Avvocati e numero di caratteri sulla lunghezza delle difese: la denuncia dell’associazione Libero Arbitrium

“Nel solco della cyber giustizia/ giustizia predittiva, il Ministero vorrebbe imporre agli avvocati regole assai stringenti per la redazione degli atti processuali. Il tutto a detrimento della funzione pubblica e del ruolo di difesa assunto dall’ad vocatus.
I firmatari della missiva, qui allegata in copia, intendono stigmatizzare detta decisione e sottolineare le contraddizioni del sistema giuridico e processuale italiano, affinché il CNF divenga portatore delle istanze di revisione della normativa de qua”, denuncia l’associazione Libero Arbitrium.

“Ogni giorno un avvocato si sveglia e sa che deve correre più veloce delle insensate regole ministeriali, che lanciano ostacoli sulla strada del diritto/dovere sacrosanto di difendere le persone”.

E’ questo il mondo che vogliamo?

Ecco la loro lettera aperta al consiglio nazionale forense e all’ordine degli avvocati

“Oggetto: Schema di regolamento ministeriale ex art. 46 disp. att. c.p.c.

Spettabile Consiglio Nazionale Forense,

è stato da poco diffuso lo schema di regolamento sulle caratteristiche che dovranno avere gli atti processuali in esecuzione dell’art. 46 disp. att. c.p.c.. Il testo, licenziato con ritardo, è stato sottoposto alla Vostra attenzione con pressante urgenza per l’emissione del previsto parere entro il 30 giugno 2023.

A monte di tutto, sembra evidente a chiunque eserciti la professione forense lo sproporzionato e artificioso rilievo attribuito ai famigerati requisiti di «chiarezza e sinteticità».

Requisiti che hanno inutilmente assorbito tante energie e risorse a scapito di interventi più utili, concreti ed essenziali.

Il tema delle lentezze e dei ritardi dei processi è infatti all’ordine del giorno da tempo immemorabile, se è vero che nessuno rammenta un felice periodo in cui l’organizzazione della giustizia ne sia stata esente.

Non è il caso di enumerare le diagnosi succedutesi nel corso dei decenni e le conseguenti soluzioni con cui il legislatore ha creduto volta per volta di migliorare la situazione. Per quante critiche si possano muovere alle passate impostazioni, è certo che quella di voler addebitare tali cronici problemi alla «oscurità» e «prolissità» degli atti processuali, è di tutte la più inconsistente.

Si dubita che vi sia in Italia un solo caso in cui il procedimento abbia subito rallentamenti per la scarsa perspicuità o per la ridondanza di uno scritto difensivo. Per la comune esperienza degli avvocati è perfino difficile immaginarlo. L’atto confuso o appesantito è semplicemente un atto poco efficace, destinato a non essere letto o comunque a non chiarire al Giudice le ragioni della difesa. Per contro, si ha troppo rispetto per la Magistratura per credere che un Magistrato possa farsi condizionare o addirittura rallentare da una prosa faticosa. La prassi delle aule di giustizia suggerisce che scritti del genere verranno considerati, tutt’al più, privi di apporti significativi per la decisione.

Quella della «chiarezza e sinteticità» degli atti si atteggia quindi come una questione che attiene principalmente alla miglior difesa del cliente, ma che non ha alcuna incidenza significativa sui problemi del processo. La scelta di volerla regolamentare si colloca pertanto nella mai abbastanza deprecata tendenza del legislatore a dare risposte a problemi che non ci sono.

Se la tesi di fondo è dunque risibile, non altrettanto si può dire dei provvedimenti che da essa si vogliono far discendere con l’avallo di questo Consiglio.

Si sorvola sugli «schemi degli atti processuali» necessari ai fini informatici, che riproducono con poche variazioni la struttura che gli avvocati adottano spontaneamente da sempre, oggi fatta oggetto di una codificazione tanto pedestre quanto sgradevole.

Del resto, è palese come ciò abbia rappresentato solo il pretesto tecnico per l’introduzione delle previsioni sulla misura obbligatoria degli atti processuali, vero elemento di dirompente e inaudita novità nella storia dell’avvocatura.

E’ la prima volta, per quanto è noto, che un ordinamento stabilisce quanto devono essere lunghi gli scritti difensivi: e che questo avvenga in Italia, assopita madre del diritto di tutte le nazioni, è triste e avvilente.

Sotto il profilo del metodo, il provvedimento denuncia a un tempo la deriva autoritaria, centralistica e tecnocratica, e la parallela disgregazione dei principi democratici che improntano l’epoca presente.

Da un lato, infatti, lo Stato si arroga funzioni e competenze che pertengono strettamente agli Ordini professionali, prima fra tutte quella di educare e formare i propri iscritti. Quella di redigere atti chiari e scevri da prolissità, come detto, risponde principalmente ed essenzialmente all’efficacia della funzione difensiva. Addolora constatare come gli organi dell’Avvocatura non abbiano rivendicato e difeso la propria autonomia e non si siano opposti all’esautorazione dei privilegi che sono stati loro affidati e di cui devono essere gelosi.

