Class action: cambiano le regole. Le associazioni dei consumatori chiedono più tutele per i danneggiati

Lo schema di decreto legislativo che recepisce la direttiva (UE) 2020/1828 sulle azioni rappresentative collettive a tutela dei consumatori è ora all’esame del Parlamento con un timing serrato. Le azioni rappresentative, collocate nel Codice del consumo, partiranno dal 25 giugno 2023 e viaggeranno in parallelo con le azioni di classe, disciplinate dal Codice di procedura civile. Oggi le AACC*, in audizione con le Commissioni riunite Giustizia e Attività produttive, commercio e turismo della Camera, hanno presentato alcune richieste di modifica, necessarie per assicurare un adeguato livello di tutela dei consumatori e per recepire correttamente la direttiva.

Le class action – ha commentato Marco Festelli, presidente di Confconsumatori – sono un tipo di azione difficilmente amalgamabile col sistema giuridico italiano, il tutto è aggravato da una normativa complicata – per le azioni di classe domestiche – che espone l’associazione proponente a costi e rischi di soccombenza inimmaginabili. Tant’è vero che dopo anni lo strumento è difficilmente praticabile e le azioni a buon fine si contano veramente sulle dita di una mano. Adesso il legislatore sta commettendo gli stessi errori, così da rendere difficilmente proponibili, anche le azioni di classe transfrontaliere. Tuttavia, l’azione granitica ed unita di tutte le associazioni dei consumatori italiane, che con un documento unitario hanno chiesto a Camera e Senato delle profonde modifiche normative, auspica un intervento legislativo del Parlamento saggio ed equo”.

Le richieste di modifica delle associazioni dei consumatori

 

Le associazioni firmatarie del presente documento, rilevando l’importanza della Direttiva 1828/2020 nella tutela degli interessi collettivi dei consumatori, ritengono che lo schema di decreto legislativo del Governo, pur con diverse scelte apprezzabili, necessiti di alcune modifiche necessarie sia per un corretto recepimento della Direttiva, sia per meglio cogliere le opportunità offerte dalla direttiva (ad esempio la possibilità di introdurre azioni fondate sul meccanismo dell’opt-out), necessarie per configurare un sistema di tutela collettiva efficace per assicurare i diritti dei consumatori ed una corretta concorrenza nei mercati. 

1. Oggetto delle azioni rappresentative 

Una serie di disposizioni dello schema di decreto legislativo delimitano l’oggetto delle azioni rappresentative alle materie indicate all’allegato II-septies. Così l’ art. 140-ter che contiene le definizioni, l’art. 140-otcties sui provvedimenti inibitori, l’art. 140-novies per i provvedimenti compensativi. 

Sebbene l’elenco delle direttive e delle norme di attuazione sia molto ampio, non pare opportuna una tipizzazione rigida delle azioni rappresentative e la loro limitazione ad un “catalogo” predeterminato di illeciti ai danni degli interessi collettivi dei consumatori. L’evoluzione dei mercati, delle esigenze di tutela dei consumatori e della relativa regolamentazione rendono preferibile adottare un approccio più elastico che consenta l’avvio delle azioni rappresentative in presenza di ogni violazione degli interessi collettivi dei consumatori, ben individuati all’art. 2 del codice del consumo. 

In questo senso si può richiamare l’art. 139 del codice del consumo il quale, nella sua formulazione precedente alla l. 31/2019, che ha dato ottima prova di sé, pur richiamando alcune specifiche disposizioni di tutela dei consumatori, consentiva l’avvio delle azioni inibitorie e ripristinatorie in caso di ogni violazione degli interessi collettivi dei consumatori [cfr. art. 139 cod. cons. “ Le associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell’elenco di cui all’articolo 137 sono legittimate ad agire, ai sensi dell’articolo 140, a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti. Oltre a quanto disposto dall’articolo 2, le dette associazioni sono legittimate ad agire nelle ipotesi di violazione degli interessi collettivi dei consumatori contemplati nelle materie disciplinate dal presente codice, nonché dalle seguenti disposizioni legislative: (…)”]. 

