Lo testimonia una ricerca condotta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, un’adeguata gestione della salute delle donne potrebbe contribuire con 12 trilioni di dollari al Pil globale nel 2040.
Ogni dollaro speso in interventi per la salute riproduttiva, materna, neonatale e infantile, può generare 20 dollari in benefici economici”. Lo si legge in una nota diffusa da Organon.
“La necessità di accelerare gli interventi per la tutela della salute delle donne- prosegue Organon- nasce anche dai danni lasciati sul terreno dalla pandemia e dai ritardi accumulati in conseguenza del Covid-19. Oltre all’impatto diretto sull’occupazione femminile (secondo i dati Istat, in Italia su 101.000 occupati in meno, 99.000 sono donne), la ridotta capacità operativa delle strutture deputate (Consultori, Unità ginecologiche pubbliche) ha determinato una drastica contrazione dei servizi di tutela e cura della salute della donna: -54% di esami ginecologici, -34% nuovi trattamenti, circa 130.000 cicli contraccettivi in meno e un incremento medio di 45 giorni di attesa per una visita ginecologica. Rispondere ai bisogni e alle necessità che impattano sulla vita quotidiana delle donne significa incidere positivamente anche sulle famiglie, dal momento che – secondo alcune stime – le donne guidano nell’80% dei casi le decisioni sulla salute familiare. Ma in Italia sono tanti gli ostacoli – di natura culturale e organizzativa – che rallentano la promozione della salute delle donne e la piena valorizzazione del contributo femminile alla società”.
“La carenza di informazioni sulle possibili scelte contraccettive e la quasi totale assenza di programmi educazionali sull’argomento- continua il comunicato- limita l’accesso alla contraccezione, circoscritto ad appena il 16% delle donne in età fertile, relegando l’Italia al 26° posto in Europa per accesso ed informazione alla contraccezione (Atlante europeo della contraccezione, European Parliamentary Forum 2021). Lo scarso ricorso ai metodi contraccettivi è l’altra faccia del percorso ad ostacoli verso un’adeguata pianificazione familiare, che penalizza le donne nelle loro scelte di vita: l’emergenza Covid ha peggiorato lo scenario della natalità in Italia, dove gli ultimi dati Istat mostrano, per il 2021, un calo del 3,8% delle nascite rispetto al 2020, nuovo minimo storico di nascite dall’Unità d’Italia. Un calo determinato non solo dalla pandemia, che ha provocato il completo lockdown dei Centri di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) per oltre 5 mesi con un impatto di -1500 nuovi nati con queste tecniche, ma anche dal ricorso tardivo delle coppie a tali Centri a causa dei crescenti problemi di fertilità; che in Italia oggi interessano circa il 20% delle coppie (1 su 5), rispetto al 10% di circa 20 anni fa. Sebbene in aumento negli ultimi anni, un terzo dei trattamenti di PMA è eseguito in coppie in cui la donna ha più di 40 anni, con ricadute negative sul tasso di natalità. Riguardo all’accesso alla PMA, esistono forti disomogeneità a livello regionale, con una diversa distribuzione dei Centri pubblici e privati convenzionati dal Nord al Sud, lunghe liste di attesa, ostacoli burocratici e la mancata definizione di un tariffario nomenclatore all’interno dei LEA per queste prestazioni. Ma I ritardi culturali pesano anche nell’adeguamento dei comportamenti di prevenzione in considerazione dell’aumento dell’aspettativa di vita che per le donne è di 84-85 anni: una donna trascorre in menopausa circa 30 anni, ma solo il 7% delle italiane ricorre alla terapia ormonale sostitutiva per trattare i sintomi della menopausa, in particolare quelli di tipo neurovegetativo (come vampate, disturbi del sonno, sudorazione notturna, ecc) e prevenire le complicanze cardiovascolari sul lungo periodo, oltre che beneficiare di una migliore qualità di vita”.
“Dalla salute delle donne a quella delle loro famiglie e delle comunità, le grandi sfide sono quelle della cronicità e della sostenibilità- precisa Organon- in Italia sono 24 milioni i pazienti con malattie croniche non trasmissibili, tra cui tumori, patologie cardiovascolari e osteoarticolari, che assorbono circa l’80% del Fondo Sanitario Nazionale. Le malattie croniche non trasmissibili sono responsabili del 93,3% dei decessi e del 90,2% dei DALY (Disability-adjusted life year: valore che esprime il numero di anni persi a causa della malattia). L’emergenza di Covid-19, impattando fortemente sull’organizzazione del Sistema Sanitario Nazionale, ha minato la continuità terapeutica nella gestione territoriale delle malattie croniche. Al tema della cronicità si associa quello della sostenibilità e della gestione dei tumori per garantire elevata qualità delle cure a tutti i pazienti che ne hanno bisogno e ridurre gli oneri finanziari a carico della sanità pubblica”.
“Anche su questi due fronti Organon si candida a lavorare in partnership con le Istituzioni, grazie a un portfolio che abbraccia un concetto ampio di salute e che ai farmaci per la salute femminile affianca soluzioni terapeutiche sostenibili e di consolidata efficacia nella gestione delle patologie croniche a più alto impatto sociale – ipertensione, ipercolesterolemia, osteoporosi, osteoartrosi, asma, emicrania e dermatiti – e prodotti biosimilari in ambito oncologico per garantire l’accesso alle cure e alle terapie salvavita a tutti i pazienti che ne hanno bisogno. Organon Italia promuove attivamente la parità di genere con una forte presenza ‘al femminile’ al suo interno, sia a livello globale che in Italia. Nel nostro Paese, Organon è presente con oltre 250 dipendenti dei quali quasi la metà sono donne. Inoltre- conclude la nota- il Team di Leadership è composto al 70% da donne e il Consiglio d’Amministrazione è al femminile per il 50% della sua composizione, un risultato importante se si considera che la media italiana è del 33%