna della convenuta al risarcimento non è esclusa dal fatto che essa abbia attuato una normativa imposta dal legislatore e che risulta discriminatoria; inoltre è irrilevante lo stato soggettivo del dolo o della colpa essendo irrilevante in questo tipo di azioni giudiziarie la sussistenza dell’elemento soggettivo.

Da segnalare numerose pronunzie nazionali che hanno disapplicato queste leggi e riammesso al lavoro il personale sospeso per mancato vaccino covid 19 o personale privo di green pass, in considerazione dell’inefficacia e pericolosità dei vaccini anti covid, ricorrendo anche alle discriminanti della legittima difesa ostato di necessità per salvare la propria vita.

Si segnalano ex multiis, anche dopo le tre pronunzie della Consulta n. 14-I 5 e 16: Sentenzatribunale dell’Aquila, Sez. Lav., 13 settembre 2023, n. 136 : “omissis  Orbene, questo Giudice

“intende discostarsi da tale interpretazione, rilevando che i vaccini per Sars Cov 19 in commercio non sono strumentiatti in alcun modo a prevenire il contagio. Qui non si discute, peraltro, come è evidente, della idoneità o meno dei vaccini a prevenire le forme acute della malattia, che è tutt’altra questione, non di interesse per il presente giudizio -bensì della capacità, o meglio della incapacità,  di  tali  vaccm1  quale  strumento  di  prevenzione  del  contagio. Ci si intende quindi in particolar modo discostare da quanto sostenuto dalla Consulta, che richiama, prestandovi quindi fede, una affermazione dell’ISS, secondo cui «[l]a vaccinazione anti­ COVJD-19 costituisce una misura di prevenzione fondamentale per contenere la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2” ed «anche se l’efficacia vaccinale non è pari al l00% “. Ed in effetti, l’idoneità dei vaccini attualmente in commercio anon venire contagiati e a non contagiare, e quindi quale strumento di prevenzione del contagio, non solo è chiaramentesmentita dalla realtà dei fatti conosciuta da tutti (realtà toccata con mano, senza necessità di particolari conoscenze mediche: ad un soggetto viene somministrato il vaccino e poco dopo gli viene diagnosticata l’infezione da SARS-CoV- 2) ma dalle stesse case produttrici dei vaccini…omissis. Nello stesso senso la Sentenza 780/2023 del Giudice di pace di Monza datata lgiugno 2023 annulla la sanzione comminata al cinquantenne non vaccinato per la violazione della Convenzione della CEDU, per la scriminante dellart. 4 della legge 689/81 dell‘esercizio di un diritto o della legittima d[fesa o dello stato di necessità, dovutaali’insorgenza di reazioni avverse ; per la violazione del diritto alla riservatezza dei dati personali e infine per leviolazioni dei diritti costituzionali di cui agli artt. 2,3,27,32,97 Cost. anche per la violazione dellart. 3 CartaFondamentale dei diritti dei cittadini europei che pone il principio della libera autodeterminazione in campo medico e della dignità dell’uomo agli artt. 1,2,3. Idem Giudice di Pace di Pisa (luglio 2023); Giudice di Pace diMantova

annulla sanzione in tema di green pass sul lavoro20 giugno 2023; sent. Giudice del Lavoro di Siena 21 aprile2023 dichiara illegittimo l’obbligo vaccinale e riammette al lavoro una lavoratrice sospesa; sentenza delGiudice di Torino giugno 2023 dichiara illegittimo l’obbligo vaccinale e riammette al lavoro la dirigente dell’Asl della regione Piemonte; sent Gip Tribunale diNapoli n. 20/2023 del 13marzo 2023 pag. 11 scrive: nel prendere le distanze dal!‘interpretazione fornita dalla Consulta intende piuttosto conformarsi allindirizzo giurisprudenziale di merito che ha qualificato come ‘fatto notorio” linidoneità dei vaccini incommercio a costituire strumenti di prevenzione del contagio trattandosi di un fatto che appartiene al normale patrimonio di conoscenze della comunità sociale” omissis  pag 18:“studi scientifici ancora non definitivi e