Del resto è la stessa Direttiva 1828/2020 a consentire agli Stati membri di rendere applicabili le azioni rappresentative in caso di violazione di disposizioni ulteriori rispetto a quelle indicate nell’allegato (cfr. 18° considerando: “Gli Stati membri dovrebbero rimanere competenti a rendere applicabili le disposizioni della presente direttiva a settori aggiuntivi rispetto a quelli che rientrano nel suo ambito di applicazione. Per esempio, gli Stati membri dovrebbero poter mantenere o introdurre disposizioni legislative nazionali che corrispondano a disposizioni della presente direttiva, per quanto riguarda le controversie che esulano dall’ambito di applicazione dell’allegato I”). 

La soluzione adottata nello schema di decreto legislativo porterebbe infatti a distinguere violazioni dei diritti dei consumatori indicati nell’allegato, per le quali troverebbero applicazione le azioni rappresentative previste dal codice del consumo e altre azioni a tutela dei consumatori regolate dall’azione di classe di cui agli artt. 840-bis c.p.c. e azioni inibitorie ex art. 840-sexiesdecies. 

Si propone di inserire nelle norme che richiamano l’allegato II-septies un riferimento alle tutela degli interessi collettivi dei consumatori di cui all’art. 2 cod. cons, prevedendo la 

legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori di cui all’art. 2 cod. cons., ed in particolare di quelli previsti dalle disposizioni di cui all’allegato II-septies. 

2. Informazioni sulle azioni rappresentative a carico del professionista 

L’art. 140-undecies disciplina le informazioni sulle azioni rappresentative imposte agli enti legittimati, recependo così l’art. 13, par. 1 della direttiva. 

L’art. 13 par. 3 della direttiva, tuttavia, prevede ulteriori informazioni in ordine alle decisioni definitive che devono essere fornite dal professionista a proprie spese, precisando che ove necessario tali informazioni devono essere rese in considerazione delle circostanze del caso e quando necessario attraverso una comunicazione individuale a tutti i consumatori interessati: “Fatte salve le informazioni di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa fanno obbligo al professionista di informare i consumatori interessati dall’azione rappresentativa, a spese del professionista, in merito alle decisioni definitive che dispongono i provvedimenti di cui all’articolo 7 o alle transazioni approvate di cui all’articolo 11, attraverso mezzi appropriati alle circostanze del caso ed entro limiti di tempo prestabiliti compresa, se del caso, una comunicazione individuale a tutti i consumatori interessati. Tale obbligo non si applica se i consumatori interessati sono informati in altro modo della decisione definitiva o della transazione approvata”. 

Tale obbligo informativo è centrale nell’impianto della direttiva in quanto diretto a rendere conoscibile il provvedimento inibitorio o risarcitorio anche per consentire l’adesione all’azione (per le azioni regolate dal sistema dell’opt-in) o il recesso (nei sistemi con il meccanismo dell’opt-out). 

Le disposizioni specifiche che regolano le azioni inibitorie e risarcitorie rappresentative non prevedono espressamente tale obbligo. 

Per i provvedimenti inibitori l’art. 140-octies, settimo comma, prevede che “si applicano il settimo e l’ottavo comma dell’art. 840-sexiesdecies del codice di procedura civile”. L’art. 840-sexiesdecies attribuisce al Tribunale la facoltà (“il tribunale può su richiesta del pubblico ministero o delle parti”), e non l’obbligo, come previsto dalla direttiva (“l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa fanno obbligo al professionista di informare i consumatori interessati dall’azione rappresentativa”), di adottare misure idonee ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate. 

Per i provvedimenti risarcitori l’art. 840-sexies non impone al professionista alcun obbligo informativo e l’unico adempimento previsto consiste nella pubblicazione dell’ordinanza che decide sull’ammissibilità dell’azione “nell’area pubblica del portale dei servizi telematici” (art. 840-sexies, quinto comma, c.p.c). 