Dall’altro lato, sconcerta che ancora una volta questo Consiglio non abbia neppure immaginato di dover acquisire l’opinione degli iscritti su un tema che – come molti altri – colpisce direttamente la loro dignità e la loro attività professionale. Ciò a maggior ragione atteso che tutti gli Avvocati posseggono una casella di posta certificata e una firma digitale, e sono quindi in grado di esprimere le loro opinioni in modo facile, rapido e sicuro.

Anche questo mette in luce un’impostazione verticistica e ben poco democratica. Di fatto, si è ritenuto scontato il potersi sottrarre al dibattito e definire, in separata e non disturbata sede, tesi opinabilissime e iniziative da calare sugli operatori del diritto, ridotti a massa muta, perché vi si adeguino.

Si crede che questo modo di concepire la legislazione e la funzione della rappresentanza degli Avvocati sia deteriore e necessiti di una decisa inversione di tendenza, a cominciare da questo Consiglio.

Per quanto attiene al merito, l’art. 3 della bozza di regolamento denuncia chiaramente la genesi astratta delle prescrizioni. Queste sono concepite non già per servire il processo e chi vi lavora, quanto per soddisfare le aspirazioni di ordine formale del ceto burocratico di cui sono espressione. Nel far ciò, la norma dà palese prova della grossolanità e dell’indifferenza verso i problemi reali a cui indulge questo tipo di mentalità quando si addentra in un campo mal conosciuto.

Le riflessioni critiche sono troppe per poterle elencare tutte.

Potrebbe essere sufficiente accennare alla goffa equiparazione fra «sinteticità» e lunghezza dell’atto, come se uno scritto con un minor numero di pagine garantisse di necessità una maggior sintesi di uno più esteso. Oppure, all’arbitrio dei limiti prescritti, pari a 50.000, 25.000, e 4.000 caratteri: limiti di cui non si conosce né la ragione né l’origine, e che avrebbero potuto certo essere sostituiti con altri numeri, se così fosse piaciuto all’ufficio preposto.

O ancora, al fatto che nell’art. 3 non vi è traccia delle modulazioni previste dall’art. 46 disp. att. c.p.c. sulla base di tipologia, valore e complessità della controversia, del numero delle parti e dalla natura degli interessi coinvolti. Questi criteri vengono menzionati nel solo art. 7, destinato ai provvedimenti del Giudice: del tutto inutilmente atteso che – con ulteriore scostamento dall’art. 46 disp. att. c.p.c. – tali atti vengono totalmente esentati da qualsiasi limite dimensionale. Questo a riprova che il richiamo alla «sintesi» non obbligatoriamente si coniuga in termini di lunghezza, e che delle sanzioni (peraltro non previste dall’art. 46 citato e introdotte surrettiziamente) è ben possibile fare a meno.

Sarebbe miope ritenere che la questione si possa atteggiare in termini di perfezionamento delle prescrizioni.

Il punto non è infatti adoperarsi perché gli obblighi rivolti agli Avvocati siano ragionevoli o conformi alla prassi giudiziaria, e neppure intercedere affinché le sanzioni siano proporzionate e miti.

Muoversi in questa direzione significa infatti accettare l’inaccettabile: ossia che d’ora in avanti gli scritti difensivi soggiacciano a vincoli dimensionali; che essi debbano essere giudicati sul rispetto di misure meramente numeriche; che le inosservanze possano essere punite. E’ evidente che questo significa esporre gli Avvocati a una progressiva e sempre più ampia erosione dei loro diritti e delle loro libertà. E, come la storia insegna, una volta che si rinuncia a questi ultimi ben difficilmente li si può recuperare. Quanto all’esito di eventuali compromessi, non occorre essere profeti per comprendere che, una volta ammesso il principio, basterà un intervento normativo – magari già al maturare del primo biennio – per travolgere ogni intesa, inasprire i vincoli o estenderli a procedimenti attualmente non coinvolti. Non si dimentichi per inciso che lo strumento regolamentare, a cui si è delegato il contenuto della norma, è il meno garantista e il più complicato da mettere in discussione.

Con la presente pertanto si chiede a questo Consiglio di non rendersi partecipe di questa inaudita lesione che nel silenzio si vuole arrecare all’Avvocatura e alla sua indipendenza e dignità. Si chiede a questo Consiglio di attivarsi in ogni sede e con ogni iniziativa per conservare ai professionisti di oggi la libertà di cui i loro predecessori hanno fruito per due millenni e mezzo, consapevoli che un Avvocato più debole rende più debole tutta la società.

Si chiede a questo Consiglio di evitare, anche di fronte alle generazioni che verranno, che su noi tutti cada la vergogna di aver rinunciato ai diritti di cui siamo custodi e tutori.

