La necessità di un grande reset nel capitalismo: “Annullare, distruggere, deindustrializzare alcune aree per poi ripartire con un progetto green ad alta intensità di capitale, posto in essere da pochi grandi produttori, detti oligopolisti, per far ripartire quel processo di accumulo di capitale che stava rallentando”, Armando Savini

L’economista Armando Savini ha ben illustrato il grande reset in chiave capitalistica. Il capitalismo ha bisogno di un reset nei periodi di crisi per “annullare, distruggere, deindustrializzare alcune aree per poi ripartire con un progetto green ad alta intensità di capitale, posto in essere da pochi grandi produttori, detti oligopolisti, per far ripartire quel processo di accumulo di capitale che stava rallentando.”

Questa strategia radicale mira a trasformare l’economia globale attraverso diverse fasi. La prima fase consiste nell’annullamento e nella distruzione di aree specifiche. Deindustrializzare queste aree significa eliminare le strutture economiche che, secondo i grandi player economici, non sono più produttive. Da qui l’attacco alla piccola e media impresa a favore delle multinazionali e dell’agricoltura. L’attacco è anche mediatico: queste entità vengono accusate di essere obsolete, problematiche, inquinanti e di contribuire alla stagnazione economica.

La fase successiva prevede il rilancio delle economie con progetti green ad alta intensità di capitale. Questi progetti sarebbero guidati da un ristretto numero di grandi produttori, definiti oligopolisti, che possiedono le risorse e la capacità necessarie per investire massicciamente in tecnologie “sostenibili”. L’obiettivo dichiarato è quello di concentrare gli sforzi e le risorse per massimizzare l’efficienza e l’impatto delle iniziative verdi, facilitando una transizione rapida e strutturata verso un’economia sostenibile. La realtà è che si cercano sempre nuove forme per concentrare la ricchezza in sempre meno mani.

Savini spiega che per i grandi player internazionali il rallentamento dell’accumulo di capitale è una delle sfide principali che il capitalismo deve affrontare oggi. La visione dei grandi player economici del mondo è che solo attraverso un intervento coordinato e massiccio si possa invertire questa tendenza e rilanciare il processo di accumulazione. Gli oligopolisti sono visti come gli attori chiave in questo processo, poiché la loro capacità di concentrare risorse e dirigere investimenti è considerata essenziale (per loro) per una transizione efficace verso un modello economico più verde e sostenibile.

Da una parte c’è “una volontà forte di fare profitto, del resto il turbo capitalismo vive sul concetto e sul principio dell’accumulazione infinita di capitale. Ora, l’efficienza marginale del capitale, ci insegnava Keynes, è un problema perché i rendimenti dei profitti sono meno che proporzionali, cioè significa che al crescere degli investimenti il tasso di profitto cresce in maniera meno che proporzionale e di qui la necessità di fare un grande reset, cioè di annullare, distruggere, deindustrializzare alcune aree per poi ripartire con un progetto green ad alta intensità di capitale, posto in essere da pochi grandi produttori, detti oligopolisti, e quindi far ripartire quel processo di accumulo di capitale che stava rallentando.

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