Si ritiene necessario prevedere che con la decisione che accoglie l’azione rappresentativa proposta il tribunale debba in ogni caso condannare il convenuto ad informare della decisione definitiva a proprie spese i consumatori con mezzi appropriati alle circostanze del caso ed entro limiti di tempo prestabiliti, compresa, quando sia possibile l’individuazione dei destinatari, una comunicazione individuale a tutti i consumatori interessati. 

Ai sensi dell’art. 13, par. 2 della direttiva, gli Stati membri sono inoltre tenuti a garantire informazioni anche nel corso delle azioni rappresentative, al fine di consentire l’adesione o il recesso dall’azione rappresentativa. 

Anche su questo aspetto lo schema di decreto legislativo non detta alcuna specifica disposizione e l’unico mezzo informativo previsto è la pubblicazione dell’ordinanza che decide sull’ammissibilità dell’azione “nell’area pubblica del portale dei servizi telematici” (art. 840-sexies, quinto comma, c.p.c). In considerazione della possibilità per i consumatori interessati di aderire all’azione non solo dopo la decisione del tribunale, ma anche successivamente all’ordinanza che dichiara ammissibile l’azione di classe ai sensi dell’art. 840-quinquies, si ritiene opportuno rafforzare gli obblighi informativi, imponendo al professionista convenuto in giudizio di informare i consumatori a proprie spese e, quando possibile, con comunicazioni personalizzate, dell’azione in corso e della possibilità di aderirvi. 

3. Provvedimenti inibitori: valutazione di ammissibilità e sospensione del giudizio 

L’art. 140-septies detta alcune disposizioni comuni a tutte le azioni rappresentative inibitorie e risarcitorie. Il comma 7 prevede, da un lato, un filtro di ammissibilità che può portare alla dichiarazione di inammissibilità della domanda e, dall’altro, la facoltà per il tribunale di sospendere l’azione in presenza di un giudizio pendente avanti un’autorità nazionale di regolamentazione o innanzi il giudice amministrativo. Tali disposizioni, già previste per le azioni di classe dall’art. 140bis cod cons., e dall’art. 840 ter c.p.c., rappresentano una novità inopportuna, non imposta dalla direttiva e priva di ogni giustificazione per le azioni inibitorie, le quali, non richiedendo in ogni caso l’adesione del consumatore al giudizio, non necessitano del filtro di ammissibilità che avrebbe il solo effetto di rallentare un giudizio connotato da esigenze di estrema celerità in quanto diretto a prevenire il compimento o la prosecuzione dell’illecito. Il filtro di ammissibilità delegittima le prerogative delle associazioni e degli altri enti legittimati, le cui attività sono sottoposte a specifiche valutazioni in sede amministrativa al momento dell’iscrizione nell’elenco previsto dall’art. 137 cod. cons. Per contro, le azioni inibitorie previste dall’art. 840-sexiesdecies cod. cons., nonostante l’attribuzione di una legittimazione diffusa, non prevedono alcun filtro di ammissibilità, venendosi così a determinare un ingiustificata e dannosa disparità di trattamento. 

Analoghe considerazioni possono valere per la sospensione del giudizio che potrebbe incidere negativamente sulle esigenze di tutela preventiva dello strumento inibitorio. 

4. Il giudizio inibitorio provvisorio 

L’art. 140-octies, quinto comma, disciplina il giudizio inibitorio provvisorio, richiamando il requisito dei giusti motivi d’urgenza, già previsto agli art. 140 cod. cons. (“Quando ricorrono giusti motivi di urgenza, gli enti legittimati di cui al comma 1 possono chiedere in corso di causa un provvedimento provvisorio teso a far cessare una condotta omissiva o commissiva o a inibire la reiterazione di una condotta che appaia costituire una violazione delle disposizioni di cui all’articolo 140-ter, comma 2. Si applicano gli articoli 669-quater, primo, secondo e quarto comma, 669-sexies, 669-octies, ottavo e nono comma, 669-decies, primo comma, 669-duodecies e 669-terdecies del codice di procedura civile”). 

