NO alla pacificazione post Covid, prima giustizia per i danneggiati e gli esclusi, avvocato Luca Marini

Una presa di pozione forte quella dell’avvocato Luca Marini e del filologo Francesco Benozzo. Dicono no alla pacificazione nazionale post Covid. Chiedono prima giustizia. Scrivono:  “Va bene che l’Italia è il Paese dei voltagabbana, dei 25 luglio permanenti, delle inani commissioni di epurazione, delle amnistie in grado di trasformare in un sol colpo tutti i gerarchi fascisti in pacifici democristiani e tutti i GUF universitari in convinti intellettuali di sinistra, degli “armadi della vergogna” girati contro il muro degli scantinati ministeriali per occultare crimini di guerra e altre mostruosità.

Ma la pacificazione nazionale post-Covid, no. Checché ne dica il nuovo governo in carica (e sarebbe curioso sapere cosa ne pensano i suoi elettori), non può esserci pacificazione nazionale, né può esserci perdono, per chi ha promosso o avallato affermazioni quali:

  • Non ti vaccini, ti ammali, muori (M. Draghi);
  • Escludiamo chi non si vaccina dalla vita civile (S. Feltri);
  • Penso che lo Stato prima o poi dovrà prendere per il collo alcune persone per farle vaccinare (L. Annunziata);
  • I rider devono sputare nel loro cibo (D. Parenzo);
  • Serve Bava Beccaris, vanno sfamati col piombo (G. Cazzola);
  • Prego Dio affinché i non vaccinati si infettino tra loro e muoiano velocemente (G. Spano).

Non può esserci pacificazione, né perdono, per chi ha concepito, proposto e gestito strategie e strumenti abietti come la “tachipirina e vigile attesa”, l’obbligo vaccinale e il Green Pass.

Dopo le ammissioni con cui Pfizer ha alzato il velo sulla montagna di menzogne poste a fondamento della cosiddetta campagna vaccinale e dell’abietto  strumento di controllo sociale denominato Green Pass, avrebbe dovuto limitarsi a fare una cosa sola: condannare senza mezzi termini una sperimentazione di massa che ha calpestato impunemente ogni garanzia di natura bioetica e biogiuridica, dal principio di precauzione a quello di consenso informato; che ha stravolto i capisaldi normativi della sperimentazione clinica di medicinale sul presupposto che la “velocità della scienza” richieda e giustifichi l’immissione in commercio, senza inutili esitazioni, di farmaci dagli effetti totalmente sconosciuti; che ha presentato come innovativi e vincenti approcci farmacologici rischiosi e inquietanti perché fondati sulla modificazione del DNA umano tramite l’impiego dell’RNA messaggero; che ha svilito diritti e libertà fondamentali al rango di graziose concessioni governative; e che ha rafforzato la deriva transumanista e neomalthusiana promossa dalle forze mercantiliste e globaliste che prosperano all’ombra
dell’Unione europea.

Ora, se anche per pura ipotesi le evidenze scientifiche diverse da quelle ufficiali bucassero per un momento il muro d’omertà costruito dai media mainstream e se anche da un confronto siffatto dovesse mai uscire una nuova e diversa sensibilità sociale sull’argomento, il problema di fondo resterebbe comunque eluso e irrisolto: l’obbligo vaccinale e tutto ciò che ruota intorno a esso – comprese le politiche divisive degli italiani avallate più o meno consapevolmente dalle più alte cariche istituzionali dello Stato – non è e non è mai stato una problematica di natura scientifica, ma solo e soltanto una emergenza democratica e civile.

Non rendersi conto di questa lampante verità vuol dire, di fatto, finire per fare il gioco di chi ha pianificato, organizzato e gestito la più grave situazione di tensione sociale dall’avvento dei totalitarismi (comunismo, fascismo, nazismo) in poi.

Una pacificazione che, sia detto per inciso, gli aedi più irriducibili della narrazione pandemica si ostinano ad avversare, come dimostrano le dichiarazioni rese in questi giorni da presentatori, giornalisti, dirigenti d’azienda e sanitari, amministratori pubblici e privati, medici, politici, attrici e altre macchiette da salotto televisivo (pagati con i soldi di tutti i contribuenti, vaccinati o non vaccinati), che auspicano “spillette di identificazione” e “campi di rieducazione” per i medici “no-vax”; o di chi “rivendica il diritto di non entrare in contatto con chi non si è vaccinato”; o, ancora, le proposte di legge regionale che, in barba alle evidenze più palesi, si ostinano a mantenere o addirittura a reintrodurre obblighi vaccinali, mascherine, Green Pass e altre patetiche restrizioni.

La pacificazione è funzionale all’esigenza di mantenere celate, agli occhi del vasto pubblico, le relazioni organiche e funzionali tra le élite finanziarie transnazionali, da una parte, e i circuiti scientifici, accademici, tecnologici, produttivi, industriali, commerciali, culturali, mediatici e politici, dall’altra. Una pacificazione in grado di favorire, se accettata acriticamente anche dai rappresentanti del pensiero critico, il consolidamento e l’estensione dei “metodi Covid” alle nuove emergenze in atto, dalla guerra in Ucraina alla crisi energetica a quella climatica”.

Francesco Benozzo, filologo, Università degli Studi di Bologna “Alma Mater Studiorum”

Luca Marini, giurista, Sapienza Università di Roma, ex vice presidente Comitato Nazionale Bioetica

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