La Lombardia alleva la metà dei maiali e il 28% delle mucche. La Ue le mette a rischio chiusura

In Lombardia vengono allevati oltre la metà dei maiali italiani, il 28% dei bovini e il 15% tra polli, galline e tacchini italiani. È quanto emerge da un’analisi della Coldiretti Lombardia in riferimento all’adozione della proposta di direttiva della Commissione europea che allarga il campo di applicazione della norme sulle emissioni industriali ad allevamenti molto più piccoli di quelli già previsti per l’allevamento suino e avicolo e inserisce anche l’allevamento bovino.

“La proposta della Commissione europea – denuncia il presidente nazionale di Coldiretti Ettore Prandini – spinge alla chiusura in Italia migliaia di allevamenti che si trovano già in una situazione drammatica per l’insostenibile aumento di costi di mangimi ed energia provocati dalla guerra in Ucraina”. La nuova proposta di direttiva – spiega la Coldiretti – estende una serie di pesanti oneri burocratici a quasi tutti gli allevamenti dei settori suinicolo, avicolo e bovino che vengono considerati alla stregua di stabilimenti industriali e dovranno sottostare a rigide norme in materia di controlli ed autorizzazione con livelli di burocrazia e costi insostenibili soprattutto per alcune realtà marginali situate nelle aree interne.

Una decisione che colpisce direttamente gli allevatori e i consumatori in Italia che dipende già dall’estero per il 16% del latte consumato, il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale secondo l’analisi del Centro Studi Divulga. “Il rischio – precisa il presidente Prandini – è quello di colpire la produzione nazionale ed europea per favorire le importazioni da paesi extracomunitari spesso realizzate senza il rispetto degli stessi criteri, sanitari, ambientali e sociali richiesti all’interno dell’Unione Europea”.

“Serve senso di responsabilità – continua il presidente Prandini – da parte delle Istituzioni nazionali e della Ue affinché nei prossimi passaggi dell’iter legislativo in Parlamento ed in Consiglio UE, possa essere profondamente rivista la proposta della Commissione, con l’impegno dei Ministri coinvolti e degli eurodeputati italiani”. “L’Italia rischia di rimanere senza carne in una situazione in cui – precisa Prandini – gli allevatori italiani devono affrontare incrementi di costi pari al 57% secondo il Crea che evidenzia il rischio concreto di chiusura per una buona parte degli allevamenti italiani che si trovano costretti a lavorare con prezzi alla stalla al di sotto dei costi di produzione”.

“In un momento in cui è sempre più evidente la necessità di puntare sulla sicurezza alimentare e sull’autosufficienza, a Bruxelles si rischiano di fare scelte che aprono la strada alla carne sintetica – conclude Prandini nel sottolineare che – la carne italiana nasce da un sistema di allevamento che per sicurezza, sostenibilità e qualità non ha eguali al mondo, consolidato anche grazie a iniziative di valorizzazione messe in campo dagli allevatori, con l’adozione di forme di alimentazione controllata, disciplinari di allevamento restrittivi, sistemi di rintracciabilità elettronica e forme di vendita diretta della carne”.

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