L’Italia disinveste sulla scuola: confermato il trend negativo per la spesa per l’Istruzione fino al 2040.

La Nota di aggiornamento del Documento di Economia a Finanza 2021 è in linea con quella dello scorso anno: dall’attuale 3,9% di spesa, rispetto al Pil, dedicata all’Istruzione si scenderà progressivamente, nei prossimi due decenni, ad un misero 3,2%. E su quella stima si rimarrà fino al 2070! Per Anief è una previsione scandalosa: secondo il suo presidente nazionale, Marcello Pacifico, “anziché allinearci con i Paesi europei e mondiali più avanzati, dove si spende per l’istruzione dei cittadini anche il doppio di quanto investiamo noi, si decide di fare l’esatto contrario. Confermando dunque l’italico assioma istruzione uguale spesa. Non ci siamo, pensavamo e lo speriamo ancora, che con i miliardi del Pnrr le cose cambiassero mentre il Def 2021 menziona il Recovery Fund solo per la riforma del reclutamento: i numeri e le percentuali emesse dal Mef ci dicono che la scuola e la formazione possono ancora una volta attendere, così manterremo le classi con numeri altissimi di alunni, le aule microscopiche, le sedi scolastiche autonome insufficienti, gli organici non all’altezza, il tempo scuola inadeguato. Con tutto quello che comporta sul fronte dell’apprendimento ridotto. Questa programmazione pluriennale, se confermata, costituisce un errore politico imperdonabile”.

Nel documento, inoltre, prima si sostiene che le risorse di bilancio serviranno per potenziare l’Istruzione e la Ricerca pubblica, ma poi le previsioni della spesa comportano un incremento dei costi di una serie di “voci” prioritarie, come le cure a lungo termine per i cittadini anziani, sarà compensato da riduzione dei fondi destinati proprio all’Istruzione. All’interno del paragrafo sull’Istruzione si citano solo le lauree abilitanti e l’alta formazione.

 Il Governo e il ministero dell’Economia e delle Finanze non sembrano avere le idee chiare su come incentivare la formazione dei suoi cittadini. Dapprima, nel Nota di aggiornamento del Def 2021, si sostiene che “le risorse di bilancio verranno crescentemente indirizzate verso gli investimenti e le spese per ricerca, innovazione e istruzione”. Poi, nello stesso documento, si sostiene che “la spesa per LTC”, per l’assistenza degli anziani, “invece, segna un incremento limitato, di 0,2 punti percentuali di PIL, compensato da una analoga riduzione della spesa per istruzione”. È un esempio di come si continui a considerare la scuola e l’istruzione delle nuove generazioni una spesa sempre eliminabile.

Molto stringata, sempre all’interno della Nota di aggiornamento del Documento di Economia a Finanza è la sezione che riguarda il pacchetto di riforme dell’istruzione: si spiega che, in particolare, riguarderà “sia le modalità di reclutamento dei docenti sia il sistema degli istituti tecnici e professionali e dell’università, con particolare attenzione alle classi di laurea e ai corsi di dottorato”. Ci si ferma qui. Nessun riferimento ai tanti problemi emersi nel corso della pandemia: boom di precariato, classi pollaio confermate, spazi scolastici troppo esigui, organici inadeguati, competenze degli alunni sempre meno adeguate. Un altro “treno” sta passando, quello del Pnrr, ma da come si stanno prospettando gli scenari nulla cambia sull’impostazione generale verso il potenziamento dell’istruzione nazionale.

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