“provvisori, i vaccini per sars cov 2 in commercio possono causare effetti collaterali gravi e anche fatali in un numero non del tutto marginale e indifferente di casi….. la condotta dell’imputato di non sottoporsi alla vaccinazione obbligatoria entrando in caserma senza green pass è discriminato dalla necessità di salvare sé dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, nel quale l’imputato sarebbe incorso proprio sottoponendosi alla vaccinazioneobbligatoria”; Giudice di Pace di Monza 780/2023 annulla sanzione per mancato vaccino aver 50; Giudice diPace di Chiavari sentenza n. l/2023 depositata I 0.1.23 annulla la sanzione di euro 400,00 comminata dalla Polizia di Sestri Levante comminata al ricorrente che stava, in epoca di imposizione di green pass rafforzato, all’interno del locale “Le Calamare” e si rifiutava di esibire il green pass alla polizia municipale; il giudice scriveche la misura contrasta in modo “evidente” con l’art. 3 della Carta di Nizza che impone la necessità di unlibero consenso per qualunque trattamento sanitario:

“l’obbligatorietà della vaccinazione anti covid per accesso alla ristorazione di un locale aperto al pubblico non può cheessere incompatibile con un libero consenso al trattamento, ponendosi come condizione inevitab;/e per l’eserciziodella libertà di movimento del singolo ……. Omissis ” La normativa va disapplicata con conseguente venir meno della legittimità dellordinanza ingiunzione opposta .“Anche il GIP di Cuneo nella prima decade di giugno 2023 ha rilevato la problematica della mancanza di un vero consenso nei moduli precompilati fatti sottoscrivere alla popolazione, e ha ordinato l’imputazione coatta per omissione di atti d’ufficio nei confronti del Direttore dell’Asl di Cuneo Iche non’ aveva fornito le informazioni sul vaccino anti-Covid all’infermiera che gliele aveva del tutto legittimamente richieste e che poi lo aveva denunciato per questo suo rifiuto. 11 Giudice rileva che “un consenso non dettagliato non può ritenersi legittimo”  dice anche che non si pone una questione burocratica in quanto i sieri sono allo stato soggetti ad autorizzazione in via condizionata, per i quali è quindi tuttora in corso la verifica sull’idoneità a fornire benefici per la salute umana maggiori rispetto ai rischi. Giudice di Pace di Lucca novembre 2023 cita la legittima difesa come scriminantedella mancata vaccinazione over 50. A queste pronunce si aggiungono le innumerevoli sentenzepenali, civili e amministrative, ante sentenze Consulta.

La natura sperimentale di queste iniezioni deriva dalla forma condizionata della loro immissione in commercio e dal monitoraggio addizionale per esse previsto, ma eluso dai limiti della farmacovigilanza passiva limitata ai soli 14 giorni post inoculo; ciò va ad illuminare il danno psichico e morale sofferto dalla  a causa di questa normativa e della sospensione imposta dall’ASL di appartenenza in attuazione di tale normativa; la ha prodotto, infatti, vari studi scientifici del tutto affidabili soggetti a revisione paritetica; tali studi danno evidenza della mancanza di sicurezza di questi preparati, risultati anche mortali, come ammette la stessa Aifa e l’Iss nei loro rapporti, dove si parla di 17,6 eventi gravi ogni 100 mila dosi (doc. 24 e 25).

Si noti che a pag. 36 la _ ,.richiama anche il Link della banca dati europea Eudravigilance che riporta 1.628.583 reazioni avverse al 19.3.2022 con esito fatale per n. 42.214 casi, numeri che evidenziano l’inattendibilità dellaraccolta dati di Aifa e di JSS e la pericolosità dei vaccini per la salute pubblica.

