Restaurare l’antico Egitto. Si parte da un bassorilievo templare del dio Heh

Il dio Heh è la personificazione dell’eternità e dell’infinito; è una divinità primordiale e, insieme alla sua compagna Hehet, faceva addirittura parte delle otto divinità primigenie secondo la mitologia della città di Ermopoli.

La tecnologia diagnostica e il restauro incontrano l’antico Egitto al Museo Civico Archeologico di Bologna. Nell’ambito della XIX edizione di Restituzioni. Tesori d’arte restaurati, il programma biennale di restauri di opere d’arte appartenenti al patrimonio nazionale curato e promosso da Intesa Sanpaolo, da domani prenderà avvio il restauro di uno splendido rilievo templare con immagine del dio Heh, che data molto probabilmente al regno del sovrano Tolemeo II Filadelfo (285-246 a.C.).

Il rilievo fu esposto al pubblico per la prima volta presso il Museo Civico di Bologna nel 1961, in occasione della mostra temporanea L’Egitto antico nelle collezioni minori dell’Italia settentrionalecurata da Silvio Curto, allora direttore del Museo Egizio di Torino.
A distanza di mezzo secolo, nel 2013, la famiglia Puppi, che lo possedeva, lo ha generosamente ceduto al museo, perpetuando una tradizione cittadina di donazioni che ha reso ricca e prestigiosa la collezione egiziana di Bologna.

Coordinato sotto il profilo scientifico dalla funzionaria egittologa Daniela Picchi, il progetto consente al Museo Civico Archeologico di proseguire e aggiornare le attività di ricerca, studio e valorizzazione sulle proprie collezioni storiche.

Il restauro è stato preceduto da una campagna diagnostica di imaging, a cura di DI.AR. Diagnostica per immagini per i Beni Culturali, e di indagini microinvasive, a cura degli esperti dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, con il quale il museo vanta una collaborazione pluriennale. I risultati di tali indagini hanno permesso di verificare l’eventuale sopravvivenza di colori, sicuramente presenti in origine, e le caratteristiche della patina che oscura parzialmente il calcare. 

Il restauro sarà eseguito da Cristina del Gallo, restauratrice esperta in materiali lapidei. 

Per presentare e condividere con il pubblico questa importante operazione sono previsti tre giorni di restauro ‘aperto’ all’interno della Sezione Egiziana – 8,15 e 22 settembre 2021 -, durante i quali si potranno osservare da vicino il rilievo e i trattamenti conservativi.
È possibile accedere con il biglietto del museo nei normali orari di apertura e nel rispetto delle misure di sicurezza finalizzate al contenimento del rischio di contagio da Covid-19.

Il rilievo con immagine del dio Heh
Questo frammento lapideo (MCABo EG 3711: 25 x 73 cm) proviene dalla parete di un tempio egiziano non ancora identificato e mostra solo parte di una scena più grande scolpita ad incavo. Vi sopravvive la parte superiore della figura di Heh, una divinità nota sin dall’Antico Regno, che rappresenta il concetto di moltitudine e di infinito. 

Il dio indossa un ampio pettorale, una barba ricurva e una parrucca dalle fitte ciocche, sormontata da ciò che rimane di un disco solare. È rivolto a sinistra e solleva le braccia all’altezza delle spalle, tenendo in ogni mano un ramo di palma renepet (‘tempo’). Un segno ankh (‘vita’), inclinato verso la testa del dio, è posto nella giunzione tra il ramo di palma e il pugno del dio per sostenere un cartiglio, di cui sopravvive solo la parte inferiore. Il cartiglio a sinistra, sebbene molto danneggiato, permette di identificare gli ultimi due geroglifici del nome di intronizzazione di Tolemeo II Filadelfo (285-246 a.C.), secondo sovrano della dinastia di origine macedone che assunse il potere in Egitto dopo Alessandro Magno.

Tutti gli elementi che definiscono l’iconografia del dio, a partire dalla sua stessa figura che ha il valore semantico di ‘milione’, rimandano ai concetti di tempo e di moltitudine, di vita, di dominio e di durata. L’associazione ai cartigli di Tolemeo II sembra tradire l’aspirazione del sovrano a un perpetuo rinnovamento del potere, della legittimità, della forza e della vita, più che il concetto di infinito o infinità di tempo e spazio, che comunque connotano il dio.

Restituzioni. Tesori d’Arte restaurati
Restituzioni. Tesori d’Arte restaurati è il programma biennale di Intesa Sanpaolo che punta alla salvaguardia del patrimonio storico-artistico del Paese attraverso la restituzione alla collettività di opere d’arte fragili. 
La conoscenza del territorio dove viviamo passa attraverso la comprensione delle opere d’arte che vi sono state prodotte o che vi sono conservate; ognuna di esse racchiude in sé un brano della nostra storia, di un passato in cui troviamo le ragioni del presente e le radici del nostro futuro. Si tratta di segni dell’uomo, di espressioni della sua più alta dimensione immateriale che prendono forma nella materia. Per questo intrinsecamente fragili.
Con questa consapevolezza, dal 1989, attraverso Restituzioni, Intesa Sanpaolo investe risorse, competenze ed energie per la difesa dei beni artistici e per la salvaguardia delle identità territoriali che danno forma alla nostra penisola.
Ogni due anni la Banca, in collaborazione con Soprintendenze, Poli museali e Musei autonomi, seleziona un numero consistente di opere bisognose di intervento, ne sostiene il restauro e organizza le mostre temporanee che permettono al pubblico di conoscerne i risultati.
A oggi sono oltre un migliaio le opere d’arte restaurate e restituite alla collettività: con testimonianze che spaziano dall’archeologia fino alle soglie dell’età contemporanea, dalla pittura, alla scultura, all’oreficeria, alle manifatture tessili.
Il programma si impegna inoltre nel restauro di opere monumentali come gli affreschi giotteschi dell’Abbazia di Chiaravalle e la grande tela di Paolo Veronese Cena di San Gregorio Magno, nella Basilica di Monte Berico a Vicenza, in occasione dei 30 anni di Restituzioni.
www.restituzioni.com

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