Migranti: uniti 4 paesi di primo ingresso. La reazione europea dimostra paura della redistribuzione vera

“In quanto Paesi di primo ingresso in Europa, attraverso la rotta del Mediterraneo centrale ed orientale, si trovano a sostenere l’onere più gravoso della gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo, nel pieno rispetto di tutti gli obblighi internazionali e delle norme dell’UE”. Alla luce di ciò “purtroppo, il numero di impegni di relocation assunti dagli Stati membri partecipanti rappresenta solamente una frazione molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari che abbiamo ricevuto finora nel corso di questo anno”, denunciano in una dichiarazione congiunta i ministri dell’Interno di Italia, Malta e Cipro e il ministro della Migrazione e dell’asilo della Grecia.

A queste dichiarazioni incalza anche il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto: “Facile fare l’accoglienza con i porti degli altri”

“A tutt’oggi il meccanismo si è dimostrato lento nel raggiungere il suo obiettivo dichiarato di alleviare quell’onere a cui tutti noi, come Stati membri di prima linea, siamo costantemente esposti, in quanto finora solo un esiguo numero di relocation è stato effettuato”. Tutto ciò “è increscioso e deludente, soprattutto in questo momento in cui i nostri Paesi devono affrontare sempre più frequentemente una pressione migratoria che sta mettendo a dura prova il nostro sistema di asilo e di accoglienza”, continuano Italia, Malta e Cipro e il ministro della Migrazione e dell’asilo della Grecia

Fino ad ora ci sono state molte buone intenzioni, riunioni e dichiarazioni a Bruxelles, ma nessun intervento verso una redistribuzione equilibrata che non lasciasse soli Paesi di primo ingresso sul mare. La Francia blinda le frontiere, altri Paesi pensano a costruire muri o a trasferire i migranti senza permesso di soggiorno in Ruanda.

Le navi che arrivano nei porti dei Paesi che si affacciano sul Meterraneo non battono quasi mai la bandiera degli Stati da cui pretendono ospitalità e nemmeno sono di associazioni locali. “Ribadiamo – prosegue la nota – la nostra posizione sul fatto che il modus operandi di queste navi private non è in linea con lo spirito della cornice giuridica internazionale sulle operazioni di search and rescue, che dovrebbe essere rispettata. Ogni Stato deve effettivamente esercitare la giurisdizione e il controllo sulle navi battenti la propria bandiera. Nel pieno rispetto delle competenze degli Stati costieri in conformità con il diritto internazionale, riteniamo urgente e necessaria una discussione seria su come coordinare meglio queste operazioni nel Mediterraneo, anche garantendo che tutte queste navi private rispettino le pertinenti convenzioni internazionali e le altre norme applicabili, e che tutti gli Stati di bandiera si assumano le loro responsabilità in conformità con i loro obblighi internazionali. Chiediamo alla Commissione Europea e alla Presidenza di adottare le misure necessarie per avviare tale discussione”

L’Europa fa la voce grossa con i Paesi del Sud, invocando regole e prestiti che tendono a strozzarli.

La reazione alla decisione dell’Italia di non far sbarcare i migranti dalle navi delle Ong fa paura, perché scopre il gioco a quanto fatto e non fatto fino ad ora dall’Europa.

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