Meno tutele per tutti nella riforma del codice deontologico dell’Ordine Nazionale degli Psicologi Italiani

La denuncia arriva dalla dottoressa Luisa Benedetti del Comitato Nazionale Psicologi, che in una recente intervista ha analizzato il nuovo codice deontologico dell’Ordine Nazionale degli Psicologi Italiani con Martina Pastorelli. L’Ordine è spaccato, ce lo dicono i voti: le modifiche sono passate con 9000 e qualcosa voti favorevoli su 7600 contrari.

Che cosa è cambiato.

E’ stato introdotto un “trattamento sanitario alla pari di quello che è conosciuto come un TSO, un caso psicologico potrà essere segnalato direttamente dallo psicologo all’autorità giudiziaria, la quale senza consenso informato potrà dare il via libera. Allora, la prego di spiegarci bene, meglio di quello che ho brevemente detto io, che cosa è successo, che cosa cambia e farci un esempio, che cosa può succedere da adesso in poi. Allora, quello che cambia è che la prestazione professionale, così era definita il nostro lavoro, diciamo, viene suddiviso in due aspetti. Una è il trattamento sanitario. Mentre quando io vado a fare un intervento, per esempio, nelle scuole, per parlare di temi di vario genere, il bullismo, l’identità di genere, l’alimentazione, qualsiasi cosa, allora lì sto esercitando una prestazione professionale. La modifica che è stata introdotta fa sì che io possa non tenere conto, se valuto che il bambino, il minore o la persona incapace abbia bisogno di un trattamento psicologico e i suoi tutori o i genitori, gli esercenti e la responsabilità genitoriale non sono d’accordo, io posso rivolgermi al giudice e imporre il trattamento psicologico. Come sia possibile imporre un trattamento psicologico per noi, però tant’è, mentre quando io vado a parlare di temi delicati nelle scuole non sono tenuta ad avere il consenso dei genitori. Nel primo caso quindi il trattamento psicologico viene considerato come un TSO, come adesso un TSO, che è limitato nei tempi, nei modi, nelle circostanze, sono richieste una serie di interventi prima che venga attuato.  Nel caso delle scuole non è chiaro perché questa proposta che è passata di modifica del codice usa dei termini che sono molto vaghi ed è di difficile definizione, però al tempo stesso ovviamente apre a tutta una serie di possibilità che non sono neanche prevedibili.

Quindi in teoria sì, se io psicologa ritengo che quel minore abbia bisogno di un trattamento sanitario lo posso imporre rivolgendomi al giudice e quindi sottraendo potere alla responsabilità genitoriale in realtà”.

Per quanto riguarda invece la presenza, diciamo, di voi psicologi nelle scuole per tenere seminari, lezioni su tematiche di interesse, ecco, fino a queste modifiche c’era bisogno di volta in volta di un consenso senso informato da parte delle famiglie che dovevano appunto rilasciarlo. Adesso questo è cambiato, non c’è più, c’è all’inizio dell’anno giusto ma non di volta in volta e quindi questo che cosa rischia di comportare secondo voi?

“Rischia di comportare che io posso in quanto psicologa posso trattare temi delicati, come quelli che ho citato prima, senza che le famiglie siano neanche informate di questo. Non siamo tenuti a informare le famiglie. Quindi tutta una serie di temi che in questo momento vanno per la maggiore, possono essere serenamente introdotti nelle scuole senza che neanche i genitori ne siano al corrente.

Quindi gender, educazione come si dice alla sessualità, ma a questo punto diciamo qualsiasi argomento inquinato dalle ideologie dominanti rischia di finire qua dentro giusto?

“La preoccupazione è questa”.

Già li fate questi incontri?

“Sì, la differenza è che prima del rinnovo del codice occorreva il consenso informato e quindi le famiglie potevano esercitare la loro facoltà di dire sì o no. Adesso non c’è più questo vincolo”.

Il terzo cambiamento di un certo rilievo attiene alla segretezza professionale cui voi eravate chiamati a tutela del paziente, a tutela del cliente. Ecco, questo è stato sostituito da che cosa e in che modo cambia la relazione anche di fiducia col paziente?