Cordiali saluti.

Avv. Massimo Zanetti del Foro di Milano

Avv. Maria Grazia Fancello del Foro di Milano

Avv. Francesco Sada del Foro di Milano

Avv. Valeria Panetta del Foro di Milano

Avv. Lorenza Chiodini del Foro di Bologna

Avv. Patrizia Corpina del Foro di Patti

Avv. Elisa Bastianello del Foro di Vicenza

Avv. Manuela Reale del Foro di Milano

Avv. Domenico Margariti del Foro di Busto Arsizio

Avv. Francesco Golinelli del Foro di Napoli

Avv. Silvia Conte del Foro di Sondrio

Avv. Fabrizia Vaccarella del Foro di Milano

Avv. Alfredo Tocchi del Foro di Milano

Avv. Francesco Fancello del Foro di Nuoro

Avv. Pasquale Cardone del Foro di Torino

Avv. Paola Bertagna del Foro di La Spezia

Avv. Mario Ciccarelli del Foro di Milano

Avv. Stefania Falliva del Foro di Piacenza

Avv. Lionella Scorza del Foro di Savona

Avv. Maria Carmela Picariello del Foro di Avellino

Avv. Gianluca Tencati del Foro di Rimini

Avv Sabina Meneghini del Foro di Padova

Avv. Massimo Leonardi del Foro di Milano

Avv. Rita Fontanesi del Foro di Modena

Avv. Elisabetta Frezza Bortoletto già del Foro di Padova

Avv. Gianfrancesco Vecchio del Foro di Roma

Avv. Mara Viviana Coppi del Foro di Milano

Avv. Caterina Cuneo del Foro di Milano

Avv. Miriam Stival del Foro di Treviso

Avv. Gianluca Savino del Foro di Milano

Avv. Riccardo Corgiat Mecio del Foro Di Milano

Avv. Roberta Quagliuolo del Foro di Milano

Avv. Silvia Felice del Foro di Piacenza

Avv. Alessio Anceschi del Foro di Modena

Avv. Aurora Vizzarri del Foro di Pistoia

Avv. Paolo Panucci del Foro di Pavia

Avv. Gaia Venturelli del Foro di Modena

Avv. Maddalena Pagnin Foro di Milano

Avv. Rossana Balice del Foro di Bari

Avv. Antonella Casale del Foro di Reggio Calabria

Avv. Margherita Rizzolo del Foro di Brescia

Avv. Simonetta Morgagni del Foro di Ravenna

Avv. Enrico Fornasari del Foro di Piacenza

Avv. Chiara Lombardo del Foro di Firenze

Avv. Sabrina Lotti del Foro di Rimini

Avv. Silvia Mastronardi del Foro di Roma

Avv. Costantino Simeone del Foro di Venezia

Avv. Serenella Zurlo, del Foro di Velletri

Avv. Maria Cristina Di Nicolò del Foro di Fermo

Avv. Matteo Alario del Foro di Palermo

Avv. Antonella Costa del Foro di Verona

Avv. Boris Ventura del Foro di Vicenza

Avv. Paola Palomba del Foro di Roma

Avv. Ingrid Mamino del Foro di Imperia

Avv. Ida Claudia Monteverdi del Foro di Milano

Avv. Silvia Tintorri del Foro di Modena

Avv. Katja Cordani del Foro di Torino

Avv. Gianfranca Bevilacqua del Foro di Lamezia Terme

Avv. Anna Rosada del Foro di Treviso

Avv. Monica Consalvi del Foro di Roma

Avv. Stefano Menti del Foro di Vicenza

Avv. Emanuela Rocca del Foro di Lecco

Avv. Francesco Buso del Foro di Vicenza;

Avv. Antonello Peron del Foro di Potenza

Avv. Katy Popolla del Foro di Roma

Avv. Emanuela Rocca del Foro di Lecco

Avv. Linda Mestriner del Foro di Monza

Avv. Bruno Botta del Foro di Roma

Avv. Roberto De Petro del Foro di Palermo

Avv. Maria Cristina Montis del Foro di Milano

Avv. Francesco Fontana del Foro di Milano

Avv. Nicola Turzi del Foro di Mantova

Avv. Stefano Galeani del Foro di Roma

Avv. Antonio Gatta del Foro di Brescia

Avv. Luciana Carpentieri del Foro di Roma

Avv. Maria Elena Palomba del Foro di Torre Annunziata

Avv. Cristina Simoni del Foro di Verona

Avv. Gonaria Manca del Foro di Nuoro

Avv. Claudia Puzone del Foro di Rimini

Avv. Giulia Monte del Foro di Verona

Avv. Domenico Naso Marvasi del Foro di Pavia

Avv. Elena Cingolani del Foro di Milano

Avv. Helga Lopresti del Foro di Padova

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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