Sebbene tale norma consenta di superare una grave lacuna della disciplina di cui all’art. 840-sexiesdecies c.p.c. che non prevede azioni cautelari o provvisorie, non pare corretto il recepimento della direttiva la quale impone agli Stati membri di disciplinare provvedimenti inibitori provvisori del tutto svincolati dal requisito dell’urgenza. E’ chiarissima al proposito la direttiva la quale all’art. 8 prevede che “Gli Stati membri assicurano che i provvedimenti inibitori di cui all’articolo 7, paragrafo 4, lettera a), siano disponibili sotto forma di: a) un provvedimento provvisorio teso a far cessare una pratica o, se del caso, a vietare una pratica, nel caso in cui tale pratica sia stata ritenuta costituire una violazione di cui all’articolo 2, paragrafo 1; b) un provvedimento definitivo teso a far cessare una pratica o, se del caso, a vietare una pratica, nel caso in cui tale pratica sia stata accertata costituire una violazione di cui all’articolo 2, paragrafo 1”. 

Nello stesso senso si può richiamare anche il 40° considerando: “Le misure provvisorie potrebbero includere misure temporanee, misure precauzionali e preventive per porre fine a una pratica in corso o per vietare una pratica nel caso in cui non sia stata posta in essere ma presenti il rischio di causare un danno grave o irreversibile ai consumatori. I provvedimenti inibitori potrebbero inoltre comprendere misure che dichiarano che una determinata pratica costituisce una violazione, nei casi in cui tale pratica sia cessata prima della proposizione delle azioni rappresentative, ma dove sussistesse ancora la necessità di stabilire che la pratica costituiva una violazione, per esempio al fine di agevolare azioni complementari volte a ottenere provvedimenti risarcitori. Inoltre, i provvedimenti inibitori potrebbero assumere la forma di un obbligo per il professionista che ha commesso la violazione di pubblicare, integralmente o parzialmente, nella forma ritenuta opportuna, la decisione relativa al provvedimento adottata dall’organo giurisdizionale o dall’autorità amministrativa o una dichiarazione rettificativa”. 

Si ritiene necessario eliminare al quinto comma le parole “Quando ricorrono giusti motivi d’urgenza” in modo da rendere coerente con la direttiva il diritto nazionale ed evitare ostacoli, anche interpretativi, all’adozione di misure immediate e provvisorie. 

5. Provvedimenti compensativi: l’azione di classe semplificata ed il risarcimento diretto (opt-out) 

L’art. 140-novies rimanda alle disposizioni degli artt. 840-quater e ss. che regolano l’azione di classe introdotta dalla l. 31/2019 con il meccanismo dell’adesione che può essere depositata dal danneggiato sia al momento della dichiarazione di ammissibilità, sia dopo la sentenza definitiva. 

Si ritiene che la conferma del meccanismo dell’opt-in rappresenti una chiara, e senz’altro la più grande, occasione persa in considerazione del fatto che la direttiva consente che l’azione di classe prescinda dalle adesioni dei singoli (l’art. 9 par. 2 consente infatti l’adesione implicita: “Gli Stati membri stabiliscono norme su come e in quale fase di un’azione rappresentativa volta a ottenere provvedimenti risarcitori i singoli consumatori interessati da tale azione rappresentativa possano esprimere esplicitamente o tacitamente la propria volontà di essere rappresentati o meno dall’ente legittimato in detta azione rappresentativa e di essere vincolati o meno dall’esito dell’azione stessa, entro un limite di tempo appropriato dopo la proposizione di detta azione rappresentativa”. Proprio per le azioni che prescindano dall’adesione, l’art. 9, par. 5 prevede che “nel caso in cui un provvedimento risarcitorio non specifichi i singoli consumatori che hanno il diritto di 

beneficiare dei rimedi previsti dal provvedimento risarcitorio, esso contiene almeno una descrizione del gruppo di consumatori che ha il diritto di beneficiare di tali rimedi”. 

Nelle controversie di limitato valore individuale il meccanismo dell’adesione è inefficiente e porta ad una situazione nella quale le pretese risarcitorie aggregate saranno sempre inferiori al danno collettivo. Qualora il danno individuale sia contenuto ma estremamente diffuso, è improbabile che, se non per percentuali minime degli aventi diritto, i danneggiati pongano in essere comportamenti attivi, quali l’adesione. 

