“In questi tre anni è prevalsa l’ipocrisia e la menzogna, l’ipnosi di massa è stata generata da attori, medici, politici, giornalisti, che hanno recitato il pensiero unico inaccessibile al pensiero critico”, dott. Giuseppe Barbaro

“In questi tre anni è prevalsa l’ipocrisia. Nell’antica Grecia, l’ipocrita era l’attore, e la menzogna, l’ipnosi di massa è stata generata da attori, medici, politici e giornalisti, che hanno recitato il pensiero unico inaccessibile al pensiero critico”, denuncia il dottor Giuseppe Barbaro, specialista in medicina interna e cardiologia. È specializzato nello studio delle complicanze cardiovascolari associate a malattie virali, come l’HIV, e anche nelle complicanze che sorgono dalle terapie antiretrovirali. Autore di più di 200 pubblicazioni scientifiche e di 4 libri sulle complicanze cardiovascolari, soprattutto riguardo all’HIV.

“Abbiamo vissuto all’interno di una commedia pirandelliana, dove la maschera era il dogma e l’attore era il servo che la doveva indossare. In questo contesto storico, in cui viene premiata la maschera del servitore indossata da servi che impongono a loro volta la maschera, era opportuno premiare i volti che, negli specifici settori professionali, hanno rifiutato la maschera che veniva loro imposta, secondo il concetto di Pirandello, di distinguere la maschera dal volto.

La concezione pirandelliana deriva dal decadentismo, un movimento che, alla fine dell’Ottocento, segna la crisi del positivismo e della spiegazione scientifica della realtà. Una visione che ha forti ripercussioni sull’attualità contemporanea, in cui assistiamo al predominio dell’immagine nel mondo social.

Oggi viviamo assediati dalle immagini, in una smaterializzazione progressiva dei corpi e dell’identità. In questo presente digitale, in cui mostrare, ma soprattutto mostrarsi, è diventato il nuovo modo di raccontarsi, la visione pirandelliana della maschera si concretizza in una tragica realtà che si fa ogni giorno sempre più tangibile. Come ci ricorda Figgini, la celebre frase di Pirandello, citata nel romanzo ‘Uno, nessuno e centomila’, risuona come una profezia: ‘Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti’.

Il significato della citazione è noto. Pirandello, nell’analisi di Figgini, ci ricorda di guardarci sempre dall’apparenza delle persone. Fuori di metafora, si critica una società che alla sostanza preferisce l’apparenza fatta di perbenismo, ipocrisia e vacuità. Rendendo manifesta l’antitesi fra maschera e volto, Pirandello ci invita a cercare l’autenticità, che è sempre più rara in quella parte d’anima messa a nudo delle persone vere che incontriamo lungo il nostro cammino. Vivere nel mondo significa dunque assumere diverse maschere, come se si recitasse, come attori, su un grande palcoscenico.

È ciò che Pirandello definisce poeticamente la recita del mondo. L’identità individuale è un magma informe e sfuggente che la società cerca di governare imponendogli una forma prestabilita, ovvero la maschera, ma senza il volto. E quando si rimane soli, si è nessuno”.

Da queste considerazioni nasce il premio De Donno, dedicato ai volti dei veri servitori che hanno rifiutato la maschera del falso servitore imposta dai servi del sistema, esprimendo il pensiero critico in funzione della verità di cui sono diventati apostoli, nel significato etimologico della parola apostolo, inviato a trasmettere la verità come espressione di libertà del pensiero critico.

Giuseppe De Donno, rifiutando la maschera del servitore, ha mostrato il volto di medico umano e di ricercatore onesto e critico fino all’estremo sacrificio, per trasmettere la verità in funzione dei valori scientifici, dimostratisi corretti, ed etici, basati sui principi ippocratici che sono il corpo costituente della deontologia medica”.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore.

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