Pensioni: il simulatore Inps dice che un giovane di 25 anni andrà via a 70 anni con oltre 46 di contributi

Siamo alla follia, qui vogliono farci lavorare fino quasi alla morte. Il simulatore dell’Inps parla chiaro: un giovane di 25 anni andrà via a 70 anni con oltre 46 di contributi e con pensioni sempre più basse, solo contributivo.

“Purtroppo non è uno scherzo, ma siamo davvero alla follia – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale del sindacato Anief che si sta battendo per evitare il ritorno alla Legge Fornero senza deroghe – perché chi ha oggi 25 anni e non inizia a lavorare subito andrà in pensione a 75 anni di età, dopo quasi mezzo secolo passato al lavoro. La verità è che non si può lavorare una vita senza un dignitoso riposo. Nella scuola gli altri Paesi mandano gli insegnanti in pensione a circa 60 anni e senza riduzioni dell’assegno, non come da noi dove l’anticipo, come Opzione Donna che comporta penalizzazioni anche del 30-40%. Dopo la precarietà, questa deve essere la priorità del Governo”.

L’approdo alla pensione sta diventando come il miraggio nel deserto: ci si illude di essere arrivati all’obiettivo, ma è solo un’illusione perché la meta rimane sempre lontana. Per i giovani andrà esattamente così: lo conferma il nuovo simulatore Inps “Pensami – Pensione a misura” messo a disposizione in queste ore sul sito web dell’istituto di previdenza. Dal simulatore, che si può utilizzare senza effettuare alcuna registrazione, emerge che una persona che ha oggi 25 anni e ha iniziato a lavorare da un anno potrà andare in pensione anticipata a settant’anni e a riposo per vecchiaia a 70 anni e sei mesi, sempre che abbia contributi di almeno 46 anni e 4 mesi. E se gli anni di contributi sono meno di 20 anni ma più di 5 l’attesa per la pensione di vecchiaia si prolungherà fino a 74 anni e 10 mesi.

Per i trentenni – scrive l’istituto di previdenza – la situazione è di poco migliore con la pensione di vecchiaia per un lavoratore nato nel 1990, che lascerà il servizio a 70 anni con 20 anni di contributi e a riposo con quella anticipata con 45 anni di contributi versati a prescindere dall’età. Il simulatore dell’Inps, che sarà presto aggiornato rispetto alle ultime novità legislative previste dalla legge di Bilancio per il 2023 e che a breve si potrà fruire anche con dispositivi mobili attraverso apposita App, è raggiungibile dal sito internet dell’Istituto ( www.inps.it ) attraverso il seguente percorso dalla homepage: “Prestazioni e servizi” > “Servizi” > “PensAMI – Simulatore scenari pensionistici”.

Il presidente Anief, Marcello Pacifico, ha utilizzato il simulatore Inps per verificare quando potrà lasciare il lavoro: “Con 44 anni di contributi e adesione al fondo Espero – spiega il sindacalista – andrò con la pensione anticipata nel 2044, a 67 anni o con la pensione di vecchiaia nel 2047 a 69 anni. Praticamente, un docente passa una vita a lavorare nel luogo più a rischio burnout della pubblica amministrazione e può andarsene non prima dei 70 anni: non è possibile, perché l’insegnamento è un lavoro usurante e noi continueremo a chiederlo in tutte le sedi, a partire dalla Commissione Lavori gravosi: nella scuola, in particolare, serve una finestra per la scuola e il riscatto gratuito degli anni universitari: 40 anni di contributi (massimo 64 anni con 20 anni di contributi), con il massimo contributivo e tanto di ringraziamento da parte del Presidente della Repubblica con la nomina a cavaliere del lavoro”.

COSA PROPONE ANIEF

Il giovane sindacato chiede “una ‘finestra’ ad hoc, assieme anche alla conversione gratuita in contributi della formazione universitaria, come pure rivendicato più volte di recente dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Secondo Anief basterebbe adottare gli stessi parametri di accesso alla pensione previsti per i lavoratori delle forze armate, permettendo al personale della scuola, uomini compresi, di lasciare in ogni caso il lavoro a 62 anni e senza tagli all’assegno di quiescenza. “Anche l’allargamento dell’Ape Sociale a tutti i dipendenti della scuola, potrebbe essere un passo in avanti importante – spiega ancora Pacifico –, non si tratterebbe di nessuna concessione, visto l’alto numero di casi di insegnanti sottoposti a burnout e a patologie invalidanti dovute allo stress da lavoro prolungato e senza nemmeno il dovuto riconoscimento del rischio biologico, invece previsto per altre professioni anche del comparto pubblico. Occorre quindi una deroga vera per il settore scolastico”.

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