Ne è la riprova la vicenda della fatturazione a 28 giorni nelle offerte di telefonia fissa. Nonostante i provvedimenti dell’AGCOM e gli esiti delle azioni inibitorie anche cautelari promosse dalle associazioni dei consumatori, a fronte della decisione (illegittima) delle compagnie di rimborsare solo i consumatori che ne facciano richiesta (con un sistema vicino all’opt-in conseguente alla sentenza che decide sull’azione di classe, anche se ulteriormente agevolato dall’assenza di ogni termine), le richieste di rimborso si sono rivelate assai contenute, non avendo ad oggi raggiunto in quasi tre anni nemmeno il 10% degli aventi diritto. Ne consegue che, a fronte di un danno individuale di qualche decina di euro (che si può stimare mediamente circa 20-24 euro), subito da milioni di consumatori, le compagnie non restituiranno centinaia di milioni di euro. 

Affinché l’azione di classe assolva alla funzione di deterrenza ed incentivi il regolare svolgimento delle dinamiche di mercato riteniamo necessario prevedere un sistema che assicuri, ove possibile, l’integrale risarcimento diretto mediante la condanna del convenuto alle restituzioni o al risarcimento del danno individualmente subito da tutti i danneggiati anche se non aderenti. E’ necessaria l’introduzione di un’azione di classe “semplificata” che, in deroga alla disciplina degli art. 840-bis e ss. c.p.c., prescinda dall’adesione dei danneggiati al ricorrere di due requisiti: 

1) il convenuto deve poter individuare tutti i danneggiati appartenenti alla classe (si pensi ai contratti bancari o telefonici in cui la banca o la compagnia telefonica sanno sempre chi sono i soggetti che hanno sottoscritto un determinato contratto); 

2) il danno subito da ciascun soggetto o il diritto alle restituzioni devono essere di uguale misura per tutti i danneggiati o devono potere essere determinati con meri calcoli matematici che facciano, ad esempio, riferimento a requisiti temporali o quantitativi (ad esempio la durata del contratto) stabiliti dal Tribunale. 

Qualora la decisione sull’azione di classe non individuasse i singoli consumatori che hanno il diritto di beneficiare dei rimedi previsti, liquidandone i diritti risarcitori o restitutori, dovrebbe almeno contenere una descrizione del gruppo dei consumatori che possono beneficiare di tali rimedi per consentirne l’individuazione nella fase di liquidazione, qualora le parti non raggiungano un accordo conciliativo che dovrebbe essere opportunamente incentivato e soggetto al controllo del Tribunale. 

Nella fase liquidatoria dovrebbero essere attribuiti specifici poteri al rappresentante comune della classe (l’alter ego del rappresentante comune degli aderenti che dovrebbe essere di regola individuato nell’associazione proponente l’azione) per tre distinte azioni: 

(i) individuare i consumatori aventi diritto ai rimedi risarcitori e restitutori, anche grazie all’accesso ai database del convenuto (se non già individuati nel provvedimento che decide l’azione di classe nel merito); 

(ii) determinare il danno complessivamente subito dalla classe e recuperare, anche in via esecutiva, dal convenuto l’ammontare complessivo dei risarcimenti o delle restituzioni dovute alla classe; 

(iii) distribuire il ricavato agli aventi diritto o allo Stato per la promozione delle attività di tutela dei consumatori qualora gli aventi diritto non richiedano la liquidazione al rappresentante comune della classe entro un termine ragionevole. 

Tale proposta consentirebbe quindi la coesistenza dei meccanismi dell’opt-in e dell’opt-out in ragione delle caratteristiche dell’illecito, come previsto in diversi ordinamenti europei e come consentito dalla Direttiva. Per gli illeciti, quali, ad esempio, la responsabilità da prodotto, nei quali il convenuto non possa individuare i soggetti danneggiati e non sussistano quindi i requisiti per una diretta condanna, l’azione si potrà svolgere con il meccanismo delle adesioni esplicite, mentre, al ricorrere dei requisiti sopra indicati, l’azione potrà prescindere dall’adesione esplicita secondo il meccanismo del recesso (opt-out). 