Da notare che i numeri sensibilmente inferiori degli eventi avversi che si rinvengono nei report ISS e Aifasono inattendibili per il periodo finestra limitato di rilevamento, che , in base al report Aifa è circoscritto adue settimane dall’inoculo; le case produttrici scrivevano che gli effetti nel medio e lungo termine non eranonoti e dunque ci si sarebbe atteso di rilevare anche gli eventi avversi dopo le due settimane (vd. pag. 34ricorso con i casi di Camilla Canepa morta 16 gg. dopo il vaccino e Mario Turrisi morto 28 giorni dopo).

Altro elemento che denuncia l’inaffidabilità dei report dell’ISS e dell’Aifa è il documento prodotto dalla – , contenente il report Aifa 2019-2020 ossia dell’anno anteriore al periodo vaccinale, dove emerge che l’impiego della farmacovigilanza attiva adottato dalla Regione Puglia ha portato ad una quintuplicazione degli eventi avversi (46,8 segnalazioni per 100 mila abitanti con farmacovigilanza attiva a fronte della media nazionale di n. 9 segnalazioni ogni 100.000,00 rilevati con farmacovigilanza passiva)- vd. rapporto 2020 Aifa.

Quanto agli studi che dimostrano la pericolosità dei vaccini per la salute pubblica vale la pena di richiamare exmultiis tra quelli linkati dalla  f, ad es. quello del pubblicato su Nature nel 2021 (Jiping Liu, jumpang Wang, JinfangXu ecc.) che dà conto di alterazioni del metabolismo glucidico, collegato, di alterazione dell’equilibrio elettrolitico, della funzione renale, e coagulativa, e della complessa alterazione del sistema immunologico con riduzione della risposta dell’interferone.

Si richiama anche lo studio sull’instabilità genomica indotta dai vaccini pubblicato su MDPl con serio rischio di cancerogenesi.

Vi sono poi tutta la serie di studi sui danni cardiaci, sulla morte improvvisa da fibrillazione ventricolare, miocarditi ecc., lo studio di Lund sulla trascrittasi inversa ecc; per completezza si rimanda a pag. 35 e ss. del ricorso ea tutti gli studi ivi linkati.

Alla luce di tutto ciò l’imposizione di questi preparati sperimentali alla   dissenziente, per poter esercitare ilsuo diritto naturale al lavoro e sostentarsi e avere un’esistenza libera dal bisogno, ha presuntivamente determinato un danno morale particola1mente intenso che va adeguatamente risarcito.

Pertanto l’azione promossa dalla _ è risultata fondata e va accolta mediante condanna della convenuta alla corresponsione del danno patrimoniale da lucro cessante e ricostituzione della posizione contributiva per tutto il periodo di sospensione illegittima, oltre il non trascurabile danno non patrimoniale, di tipo psichico, morale ed esistenziale, per aver subito questo trattamento sperequato rispetto ai colleghi, che si è tradotto nella sua emarginazione sociale, in un ingiustificato e duraturo divieto di accesso al lavoro violando un suo diritto naturale, e il diritto all’esplicazione della sua personalità nel mondo e nella comunità lavorativa in violazione art. 2 Cost., con una significativa emarginalizzazione della sua persona, catapultata fuori dalla comunità lavorativa frequentata da quasi 40 anni, sin dal 1985, e con l’angoscia derivante dall’irragionevolezza di una normativa continuamente prorogata senza alcun criterio che rendesse prevedibile il suo futuro, e anche al di là della stessa cessazione formale dell’emergenza sanitaria; si pensi, infatti, che l’emergenza è cessata il 31 marzo 2022 ma la proroga delle sospensioni dei sanitari si è protratta fino al 31.12.22; questa irragionevolezza e imprevedibilità delle continue proroghe della sospensione, ha presumibilmente inciso in modo significativo in termini di sofferenza soggettiva e psichica della  . per lo stato di incertezza esistenziale in cui è stata gettata, non potendo prevedere né se sarebbe mai potuta rientrare a lavoro néquando, trattandosi di una normativa illogica come già detto, scollegata non solo dalla efficacia preventiva dei cd vaccini ma dalla stessa emergenza sanitaria.

