“I coronavirus danno immunità scarsa e transitoria, quando la danno. I virus a RNA a catena singola non sono vaccinabili”, ha denunciato già lo scorso anno il Dott. Massimo Citro, in una relazione al Senato.
“A questo gruppo appartengono i coronavirus, certi flavivirus (Dengue), RSV, HIV, Ebola, Zika… Non si possono vaccinare poiché la loro instabilità genetica determina continue mutazioni (quasispecie1), che ostacolano la produzione di vaccini, mettono ad alto rischio di complicanze (ADE), non funzionano e causano vaccinoresistenza. La formazione di mutanti è in letteratura anche per SARS-CoV-22.
Le quasispecie possono essere indotte anche da vaccini tradizionali (virus attenuati), ma in quelli anti SARS-CoV-2, ingegnerizzati a partire dalle sequenze per la spike, le quasispecie sono ancora più frequenti, rendendo critica l’efficacia vaccinale e favorendo le reinfezioni.
Con i virus a RNA a catena singola, non solo è difficile ottenere l’immunità di gregge, ma sono proprio i vaccini a indurre le più pericolose varianti: lo si è visto soprattutto nel Regno Unito e in Israele.
Nei confronti delle varianti funzionano meglio gli anticorpi prodotti dall’infezione naturale.11 “Nei coronavirus l’immunità da vaccino si riduce in poco tempo, mentre quella naturale è di lunga durata e SARS-CoV-2 perde virulenza una volta raggiunta la fase endemica”.12 Infatti, il buon senso della Medicina di una volta avrebbe curato la gente e lasciato esaurire l’epidemia senza vaccinare, evitando così le varianti e facendo diventare endemico il virus”.
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