Nelle chat tra il ministro Speranza e il capo dell’Iss Brusaferro, venute alla luce grazie all’inchiesta di Bergamo, comunica ad emergere la verità su come venivano prese le decisioni. Speranza scrive così a Brusaferro il 6 aprile 2020, nel pieno dell’emergenza: “Due avvertimenti – dice il ministro al capo dell’Iss, come svela la La Verità – tutto quello che direte può finire fuori alla stampa. Se vogliamo mantenere le misure restrittive conviene non dare troppe aspettative positive”. La replica di Brusaferro: “Ok, quindi niente modelli come quello che ti ho mandato”.
I dati stavano migliorato e dall’Istituto Superiore di Sanità si iniziava a prevedere la possibilità di alcune riaperture, escluse dal ministro Speranza. Così sono state prese le decisioni.
Il 9 marzo 2020 l’annuncio del premier Giuseppe Conte: iniziano i lockdown: “Non ci sarà più una zona rossa, non ci saranno più zona uno e zona due, ma un’Italia zona protetta. Saranno da evitare gli spostamenti salvo tre ragioni: comprovate questioni di lavoro, casi di necessità e motivi di salute”.
Il 23 febbraio si mettono in quarantena oltre 50 000 persone in 11 comuni diversi del Nord Italia.
1 marzo Emilia Romagna, Lombardia e Veneto e le province di Pesaro e Urbino e di Savona diventano zone rosse, con lo stop di scuola e università, divieto di pubblico negli eventi sportivi, le prime raccomandazioni per favorire il lavoro da remoto.
8 marzo in Lombardia si chiude tutto e lo stesso in 14 province del Centro-Nord, quelle più flagellate dal virus: Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia.
9 marzo restrizioni per l’intero Paese, che diventa un’unica zona rossa.
Così è iniziata.
Ora l’inchiesta di Bergamo fa finalmente luce su come sono state prese le decisioni che chiusero in casa un intero Paese.
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