“È stato sostituito da un cosiddetto protocollo di riservatezza. Riservatezza e segretezza sono due cose ben differenti. La professione dello psicologo si basa sulla relazione, che è una relazione di fiducia, di sostegno, di accompagnamento, di fiducia, fondamentalmente di alleanza e questa si basa anche sul fatto che lei che si rivolge a me si accetta del fatto che io non rivelerò ad alcuno ciò che lei mi confida. Con quel cambiamento di questo articolo, io posso essere sia obbligata dal giudice a rivelare ciò che lei mi ha detto in seduta, sia nella… posso avere delle deroghe nelle esplicazioni di non meglio identificati doveri burocratici. Quindi in alcune situazioni io posso essere tenuta a quello che lei mi ha confidato”.

Le faccio una domanda generale per chiudere, in quale direzione secondo lei si sta andando con l’introduzione di queste modifiche? Erano modifiche richieste per poter lavorare meglio o sembrano essere arrivate, insomma calate dall’alto per non meglio precisati motivi?

Queste sono delle modifiche che sono state calate dall’alto con nessuna partecipazione della base degli iscritti. Il Consiglio Nazionale dell’Ordine ha lavorato in modo parziale e la motivazione è stata la necessità di adeguare alle nuove norme anche il codice deontologico che è quello che detta le regole per l’esercizio della nostra professione. In realtà va a snaturare completamente la nostra professione e la psicologia, perché in questa maniera noi rischiamo di diventare nient’altro che la longa mano di poteri di vario genere, mentre la nostra professione è di sostegno, è di accompagnamento all’espressione del sé, non ha nulla a che fare con… non siamo noi a dover dire alle persone cosa devono o non devono fare. L‘orientamento è molto pericoloso perché nel Codice si parla espressamente di osservare gli indirizzi scientifici delle comunità nazionali e internazionali, che anche quelle non sono specificate, non si sa bene cosa sia, ma questo esclude tutta una serie di nostre metodologie che esulano dalla scienza così come noi l’abbiamo conosciuta negli ultimi anni. Quindi in realtà è un cambiamento che è molto pericoloso e che snatura completamente la psicologia e la professione.

E’ qualcosa che stiamo già vedendo per esempio in relazione alla prevenzione pandemica per cui chi è cosiddetto asintomatico viene trattato come se fosse malato e pericoloso. In questo caso quanto viene lasciato al vostro giudizio riguardo alla decisione se una persona è da trattare o non è da trattare e quanto c’è il rischio diciamo che si vada nella direzione di medicalizzare la società e di considerare appunto pazienti permanenti le persone malate a prescindere e quindi da trattare appunto con trattamenti sanitari psicologici obbligatori. La direzione è decisamente quella di medicalizzare e anche di normalizzare.

Quello che abbiamo visto nei tre anni appena trascorsi è che ogni forma di dissenso è in qualche modo definita anomala e in alcuni casi anche proprio è stato consigliato il trattamento sanitario per chi non era allineato con la narrazione ufficiale e questa tendenza emerge in maniera sempre più chiara perché il riferimento è stato tolto dal nuovo codice, il riferimento per esempio all’autodeterminazione sia del paziente sia del professionista e anche quello alla libertà di scelta, che è anche terapeutica, ma è la libertà di pensiero sostanzialmente. Lo vediamo nelle scuole dove la tendenza a diagnosticare i è sempre più frequente, un bambino che non è allineato, che non se ne sta buono, è quasi sempre diagnosticato e non si prende in considerazione che possa essere un modo altro per esprimere le sue esigenze, la sua intelligenza e quant’altro. Non so se questo sia il fine ultimo, ma è sicuramente uno degli effetti che produce, che rischia di produrre e per quanto ci riguarda abbiamo visto in questi anni che la psicologia ha giocato un ruolo importante anche nella manipolazione, anche nel far passare determinate informazioni, un certo modo di vedere le cose. Quindi può anche far passare l’esatto opposto, ed è questo, secondo me, che si vuole neutralizzare: diventare degli esecutori e non invece coloro che possono aiutare le persone a risvegliare la coscienza”.

Qui potete trovare l’intervista completa: https://rumble.com/v3l5std-a-colloquio-con-luisa-benedetti.html

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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