6. Il giudizio di ammissibilità per le azioni rappresentative risarcitorie (o compensative) 

L’art. 140-octies, settimo comma, prevede il giudizio di ammissibilità dell’azione rappresentativa risarcitoria. 

Tale scelta legislativa non è imposta dalla Direttiva, come risulta dal considerando n. 12: “(…) Spetta pertanto agli Stati membri stabilire norme, per esempio in materia di ammissibilità, prove o mezzi di impugnazione, applicabili alle azioni rappresentative”. 

La corretta scelta di attribuire la legittimazione ad agire a soggetti ben individuati e non ad ogni danneggiato (come previsto invece per l’azione di classe disciplinata agli artt. 840-bis e ss. c.p.c.), richiede di eliminare il giudizio di ammissibilità in quanto l’applicazione dell’azione di classe prevista dall’art. 140-bis ha dimostrato che tale “filtro”, creando una duplicazione di giudizi con un numero significativo di provvedimenti di inammissibilità riformati dalle corte d’appello, rallenta ingiustificatamente e scoraggia le azioni risarcitorie collettive, aggravandone i costi anche per l’amministrazione della giustizia. 

Si ritiene pertanto necessario eliminare il giudizio di ammissibilità non solo per le azioni inibitorie (v. supra § 3), ma anche per le azioni rappresentative risarcitorie-compensative. 

7. Coordinamento generale della disciplina delle azioni collettive inibitorie e risarcitorie 

Con l’attuazione della Direttiva ad opera dello schema di d.lgs in esame si viene a creare una poco chiara duplicazione della disciplina delle azioni collettive inibitorie e risarcitorie e dei registri-elenchi per il riconoscimento della legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori. In particolare: 

-gli artt. 140-ter e ss. regoleranno le azioni nelle materie di cui all’all. II-septies, che potranno essere proposte dagli organismi pubblici indipendenti e dalle associazioni dei consumatori inserite nell’elenco di cui all’art. 137 cod. cons; 

-gli artt. 840-bis e ss. regoleranno l’azione di classe e quella inibitoria in tutte le altre materie che potranno essere proposte dai singoli danneggiati e dagli enti legittimati iscritti nel registro tenuto dal Ministero di Giustizia. 

Al fine di evitare dubbi interpretativi idonei a scoraggiare l’avvio delle azioni collettive, oltre a quanto si è rilevato in precedenza circa l’oggetto delle azioni (cfr. § 1), è necessario un chiarimento esplicito del complessivo quadro normativo applicabile alle azioni dirette alla tutela di consumatori ed utenti, prevedendo che in ogni caso le associazioni iscritte nell’elenco previsto dall’art. 137 cod. cons. siano legittimate ad agire anche per le azioni previste dagli artt. 840-bis e ss. 

8. Spese del procedimento 

L’art. 140-novies prevede che “in caso di soccombenza il consumatore è condannato al rimborso delle spese a favore del resistente nel solo caso di mala fede o colpa grave”. 

Tale norma non è per nulla chiara in quanto il consumatore, pur aderendo al giudizio, non è parte processuale. Si ritiene necessario modificare tale disposizione prevedendo che l’ente legittimato, e non il consumatore, è condannato al rimborso delle spese a favore del resistente nel solo caso di mala fede o colpa grave. 

Roma, 9 gennaio 2023 

Associazioni firmatarie: Acu 
Adiconsum 
Adoc 
Adusbef 
Altroconsumo 
Assoutenti 
Casa del Consumatore 
Cittadinanzattiva 
Codacons 
Codici 
Confconsumatori 
Centro Tutela Consumatori e Utenti 
Federconsumatori 
Lega Consumatori 
Movimento Consumatori 
Movimento Difesa del Cittadino 
U.di.con 
Unione Nazionale Consumatori 
Utenti dei servizi radiotelevisivi 

 

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