Finestra di Overton sulle pensioni: più basse se si ha un’aspettava di vita alta

 L’Inps smentisce di aver fatto delle proposte politiche che prevedano pensioni più basse con una aspettativa di vita più alta, ma intanto si è aperta la finestra di Overton e se ne inizia a parlare. “I dati raccolti (dall’ines) possono rappresentare una risorsa per l’elaborazione di scelte politiche e amministrative, ma non è nei compiti dell’Istituto fare proposte al legislatore in materia di welfare. Il XXII Rapporto annuale dell’INPS, presentato alla Camera dei Deputati il 13 settembre scorso, è un documento che fornisce una panoramica delle prestazioni erogate e dell’impatto di tali prestazioni sulle dinamiche rilevate nel nostro Paese”, scrive l’Istituto di previdenza in un comunicato stampa.

“L’INPS è da sempre impegnato nella raccolta, sistematizzazione e condivisione dei dati relativi alle materie di pertinenza, per offrire al Paese una panoramica fondamentale sulle dinamiche demografiche, sociologiche ed economiche”.

I dati raccolti dall’Inps “mostrano che un pensionato che ha lavorato come operaio o impiegato ha una previsione media di percepire una pensione per 17,6 anni, mentre un ex dirigente mediamente ne può godere per 19,7 anni. Tuttavia, secondo lo studio dell’Inps, anche il reddito svolge un ruolo: un pensionato con un reddito basso, infatti, prevede di ricevere una pensione per 16 anni in media, mentre chi veleggia nella fascia di reddito più alta ha una previsione media di 20,9 anni”, ricostruisce il sito di Nicola Porro.

“Lo stesso discorso, più o meno, si può fare per quanto riguarda la regione di residenza. Nelle Marche e in Umbria, per fare un esempio, gli uomini hanno una speranza di vita di 18,3 anni in media dopo l’agognata pensione di 67 anni. In Trentino Alto Adige, le donne, possono invece arrivare anche fino a 21,6 anni. Opposto il discorso in Campania e Sicilia, dove la previsione media di assegni pensionistici arriva a 17 anni per gli uomini e a 17,1 per le donne.

Il calcolo del contributo pensionistico avviene tramite un coefficiente di trasformazione, il valore che concorre a determinare l’assegno pensionistico e che al momento è lo stesso per tutti (al netto delle variazioni in base all’età del lavoratore quando chiede la pensione). Non importa cioè il tipo di lavoro che fai, il luogo in cui vivi, se l’efficienza sanitaria della regione di residenza o di altri fattori che possono concorrere ad allungare (o ridurre) mediamente l’aspettativa di vita. Pertanto, l’Inps suggerisce di analizzare questi fattori per ottenere una distribuzione più equa delle pensioni”.

“Questo rapporto evidenzia, tra l’altro”, precisa l’Inps, “la forte vivacità del mercato del lavoro, la ripresa post-COVID e l’efficacia delle politiche di de-contribuzione. Allo stesso tempo, evidenzia sfide strutturali a livello sociale e territoriale, sfide che sono state affrontate grazie alla solida rete del Welfare State italiano, di cui l’INPS è uno dei garanti da 125 anni.

L’impegno dell’INPS è e rimarrà sempre quello di garantire la tutela dei diritti dei cittadini e la sostenibilità del sistema previdenziale italiano, nel rispetto delle competenze e dei ruoli istituzionali”.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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