In conclusione va affermata la natura discriminatoria della sospensione e va valutato il peso di quella sospensione nella vita e nella psiche di una persona allontanata senza valide ragioni dal suo posto di lavoro, privata senza alcuna valida ragione dei mezzi di sostentamento per oltre un anno, essendo il lavoro di infermiera l’unica forma di reddito, e non potendo presumibilmente aver messo da parte significative riserve di denaro trattandosi di un modesto stipendio di infermiera che mal si prestava a forme di risparmio su cui poter contare durante la lunga sospensione sofferta; va valorizzato anche il fatto che la discriminazione è stata attuata anche con una coartazione della libertà di autodeterminazione in campo medico, inducendola a mettere a rischio la sua integrità fisica e la sua vita, con la pressione psicologica di spingere la sanitaria verso un trattamento iniettivo inefficace per la protezione degli altri, sperimentale e pericoloso per la sua vita e salute; pertanto, tenuto conto anche della natura dissuasiva che deve avere questo tipo di risarcimento per evitare il ripetersi delle stesse condotte illecite, si stima equo riconoscere alla.   la somma di euro 200,00 a titolo di danno morale e psichico ed esistenziale, per ogni giorno di sospensione discriminatoria, utilizzando quell’importo già impiegato di recente dal Consiglio diGiustizia                                                       • amministrativa di Palermo con la sent. depositata il 25.10.2023per le restrizioni regionali attuate in Sicilia nei confronti di un bambino durante il lockdown impedendogli di giocare all’aperto per 5 giorni.

S ritiene che questa situazione della  • sia anche più grave ma comunque, riconoscendole gli stipendi di tutto il periodo di sospensione e la continuità previdenziale, si può liquidare anche in questo caso per il danno non patrimoniale la somma di euro 200,00 da moltiplicare per ogni giorno di discriminazione attuata mediante la sospensione dal lavoro, con decorrenza dal 2.9.21 fino alla cessazione della sospensione.

Le spese seguono la soccombenza come in dispositivo.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

Leggi le ultime notizie su www.presskit.it

Le sentenze della Zanda: Giudice reintegra psicologa sospesa senza vaccino: prodotti “sperimentali talmente invasivi da insinuarsi nel Dna”

Le sentenze della Zanda: “Neanche un solo cittadino europeo può essere sacrificato per una sperimentazione medica”, tribunale di Firenze

Può interessarti anche: Indagata per aver difeso la “sua dignità e quella di tutti i cittadini”, in difesa del giudice Zanda Francesco Maria Fioretti, già presidente di sezione della Corte di Cassazione.

Può interessarti anche: “Solidarietà alla dott.ssa Susanna Zanda”, gli avvocati scrivono al ministro Nordio

Può interessarti anche: Chieste le dimissioni per il ministro Nordio per il procedimento a carico della giudice Zanda, che ha reintegrato dei non vaccinati al lavoro

Può interessarti anche: 155 avvocati ringraziano il giudice Zanda, per la sentenza a favore di una psicologa non vaccinata

Può interessarti anche: Giudice indagato per aver ridato lavoro ai no vax “Situazione gravissima. A rischio diritti e libertà di ogni cittadino”, Augusto Sinagra

Può interessarti anche: Dai social arriva la solidarietà al giudice Zanda, indagata dopo avere riammesso al lavoro dei no vax

Può interessarti anche: “Precedente grave”, tuona l’avv. Sinagra sul procedimento contro il giudice Zanda, che ha riammesso al lavoro dei non vaccinati

Seguici su Facebook https://www.facebook.com/presskit.it

Seguici su Sfero: https://sfero.me/users/presskit-quotidiano-on-line

Seguici su Telegram https://t.me/presskit

Altri articoli interessanti

Social Media Auto Publish Powered By : XYZScripts.com