“La modalità con cui è stato effettuato l’isolamento virale è veramente ridicola”, denuncia il dott. Fabio Franchi. “Cercherò di spiegarlo in maniera molto semplificata, giusto per dare un’idea di quello che hanno fatto. Nei primi casi di una malattia grave in Cina, una malattia polmonare, hanno cercato di isolare un ipotetico nuovo virus. Hanno quindi prelevato dai polmoni il liquido di lavaggio broncoalveolare, lo hanno esaminato, estratto il materiale genetico, separato le molecole di RNA e successivamente le hanno frammentate in piccoli pezzi.
Dopo aver spezzettato queste molecole, hanno ottenuto 56 milioni di letture. Tutto questo, naturalmente, è stato fatto tramite processi computerizzati, in quanto non è possibile effettuarlo tramite ricerca diretta umana; quindi, è un lavoro legato all’informatica e ai software implementati. Di queste letture, ne hanno eliminate circa la metà, rimanendo con 23 milioni che non erano attribuibili al genoma umano, quindi considerate estranee. Con questi 23 milioni di frammenti, tramite altri software, hanno provato a metterli insieme come una sorta di puzzle.
Un programma ha trovato un milione e 300 mila sequenze di varia lunghezza, e con un altro programma (uno si chiama Megahit e l’altro Trinity, se ricordo bene) hanno ottenuto circa 380.000 sequenze. Tra queste, hanno scelto quella che andava bene per loro, una di 30.000 nucleotidi, perché somigliava a una sequenza di un coronavirus registrato nel 2003, appartenente al cosiddetto SARS o MERS.
Hanno quindi stabilito, in modo arbitrario, che fosse lungo 29.900 e rotti nucleotidi. Non sono partiti dal genoma virale e non l’hanno isolato in modo diretto; hanno invece spezzettato tutto e ricomposto finché non hanno trovato qualcosa che assomigliasse a ciò che cercavano. Una volta stabilito che quello era il genoma, lo hanno diffuso al mondo intero, e su quella base sono state fatte ulteriori ricerche. Per esempio, in Italia è stato isolato il primo virus italiano”.
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